Pensare la guerra: una prospettiva teologica

Una riflessione sulla guerra alla luce del testo biblico

28 marzo 2022  |  Antoine Nouis

(Foto: Levi Meir Clancy - unsplash)

Ufficiale dell'esercito francese, Hélie de Saint Marc ha combattuto in diverse guerre e ha descritto in modo estremamente crudo ciò che ha visto: "Non c'è una guerra felice o triste, una guerra bella o sporca. La guerra è sangue, sofferenza, facce bruciate, occhi dilatati dalla febbre, pioggia, fango, escrementi, spazzatura, ratti che corrono sui corpi, ferite mostruose, donne e bambini trasformati in carogne. La guerra umilia, disonora, degrada. È l'orrore del mondo riunito in un parossismo di sangue e lacrime".

Il peccato della guerra

La guerra rientra nella categoria del peccato. Nel libro della Genesi, la radice del peccato è l'orgoglio degli uomini che pensano di essere Dio. Il primo peccato trova il suo fondamento nelle parole del serpente: "Sarete come dèi" (Genesi 3,5).

La guerra è prima di tutto un tentativo di impossessarsi del prossimo, di credersi padrone delle persone e delle cose.

 — Antoine Nouis

Chi fa la guerra pensa di avere i mezzi per farlo contando sulla forza del proprio esercito. La Bibbia dice invece che non bisogna essere troppo forti. Così viene consigliato al re nel libro del Deuteronomio: "Non abbia un gran numero di cavalli; non faccia tornare il popolo in Egitto per avere molti cavalli; perché il Signore ti ha detto: 'Non tornerai più per questa via'" (Deuteronomio 17,16). Perché il re d'Israele sarebbe tentato di andare in Egitto? Per diventare una grande potenza? Per vendicare l'umiliazione del passato? La Bibbia proibisce queste tentazioni.

La guerra è irrazionale

Rileggiamo la storia: quali guerre hanno portato pace e prosperità a un paese? La guerra è una spirale che lo psichiatra francese Patrick Clervoy ha chiamato "effetto Lucifero". In situazioni di violenza, arriva un momento in cui gli individui perdono la loro capacità di giudizio.
La Bibbia personifica il male sotto il nome di Lucifero per ricordarci che quest'ultimo ha un potere di fascinazione che può, a volte, impossessarsi della persona. Dato che c'è qualcosa di diabolico nella guerra, non dobbiamo cercare di fare un patto con essa, ma opporci ad essa con un divieto morale e spirituale.

Spirito e spada

Martin Lutero diceva che la preghiera è il lavoro del cristiano. Come chiesa, abbiamo solo la preghiera per opporci al diabolico. Si dice che Napoleone abbia detto: "Ci sono solo due poteri nel mondo. Il potere della spada e il potere dello Spirito. Alla lunga, la spada sarà sempre sconfitta dallo spirito".
Lo storico Christian Renoux sostiene che non è un caso che i genocidi siano avvenuti in tempi di guerra, quando la violenza non era più controllata. "Il genocidio degli armeni è avvenuto durante la prima guerra mondiale, quello degli ebrei d'Europa durante la seconda guerra mondiale - ha scritto Renoux -, il genocidio cambogiano è inseparabile dalle guerre che hanno inghiottito la penisola indocinese dal 1945 al 1975, e il genocidio [dei Tutsi in Ruanda] è legato alle guerre civili che hanno insanguinato la regione dei Grandi Laghi fin dal 1959".

"La tregua di Natale" - Segni dei Tempi

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Durante i periodi di grande violenza c'è una perdita di senso morale.

 — Antoine Nouis

Il comportamento umano è solitamente collocato tra impulsi e inibizioni. In tempo di guerra, le inibizioni tendono a scomparire. Una volta addestrato a superare la sua inibizione ad uccidere, il soldato può, se non strettamente contenuto dalle regole della disciplina di combattimento, trasformarsi in un assassino che non si ferma davanti a nulla.
La proibizione richiede che il comandamento "Non uccidere" sia considerato come un assoluto categorico. Dopo la prima guerra mondiale e l'orrore delle trincee, il teologo evangelico alsaziano Albert Schweitzer disse in un sermone commemorativo: "I nostri figli dovranno conservare per tutta la vita, come eredità lasciata loro, la convinzione che il comandamento 'Non uccidere' ha un valore molto più fondamentale di quanto pensassero i nostri genitori e noi stessi".

Di fronte alla guerra

L'atteggiamento del discepolo è caratterizzato dalla tensione tra resistenza e fuga. I capitoli apocalittici dei vangeli sinottici [Matteo, Marco e Luca, ndr.] parlano dei tempi di persecuzione che la Chiesa ha attraversato (Matteo 24; Marco 13; Luca 21). Essi evocano due fasi diverse. In primo luogo, quella della resistenza: "Sarete consegnati ai tribunali, sarete battuti [...]; comparirete davanti a governatori e re [...]. Non preoccupatevi in anticipo di quello che direte, perché non sarete voi a parlare, ma lo Spirito Santo. Poi, quando le forze del male si scatenano, arriva l'ora dell'"abominio e della desolazione", lì non si tratta più di testimoniare, ma di fuggire senza guardarsi indietro.
La Bibbia ci ricorda che la vita è tragica. Racconta una serie di disgrazie che hanno colpito Israele dai tempi più antichi, ma la tragedia non è mai l'ultima parola nella storia, tutti i grandi disastri sono stati seguiti da rinascite. (da Réforme; trad. it. e adat. P. Tognina)

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