Serie estiva. Vizi capitali. Felice pigrizia

La pigrizia è assenza di desiderio o segno di un cosciente mollare la presa?

17 agosto 2021  |  Alain Houziaux

(foto Yogendra Singh, unsplash)

Quando si evoca la pigrizia, si pensa prima di tutto alla pigrizia fisica, sia essa una sensuale indolenza oppure una mancanza di voglia di lavorare e faticare. La pigrizia è allora il contrario dello sforzo e dell’impegno. Così come la gola è il piacere di mangiare senza averne bisogno, allo stesso modo la pigrizia è il piacere di riposarsi senza averne necessità. È un “piacere per il piacere”, ed è senza dubbio per questo che essa è condannata, allo stesso modo in cui lo sono la gola e la lussuria.

Forme di pigrizia

Accanto a questa pigrizia in senso fisico, tuttavia, c’è anche una pigrizia psichica: mancanza di volontà, di coraggio, di energia; rifiuto di andare verso l’ignoto. Così la parabola dei talenti (Matteo 25) distingue tra i primi due servitori da una parte, i quali si impegnano e investono i loro talenti nel commercio e negli affari, e il terzo servitore dall’altra, definito “fannullone” dal suo padrone perché non si vuol prendere alcun rischio. La pigrizia è allora il contrario dell’audacia.
Infine la pigrizia può essere anche intellettuale e mentale: mancanza di opinioni, di convinzioni; menefreghismo; reticenza nel difendere le proprie idee. L’esempio di questa pigrizia potrebbe essere l’apostolo Pietro, che è certamente di buona volontà, dal momento che assicura a Gesù che non lo tradirà mai (Matteo 26,32), ma che invece, alla prima occasione, lo rinnega. La pigrizia è allora il contrario della tenacia.

Pigrizia e depressione

La pigrizia è una forma benigna di depressione? In alcuni casi potrebbe esserlo. Un tempo si elencavano otto peccati capitali, e la pigrizia non ne faceva parte. Invece della pigrizia, nel IV secolo della nostra era, si includevano la tristezza e anche l’acedia (accidia), che oggi si indicherebbe come malinconia o depressione. Diversi secoli dopo, la tristezza e l’accidia furono eliminate dall’elenco e sostituite dalla pigrizia. La pigrizia, dunque, è stata considerata come l’erede dell’accidia.
Per il monaco del medioevo il “demone meridiano” - che ha successivamente laicizzato le proprie attività -, era prima di tutto il demone dell’accidia (cioè della malinconia e della depressione); esso colpiva il monaco a metà della giornata, quando il sole è più fiaccante, e corrompeva la sua volontà di lavorare manualmente e di pregare. Tommaso d’Aquino scrive: “L’accidia è una tristezza che stordisce e che produce nello spirito dell’uomo una depressione tale che questi non ha più voglia di fare alcunché.

La pigrizia è più una malattia dell’anima, del desiderio e della libido che un’indolenza del corpo.

 — Alain Houziaux

Pigrizia e malinconia

Freud paragona la malinconia al lutto. Il malinconico ha il sentimento di aver “perduto” l’amore e il gusto per la vita. Egli opera una chiusura e una regressione in se stesso, e prova sofferenza ma anche, al tempo stesso, un godimento per questa chiusura solitaria che egli vive come una sorta di rifugio. Nella malinconia c’è infatti, come dice Gustave Flaubert, una “felicità di essere tristi”. La pigrizia del malinconico conserva in sé qualche cosa del compiacimento.
Persino nella “vanità delle vanità” dell’Ecclesiaste (il libro biblico indicato spesso anche col nome di Qoèlet, ndr.) resta, paradossalmente, qualche cosa del piacere. “Vanità delle vanità”, certo, ma “sotto il sole”; l’Ecclesiaste lo ricorda diciassette volte. La pigrizia malinconica nasce dal sentimento della vanità di tutto, compresa la ricerca della felicità e del piacere; tuttavia essa resta ancora, a conti fatti, una sorta di felicità.

Una virtù spirituale?

