Israele-Palestina, quando la guerra uccide il dialogo

Una testimonianza da Tel Aviv

10 ottobre 2023  |  Luisa Nitti

Manuela Dviri a una delle manifestazioni contro la riforma giudiziaria del governo israeliano, Tel Aviv (foto archivio)

“Quando un razzo cade lo senti. Capisci se è vicino, se è lontano… noi siamo stati svegliati il 7 ottobre alle 6,30 del mattino, quando tutto è cominciato”: il racconto è di Manuela Dviri, scrittrice e blogger italiana naturalizzata israeliana, che vive a Tel Aviv. “Abbiamo subito capito che la situazione sarebbe diventata pericolosa”, aggiunge.
Mentre l’escalation del conflitto era ormai ineluttabile, Manuela Dviri ha iniziato a sentire al telefono amici, parenti, figli e nipoti, per assicurarsi che stessero bene. “Lentamente le notizie sono arrivate. Ed erano sempre più allarmanti: al confine con Gaza stavano già succedendo cose spaventose”.
La scrittrice collabora da tempo con l’associazione Saving Children: una organizzazione che accompagna bambini di Gaza malati a curarsi in ospedali israeliani, dove possono ricevere cure adeguate. Cosa ne sarà di progetti di solidarietà come questo, di fronte alla guerra che è divampata? “Temo che ci sarà ben poco da fare - dice sconsolata Manuela Dviri -, ma per adesso non riesco neppure a pensare a questo progetto. Stiamo vivendo ora per ora, giorno per giorno e non riusciamo a pensare a quello che sarà domani”. Il conflitto non solo genera lutti, ma soffoca il dialogo.
La quotidianità a Tel Aviv è spezzata dalla guerra. Civili innocenti muoiono, stanno morendo da giorni, da entrambe le parti. La guerra rompe le catene di solidarietà che la società civile tenta faticosamente di costruire in quei territori difficili.
“Ho riconosciuto sui social foto di persone che sono morte - aggiunge Dviri -. Si comincia adesso a capire l’orrore che i terroristi hanno scatenato. So di due bambini che si sono salvati soltanto per essersi chiusi per ore in un armadio. Quando sono usciti hanno trovato in cucina i genitori e la sorellina morti. Sembrano racconti della Shoà. Un’efferatezza inaccettabile”.

Manuela Dviri aggiunge però che, “con il male assoluto, stiamo conoscendo anche il bene assoluto: nel Paese stanno nascendo gruppi di volontari che aiutano le persone fuggite dalle aree di conflitto, che ora hanno bisogno di tutto. Esiste anche il bene, oltre al male. Ma quello che è successo, la violenza efferata, non può essere accettato”.

L’intervista integrale con Manuela Dviri, insieme ad altri approfondimenti sulla crisi in Medio Oriente, può essere ascoltata domenica prossima alle ore 8,30 nell’ambito della rubrica radiofonica “Chiese in Diretta”, RSI ReteUno.

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