La condanna delle chiese per la strage di Bondi Beach
(ve/nev/wcc) I leader delle chiese cristiane australiane hanno espresso solidarietà alla comunità ebraica subito dopo l’attacco terroristico a Bondi Beach (Sydney) del 14 dicembre, primo giorno di Hanukkà, la tradizionale “festa delle luci”. In quello che è stato un attentato di matrice antisemita, perpetrato da due attentatori islamisti, padre e figlio, sono rimaste uccise 15 persone.
Dei due attentatori uno è morto nella sparatoria. Il bilancio della strage avrebbe potuto essere molto più grave se non fosse stato per Ahmed Al Ahmed, musulmano di origini siriane, che ha bloccato uno dei due terroristi togliendogli l’arma.
L’arcivescovo anglicano di Sydney, Kanishka Raffel, ha dichiarato di essere “sconvolto e amareggiato” per il “terribile” attacco. In una dichiarazione ha condannato ogni forma di antisemitismo e di violenza: “Preghiamo per coloro che piangono la tragica perdita dei loro cari, per chi è stato ferito o traumatizzato, per la polizia e gli operatori sanitari, e per il nostro governo e le forze di sicurezza mentre rispondono a questa situazione. Preghiamo per la pace, la sicurezza e la guarigione della comunità a Bondi e più in generale per tutta Sydney”. Ha anche espresso gratitudine per Al Ahmed, elogiato come eroe.
Anche il Consiglio ecumenico delle chiese (CEC) ha diramato una nota, in cui ha condannato l’attacco terroristico, esprimendo solidarietà alla comunità ebraica in Australia. “È particolarmente angosciante e inaccettabile che questo episodio sia avvenuto proprio all’inizio di Hanukkà, una festa che simboleggia luce, fede e la resilienza di una comunità di fronte alle avversità - ha detto il segretario generale Jerry Pillay -. Il fatto che l’attacco sia avvenuto in un momento in cui la gente si era radunata per onorare una tradizione profondamente radicata nella speranza e nella resistenza spirituale rende questo atto ancora più grave.”
Pillay ha osservato che l’attacco rientra nel quadro inquietante di un aumento globale di atti antisemiti, in un clima di odio violento che mette in pericolo la sicurezza di comunità che vivono pacificamente da decenni in società multiculturali. L’invito è quello di lavorare insieme, a prescindere dall’appartenenza religiosa, “per rendere il mondo un luogo sicuro per tutte le persone piene di amore, armonia e pace”.