Armenia. No ad un nuovo genocidio

Christian Solidarity International chiede alla Svizzera di agire

19 settembre 2022

Christian Solidarity International (CSI) ha indirizzato una lettera al presidente della Confederazione Ignazio Cassis invitando la Svizzera a lanciare un’iniziativa internazionale e a chiedere la sospensione di ogni aiuto militare all’Azerbaigian fino al termine del conflitto in corso. CSI ha altresì chiamato le chiese a mostrare solidarietà con i cristiani armeni e ad aderire all'appello.

Il 13 settembre 2022 l’esercito dell’Azerbaigian ha attaccato la Repubblica di Armenia: i soldati azeri sono penetrati in profondità nel territorio armeno bombardando città e villaggi. Oltre 100 soldati armeni sono già stati uccisi ma il numero effettivo di morti, tra soldati e civili, è probabilmente molto più alto. In una lettera al Presidente della Confederazione Svizzera Ignazio Cassis, la CSI invita la Svizzera a fare tutto il possibile per condannare l’attacco dell’Azerbaigian e dei suoi Stati alleati e ad adoperarsi per una soluzione negoziata, anche sulla questione del Nagorno-Karabakh.

Verso un altro genocidio?

L’attacco dell’Azerbaigian è l’ulteriore fase di un processo di genocidio contro gli armeni iniziato alla fine del XIX secolo, quando l’Impero Ottomano massacrò centinaia di migliaia di cristiani armeni. Questo genocidio raggiunse il suo apice tra il 1915 e il 1923, quando gli Ottomani liquidarono la popolazione cristiana dell’Anatolia e sostennero i massacri anti-armeni nel Caucaso. Dal 1988 al 1994, l’Azerbaigian ha effettuato un’ulteriore pulizia etnica dei cristiani armeni. La più recente ondata di genocidio si è verificata nel 2020 con l’attacco dell’Azerbaigian al territorio armeno del Nagorno-Karabakh. In questa guerra di aggressione durata 44 giorni, migliaia di persone sono state uccise e l’Azerbaigian ha effettuato una pulizia etnica della popolazione armena nei territori conquistati. Nella guerra di allora e nell’attacco attuale, il sostegno della Turchia è stato fondamentale per l’Azerbaigian. La violenza era stata interrotta solo con il dispiegamento di una forza di pace russa.

120’000 armeni accerchiati nel Nagorno-Karabakh

Grazie all’opera umanitaria che svolge da anni in Armenia e in Nagorno-Karabakh, CSI conosce bene la situazione nel Caucaso. Attualmente, 120’000 armeni vivono nell’enclave del Nagorno-Karabakh e sono circondati dall’esercito azero che negli ultimi mesi ha ripetutamente attaccato i villaggi della regione. Come il mondo ha potuto constatare dopo il massacro di Maragha del 1992, gli armeni non possono sentirsi al sicuro sotto il dominio azero. Se l’Azerbaigian conquisterà il Nagorno-Karabakh, vi sarà un’ulteriore pulizia etnica e religiosa in Armenia. Dopo l’attacco del 13 settembre il flusso di profughi armeni si sta spostando direttamente sul territorio della Repubblica di Armenia. Se i combattimenti dovessero intensificarsi essi potrebbero, nella peggiore delle ipotesi, portare allo sterminio definitivo degli armeni nella loro stessa patria.

La Svizzera agisca rapidamente

In una lettera al presidente federale Ignazio Cassis, nonché capo del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) CSI chiede alla Svizzera, in quanto membro non permanente del Consiglio di sicurezza dell’ONU, di fare tutto il possibile per evitare un’ulteriore escalation nel Caucaso:

  • L’attacco militare dell’Azerbaigian contro il vicino Stato sovrano Armenia va condannato.
  • La Svizzera deve far leva sulla sua buona reputazione e, in qualità di membro non permanente del Consiglio di sicurezza dell’ONU, chiedere con un’iniziativa internazionale la sospensione di ogni sostegno militare all’Azerbaigian fino al termine del conflitto.
  • Seguendo gli stessi principi di diritto internazionale adottati per il riconoscimento del Kosovo, la Svizzera dovrebbe considerare la possibilità di adoperarsi per l’indipendenza del Nagorno-Karabakh.

Appello anche alla comunità internazionale

Inoltre, Christian Solidarity International (CSI) invita gli Stati Uniti, la NATO e la Federazione Russa a sospendere ogni cooperazione di sicurezza con l’Azerbaigian fino a quando non avrà posto fine alla sua aggressione. Nel contempo, CSI chiede al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite di assumersi le proprie responsabilità e di rispondere con mano ferma a questo atto di aggressione per porvi fine. Le chiese sono chiamate a mostrare solidarietà con i cristiani armeni e ad aderire a questi appelli. (CSI)

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