Un sudafricano alla testa del Consiglio ecumenico

Il presbiteriano Jerry Pillay dal 2023 guiderà l'organismo mondiale

17 giugno 2022  |  Gaëlle Courtens

Jerry Pillay (57), nella conferenza stampa del 17 giugno 2022 presso la sede del Consiglio ecumenico delle chiese (foto: WCC)

“La priorità del Consiglio ecumenico delle chiese rimane la testimonianza comune, nonostante le differenze”, è la convinzione del neo-eletto segretario generale del Consiglio ecumenico delle chiese (CEC), Jerry Pillay, pastore presbiteriano e teologo sudafricano. 

Dialogo con tutti, anche con Kirill

In una conferenza stampa svoltasi oggi, in presenza e online dalla sede del CEC, a Ginevra, il teologo presbiteriano - appena eletto dal Comitato Centrale del CEC nuovamente riunito in presenza dopo 4 anni - si è anche espresso sulla Chiesa ortodossa russa e sul suo ruolo nella guerra di Vladimir Putin contro l’Ucraina. Condannando la brutalità della guerra in corso, nonché la perdita di vite umane, la sofferenza e la distruzione, Pillay, tuttavia, ha espresso soddisfazione per la decisione del Comitato centrale del CEC di non sospendere la Chiesa ortodossa russa dall’organismo ecumenico di cui essa è membro dal 1961. Nonostante sia insostenibile la posizione del Patriarca di Mosca e di tutte le Russie Kirill a sostegno della guerra in Ucraina, il ruolo del CEC non è quello “di fare politica”, ha affermato Pillay, che così ha continuato: “Piuttosto dobbiamo accompagnare le parti in causa a costruire ponti”. E ha aggiunto: “Come chiese, quali strumenti possiamo mettere in campo per mitigare le divergenze? Per poter rispondere a queste domande abbiamo bisogno della partecipazione del Patriarca Kirill”. Per Pillay, che prenderà le sue funzioni a capo dell’organismo ecumenico mondiale da gennaio 2023, proprio il CEC, in questo quadro, può essere quel luogo privilegiato dove intavolare il dialogo tra chiese: “il CEC può offrire questo ‘spazio sicuro’, dove diverse visioni possono confrontarsi”. 

Spazio al confronto sull’etica sessuale

Anche in tema di etica sessuale il CEC si impegnerà ad offrire alle proprie chiese membro una piattaforma di confronto e dialogo, ha detto Pillay, che ha notato: “Il tema della sessualità umana ha aperto numerose fratture tra le chiese, e all’interno delle diverse chiese. Nel CEC abbiamo diversissime vedute su questi temi. Come allora onorare Dio in questo quadro? Compito del CEC è quello di continuare a lavorare su tutti i fronti verso l’unità visibile delle chiese, proprio perché anche il mondo che ci circonda è sempre più frammentato”. Inoltre, per Pillay, tra gli scopi del CEC c’è anche quello di promuovere la voce di chi non ce l’ha: le comunità di minoranza, i poveri e i più vulnerabili.

Ecumenismo, verso l’ospitalità eucaristica?

Sul fronte dei rapporti ecumenici con la chiesa cattolico-romana, che è osservatore nel CEC, e membro soltanto della Commissione “Fede e Costituzione” dello stesso organismo, Pillay ha auspicato una soluzione al nodo teologico dell’ospitalità eucaristica: “È un mio sogno, ma arriverà il giorno in cui potremo invitarci a vicenda alla mensa del Signore”, ha affermato.

L’eredità dell’apartheid

Tra le sue priorità non solo l’incessante ricerca dell’unità tra le chiese, ma anche la giustizia, per ottenere la quale serve dirsi la verità: solo così si può lavorare per la pace, ha dichiarato Pillay, sudafricano di origini indiane, ricordando l’eredità di personaggi come Mahatma GandhiNelson MandelaDesmond Tutu, e citando il suo impegno nelle township come leader spirituale. In questo quadro ha riconosciuto il ruolo preminente che ebbe il CEC nella lotta all’apartheid: “Continueremo a lavorare insieme in questo spirito”, ha detto, convinto della necessità di proseguire anche in futuro il “Pellegrinaggio per la giustizia e la pace” portato avanti sin dall’ultima Assemblea generale del CEC svoltasi nel 2013 a Busan (Corea del Sud). “La ricerca della giustizia e della pace è un esercizio da praticare senza sosta: ci richiede di ascoltare la voce di Dio e la voce delle persone”, ha concluso.

Il pastore Jerry Pillay, 57 anni, è decano della Facoltà di teologia e religione presso l’Università di Pretoria (Sudafrica), esponente della Chiesa presbiteriana unita in Sudafrica. Dal 2010 al 2017 è stato presidente della Conferenza mondiale delle chiese riformate. È il nono segretario generale del CEC dalla fondazione dello stesso nel 1948, e il secondo africano a ricoprire questa carica, dopo il pastore Samuel Kobia (Kenya). Il Comitato Centrale del CEC, riunito a Ginevra in questi giorni, ha preferito lui all’altra candidata, l’indiano-britannica Elizabeth Joy, tra i responsabili di Churches Together in England e membro della Chiesa siro-ortodossa malankarese.
Pillay succederà al segretario generale ad interim, padre Ioan Sauca, in servizio dall'aprile 2020, quando il precedente segretario generale, il vescovo luterano Olav Fykse Tveit, era stato nominato presidente della Chiesa di Norvegia. Pillay prenderà funzione a Ginevra dal 1° gennaio 2023.

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