La pigrizia, qualunque sia la sua forma, ha un carattere sovversivo. Il pigro oppone un’inerzia opaca e indifferente a tutti i discorsi che richiamano al lavoro, all’azione, all’ambizione. Questa è senza dubbio la ragione per cui diversi autori, tra cui Paul Lafargue, hanno fatto della pigrizia un’arma assoluta tanto contro il capitalismo quanto contro il socialismo. Anche se la pigrizia è stata considerata come un peccato capitale, non si deve dimenticare che tutta una corrente spirituale, quella del quietismo e, in modo più generale, della mistica, ha considerato la passività e la “quiete” come le forme più pure della fiducia in Dio e della disponibilità alla sua grazia.

Nel complesso, la Bibbia è una buona novella per i pigri.

 — Alain Houziaux

Nella Bibbia, il giorno del riposo figura come una prescrizione fondamentale. Il lavoro è presentato come una maledizione, non come un dovere. I pastori, la cui attività è meno dura di quella degli agricoltori, sono presentati come modello, poiché fanno affidamento sulla grazia e sulla provvidenza di Dio, non sulle proprie opere e sul proprio lavoro.
Gesù stesso, nelle sue parabole, non condanna per nulla l’inattività: le dieci vergini (Matteo 25,1ss.) possono attendere lo Sposo dormendo, e questo sonno è in realtà il segno del tutto positivo della loro fiducia; i gigli dei campi (Matteo 6,28) che non lavorano né filano sono presentati come esempio da seguire, proprio come la serena Maria che, seduta tranquillamente ai piedi di Gesù, ascolta la sua parola, mentre Marta, la laboriosa, è tutta presa dai molti servizi (Lc 10,38-42); allo stesso modo, inoltre, il Regno si presenta come un seme che cresce da sé, senza che si sappia come, “dorma o vegli [il coltivatore], di notte o di giorno” (Marco 4,27-28).

Tra ozio e oziosità

Il medioevo cristiano distingue l’otium, che si potrebbe tradurre come “libertà dalle incombenze” e l’otiositas, l’oziosità. L’otium è la pigrizia buona e l’otiositas la cattiva. L’otium è il “mollare la presa”, il distacco dagli affari del mondo per raggiungere meglio l’intimità amorosa con Dio; è quel riposare in Dio che permette all’uomo di passare quasi direttamente da questa vita al riposo eterno in Dio.
Quaggiù in terra l’otium consiste nel vivere - anche nello svolgersi di un’attività ininterrotta - la pace interiore che permette la contemplazione continua di Dio. Il monaco deve leggere, cantare, pregare, copiare manoscritti e fare giardinaggio, ma, in tutto ciò, egli resta in riposo, un po’ come una porta che si muove sotto le diverse sollecitazioni che riceve, ma che resta fissa sui suoi cardini (la metafora è di Meister Eckhart).

Il riposo in Dio, la santa pigrizia, dovrebbe essere la colonna vertebrale dell’azione nel mondo.

 — Alain Houziaux

Per concludere riguardo a questi diversi aspetti della pigrizia, citiamo il giudizio molto ricco di sfumature e molto completo che François de La Rochefoucauld dà della pigrizia stessa: “Di tutte le passioni, la più sconosciuta a noi stessi è la pigrizia; essa è la più ardente e la più maligna di tutte, sebbene la sua violenza sia impercettibile e i danni che essa causa siano molto nascosti. Se consideriamo con attenzione il suo potere, vedremo che essa si rende a ogni occasione padrona dei nostri sentimenti, dei nostri interessi e dei nostri piaceri. [...] Il potere della pigrizia consiste nell’esercitare sull’anima un fascino segreto che porta a sospendere repentinamente le più ardenti ricerche e le più ostinate risoluzioni; per dare infine l’idea più veritiera di questa passione, si deve dire che la pigrizia è come la beatitudine dell’anima, poiché - proprio come la beatitudine dell’anima - essa consola l’anima stessa di tutte le sue perdite e tiene per essa luogo di tutti i beni”.
La pigrizia ci fa perdere tutti i vantaggi che potremmo trarre da un’attività fisica o intellettuale, o anche da un impegno affettivo, ma d’altra parte ci consola, con la sua dolcezza, di tutte le perdite che ha provocato. Essa è nostalgia del Paradiso terrestre e anticipazione di quello celeste. (da Réforme; trad. it. Ezio Gamba; adat. P. Tognina) - Ultima puntata della serie.

Suggerimento di lettura:

Paul Lafargue, Il diritto alla pigrizia, Asterios 2013

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