Aborto: le chiese affianchino le donne

L’eticista Frank Mathwig sulla posizione della chiesa riformata in Svizzera

12 luglio 2022  |  Lucas Vuilleumier

foto: Manny Becerra / unsplash

Anche in Svizzera le donne sono scese in strada per manifestare la propria disapprovazione per la decisione della Corte suprema statunitense relativa alla cancellazione della sentenza Roe vs Wade del 1973 e che garantiva in tutto il paese il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza (IVG). In campo cristiano la questione dell’aborto è divisiva. Se in ambito cattolico ed evangelicale ci si è sempre opposti al diritto di abortire, in ambito riformato l’approccio a riguardo è assai diverso. L’agenzia stampa svizzero romanda Protestinfo ha fatto il punto con il teologo ed eticista Frank Mathwig relativamente alla posizione della Chiesa evangelica riformata in Svizzera (CERiS).

Frank Mathwig, dopo la decisione della Corte suprema statunitense, qual è stata la sua reazione?

Questa sentenza è un attacco massiccio ai diritti umani e alle libertà. La strategia della morale conservatrice consiste nel limitare il diritto fondamentale all'integrità fisica e all'autodeterminazione sessuale. In effetti, il giudice conservatore Clarence Thomas sta già pensando ad alta voce di eliminare il diritto alla contraccezione, al sesso consensuale tra persone dello stesso sesso, ai diritti LGBTQ+ e al matrimonio tra persone dello stesso sesso.

Qual è la sua prospettiva teologica relativa al carattere sacro della vita voluta dal Creatore, principale argomento di chi ha salutato favorevolmente quest’abrogazione?

La Corte Suprema è stata sufficientemente prudente da evitare qualsiasi riferimento biblico alla procreazione. Dal punto di vista biblico, solo Dio è sacro. Se gli esseri viventi fossero sacri, non sarebbero più dalla parte delle creature, ma dalla parte del Creatore. Per questo la teologia riformata si oppone sistematicamente alla divinizzazione della vita. Da un punto di vista biblico, la volontà di Dio si manifesta nel suo potere sulla vita e sulla morte. Non si tratta di un principio dell'azione umana, ma dell'orizzonte sotto il quale gli esseri umani affrontano la vita. Possiamo credere in un Dio che dà la vita solo se accettiamo anche un Dio che la prende e ce ne priva.

Qual è la posizione della CERiS sull'aborto?

Già nel 1973 il Consiglio della CERiS aveva chiesto una legge federale che riconoscesse “la situazione di disagio psicologico e sociale della donna” e aprisse alla possibilità di abortire. Questa posizione è stata confermata nel 1997, aggiungendo che la donna incinta, o la coppia, dovrebbe essere in grado di "prendere una decisione autonoma e responsabile" entro un certo periodo. In vista del referendum del 2002, ha anche deciso di opporsi alla consulenza obbligatoria prima di un aborto. Su questa base, nel 2012 il Consiglio della CERiS ha sostenuto che i costi degli aborti dovrebbero continuare a essere coperti dall'assicurazione sanitaria. La CERiS ancora oggi sostiene queste posizioni. Inoltre, secondo la visione riformata, la chiesa non si pone tra Dio e gli esseri umani come custode della moralità. Al contrario, annuncia il Vangelo e accompagna le persone tramite l’assistenza spirituale, i servizi diaconali e la preghiera, affinché ciascuno e ciascuna possa orientarsi liberamente secondo la parola di Dio.

<< Secondo la visione riformata la chiesa non si pone tra Dio e gli esseri umani come custode della moralità >>

 — Frank Mathwig

Quindi è predominante la libertà di scelta della donna?

Dal punto di vista della CERiS, le donne e le coppie devono avere la possibilità di prendere una decisione esistenziale liberamente e senza pressioni esterne. La legge sull'aborto non è diretta contro il nascituro, ma protegge la donna incinta nella sua particolare condizione fisica e psicologica. Ci sarebbe molto da guadagnare se le chiese prendessero finalmente una posizione inequivocabile a favore delle donne, in modo da aiutarle a essere in grado di sostenere la vita non ancora nata.

Non uccidere? << Può sembrare paradossale, ma il rapporto di gravidanza è troppo intimo per il sesto comandamento >>

 — Frank Mathwig

E come la mettiamo con il sesto comandamento biblico: “non uccidere”?

Il divieto biblico di uccidere presuppone specifiche condizioni sociali e politiche in cui è possibile distinguere tra carnefici (nati) e vittime. Una critica all'interruzione di gravidanza sulla base del sesto comandamento non è sostenibile per due motivi: in primo luogo, i biblisti non intendono la gravidanza come una relazione tra la donna incinta e il feto. In secondo luogo, questa relazione non soddisfa le condizioni di una vera relazione sociale o politica. La gravidanza crea un legame corporeo indissolubile. Può sembrare paradossale, ma il rapporto di gravidanza è troppo intimo per il sesto comandamento. Ciò non contraddice, ovviamente, l'idea di distinguere il feto dal grembo materno e di trattarlo come se fosse un essere umano con cui esiste una relazione sociale. Ma una simile interpretazione metaforica non può essere dedotta dal divieto biblico di uccidere.

Il Codice penale svizzero non punisce l'aborto quando c'è un rischio per la salute della madre o in casi di reale disagio sociale. Secondo lei, a partire da quando si può parlare di disagio sociale?

La legge parla di "stato di profonda sofferenza" della donna (art. 119, comma 1, CP). I motivi di disagio più frequenti sono embriopatici (danni all'embrione, stress eccessivo dovuto ad un feto gravemente compromesso), criminologici (gravidanza dovuta a stupro o abuso), psichiatrici e socio-economici. Tale disagio può essere valutato dall'esterno solo in modo limitato, poiché dipende principalmente dalle risorse, dalle prospettive e dai mezzi della persona che lo subisce.

(da: protestinfo; trad. e adat. G. Courtens)

foto: Gayatri Malhotra / unsplash

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