Venti di guerra soffiano sul Nagorno-Karabakh

Bloccato il collegamento con l'Armenia. L’appello delle chiese all'UE

20 dicembre 2022  |  Gaëlle Courtens

Monastero armeno di Dadivank nell'enclave caucasica del Nagorno-Karabakh (XIII sec.) (foto: Meline Asryan)

La Conferenza delle Chiese europee (KEK) e il Consiglio ecumenico delle Chiese (CEC), in una lettera congiunta inviata il 19 dicembre al responsabile della politica estera dell'Unione europea (UE) Josep Borrell, hanno denunciato il blocco da parte dell'Azerbaigian della regione di etnia armena di Artsakh/Nagorno-Karabakh "come una violazione dell'accordo trilaterale che ha posto fine alla guerra di sei settimane del 2020, del diritto internazionale umanitario e dei diritti umani e dei più fondamentali principi morali".

“Ostacolando il corridoio umanitario di Lachin e tagliando temporaneamente le forniture di gas alla regione proprio all'inizio dell'inverno, l'Azerbaigian sta deliberatamente creando un'emergenza umanitaria per i 120.000 residenti di etnia armena", si legge nella lettera, firmata dal Segretario generale della KEK, il teologo luterano danese Jørgen Skov Sørensen, e dal Segretario generale ad interim del CEC, il teologo ortodosso rumeno Ioan Sauca

Gli azeri dal 12 dicembre scorso hanno bloccato la porzione di terra di circa nove chilometri di larghezza che rappresenta l’unico collegamento tra l’Armenia e il Nagorno-Karabakh apportando presunte “ragioni ambientali”. Ma chiudere il corridoio di Lachin significa isolare decine di migliaia di persone, impedendo la fornitura di cibo, medicine e generi di prima necessità.

"Questo segue un chiaro modello di comportamento da parte dell'Azerbaigian che contraddice qualsiasi pretesa di buona volontà e responsabilità umanitaria", si legge ancora nella lettera del CEC e della KEK, in cui inoltre vengono rilevate le crescenti prove di gravi violazioni dei diritti umani contro gli armeni da parte delle forze militari e di sicurezza dell'Azerbaigian.

"Le responsabilità per tali crimini e violazioni non sono state perseguite - si legge nella lettera, che così prosegue -: In queste circostanze, i timori armeni di un nuovo genocidio contro di loro non possono essere ignorati e il blocco dell'Artsakh/Nagorno-Karabakh è un contesto in cui tali timori sono notevolmente e comprensibilmente esacerbati".

Gli azeri negano e incolpano le “forze di pace” russe presenti nella regione caucasica dal 2020. Ma è chiaro che più a lungo l'area rimane tagliata fuori dai rifornimenti armeni, più alto è il rischio di una crisi umanitaria in una terra che è stata coinvolta in un conflitto irrisolto per decenni.

La lettera esorta l'UE a perseguire tutte le iniziative diplomatiche possibili per assicurare che l'Azerbaigian riapra il corridoio di Lachin e fornisca adeguate garanzie che rimarrà aperto. "Inoltre, vi chiediamo di fare tutto il possibile per garantire l'estensione del mandato dell'attuale missione di monitoraggio dell'UE al confine tra Armenia e Azerbaigian con inclusione anche del corridoio di Lachin, al fine di fornire un monitoraggio civile indipendente della situazione lungo il corridoio", conclude la lettera indirizzara a Borrell e firmata da Sørensen e Sauca.

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