"Alle Nazioni Unite non ha detto il vero sui cristiani palestinesi"
(Riforma.it) “Il 26 settembre 2025, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu si è rivolto all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York. Netanyahu ha difeso la guerra genocida di Israele a Gaza e le politiche del suo governo estremista. Il primo ministro israeliano ha evocato molte mezze verità e menzogne sfacciate, ha fatto ricorso all’islamofobia e ha confuso deliberatamente l’antisemitismo con la legittima critica al sionismo e a Israele. Qui vorremmo però ritornare a una falsità che riguarda in particolare i cristiani in Palestina”. Apre così una dichiarazione firmata da vari leader di chiese cristiane in Medio Oriente, fra i quali il Patriarca latino emerito di Gerusalemme Michel Sabbah, l’arcivescovo greco ortodosso Attallah Hanna e il vescovo luterano emerito di Terra Santa Munib Younan.
Il testo prosegue nell’analisi del discorso del premier israeliano alle Nazioni Unite: “Netanyahu ha affermato: ‘I cristiani non se la cavano molto meglio. Quando Betlemme, il luogo di nascita di Gesù, era sotto il controllo israeliano, l’80% dei suoi residenti era cristiano. Ma da quando l’ANP (Autorità Nazionale Palestinese) ha preso il controllo, tale numero è sceso a meno del 20%’. Il signor Netanyahu non parla a nome dei cristiani palestinesi e non gli si può permettere di distorcere la verità. Betlemme è stata una città a maggioranza cristiana fino al 1948: allora più dell’80% della popolazione era cristiana. Con l’espulsione durante la Nakba del 1948 di circa 750.000 palestinesi dalla loro patria nella Palestina storica, tre campi profughi furono stabiliti a Betlemme, cambiando così la composizione demografica della città. Quando Israele ha occupato la Cisgiordania nel 1967, Betlemme aveva una popolazione composta da una maggioranza di musulmani”, precisano i firmatari della dichiarazione.
La dichiarazione così prosegue: “Decenni di occupazione israeliana, causando dure condizioni di vita, hanno provocato l’emigrazione di molti cristiani e musulmani, e questa realtà continua ancora oggi. Betlemme, una città dipendente dal turismo, in particolare negli ultimi due anni della guerra di Israele a Gaza, con lo stop quasi completo del turismo e dei pellegrinaggi, ha sofferto. Centinaia di persone hanno lasciato Betlemme negli ultimi mesi a causa delle continue devastazioni dell’occupazione israeliana e della violenza militare. La ragione per cui i cristiani e molti altri stanno lasciando Betlemme è l’occupazione israeliana e le sue politiche di chiusure, permessi, diritti di residenza esclusivi, ecc., e non le politiche dell’Autorità palestinese”.
La dichiarazione si conclude con queste parole: “Ancora una volta: cristiani e musulmani a Betlemme e in tutta la Palestina continuano a vivere insieme come un unico popolo, condividendo le stesse lotte sotto l’occupazione. Rimane immutata la verità per cui i palestinesi, cristiani e musulmani allo stesso modo, cercano uguaglianza, giustizia e pace nella loro patria”.