Approvata una “risoluzione urgente”
“Vi chiediamo di impegnarvi per la liberazione di tutti gli ostaggi israeliani e dei prigionieri palestinesi detenuti illegalmente (Art. 34 della IV Convenzione di Ginevra); vi chiediamo di impegnarvi per un cessate il fuoco duraturo e per la protezione della popolazione civile in Israele, Gaza e in Cisgiordania (Art. 1 della Convenzione di Ginevra); vi chiediamo di impegnarvi per l’accesso umanitario delle organizzazioni di soccorso e per il finanziamento dell’agenzia di aiuti dell’ONU (Art. 23 della IV Convenzione di Ginevra) - l’aiuto umanitario deve poter essere fornito in conformità con il diritto internazionale umanitario e i principi di neutralità, imparzialità e indipendenza; vi chiediamo di impegnarvi per una soluzione politica basata sul diritto internazionale”: sono soltanto le prime quattro richieste che il Sinodo della Chiesa evangelica riformata in Svizzera (CERiS), riunito a San Gallo in questi giorni, ha fatto pervenire al Consiglio federale.
La “risoluzione urgente”, avanzata dalle chiese di Berna-Giura-Soletta (BEJUSO) congiuntamente a quelle cantonali della Svizzera nord-occidentale, è stata votata a stragrande maggioranza dal massimo organo legislativo della CERiS. Si tratta della prima presa di posizione di questo genere dal 7 ottobre 2023, cioè dalla strage di israeliani da parte di Hamas e dalla presa di ostaggi, che il Sinodo non manca di condannare fermamente nella sua risoluzione.
“Il nostro Sinodo si riunisce due volte l’anno, la volta scorsa era novembre del 2024. Ancora non potevamo immaginare una tale degenerazione della situazione nella Striscia di Gaza, dove oggi le persone muoiono di fame e di sete”, dice il sinodale Ueli Burkhalter (BEJUSO), tra i proponenti della risoluzione, alla domanda se le loro richieste al governo non stiano arrivando in ritardo. E aggiunge: “La drammaticità di quanto sta accadendo in ogni caso non permette più di stare in silenzio”. Per Burkhalter - che rigetta ogni critica di antisemitismo per la decisione del Sinodo nazionale - va ripristinata la piena osservanza ed applicazione del diritto internazionale ed umanitario da parte della Confederazione, che oltretutto è depositaria delle Convezioni di Ginevra.
Pertanto, nella “risoluzione sulla guerra in Israele e Palestina”, il Consiglio federale viene anche richiamato ai suoi obblighi: “Vi chiediamo di impegnarvi per una politica di diritto internazionale preventiva: secondo l’Art. 1 delle Convenzioni di Ginevra, la Svizzera deve fare tutto il possibile per prevenire le violazioni del diritto internazionale. Vi chiediamo pertanto di riesaminare l’intera politica svizzera in Medio Oriente alla luce della coerenza con i diritti umani e il diritto internazionale”.
La risoluzione è preceduta da un testo introduttivo in cui si fa implicitamente riferimento ai 77 anni dalla “Nakba”, quando circa 700mila persone – la maggioranza dell'allora popolazione di Palestina – furono espulsi dalle loro case durante la guerra arabo-israeliana del 1948 cui seguì la fondazione di Israele.
“In un tempo in cui da 77 anni gli attori e le organizzazioni internazionali non riescono a risolvere un conflitto multilivello tra israeliani e arabi, in cui il diritto all’esistenza di Israele non è ancora generalmente riconosciuto e una soluzione a due Stati per Israele e Palestina non è ancora stata realizzata, in cui né agli israeliani né ai palestinesi sono garantiti sicurezza e prospettive future...”, ecco, in questo tempo il Sinodo della CERiS chiama il governo elvetico a cambiare rotta rispetto alle politiche fin qui messe in campo.
Forte preoccupazione viene espressa anche per le ripercussioni sulla coesione sociale in Svizzera della guerra in Israele e Palestina, in particolare il Sinodo chiama al rispetto della libertà religiosa e di movimento di ebrei e musulmani.
Alla domanda se una presa di posizione in questo particolare momento storico, in cui imperversa da pochi giorni una feroce escalation tra Israele e Iran, non dovesse contenere anche un riferimento a questi ultimi accadimenti, Ueli Burkhalter, che è anche membro del Consiglio sinodale della Chiesa evangelica riformata di BEJUSO, a “Voce evangelica” ha risposto: “Si tratta di una scelta consapevole. Proprio perché questo nuovo fronte di guerra oscura le atrocità quotidiane dell’esercito israeliano nei confronti della popolazione civile della Striscia di Gaza, dobbiamo continuare ad insistere per una pace giusta in Israele e Palestina. Non distogliamo lo sguardo da Gaza”.