Chi è ricco si assuma le proprie responsabilità

L'etico François Dermange si sofferma sui legami fra teologia e filantropia

07 gennaio 2022  |  Camille Andres

(foto: Ruthson Zimmerman, unsplash)

"Un protestante è consapevole della propria responsabilità", sostiene François Dermange, professore di etica all’Università di Ginevra. Riflettendo sui legami fra teologia e filantropia, in particolare a Ginevra, prosegue: “La tradizione riformata non ha visto nel povero un’icona di Cristo o un 'portinaio del cielo' che intercede per il ricco in cambio dell’elemosina ricevuta. Secondo la Riforma, il povero è un povero e dandogli l'elemosina si rischia di mantenerlo in quella condizione. La Riforma ha perciò spesso vietato l’accattonaggio, dando alla collettività l’obbligo di offrire lavoro. Non bisogna certamente idealizzare quel modello che si è a volte dimostrato coercitivo - prosegue il professore -, ma bisogna riconoscere che esso si è spesso rivelato abbastanza efficace”.

Ricchezza utile agli altri

“Quando pensiamo al ‘corpo sociale’ lo vediamo composto da parti uguali”, afferma ancora François Dermange. Ma secondo il riformatore ginevrino Giovanni Calvino non siamo uguali in quanto a ricchezza, a intelligenza, a istruzione o a talenti. In questo corpo - dove noi riceviamo la nostra vita dagli altri e la diamo loro - più riceviamo, più ci sarà richiesto, come afferma Gesù nel Vangelo di Luca (Luca 12,48). “E questo l’hanno capito anche i pagani”, sostiene l'etico.
“La filantropia è dunque prima di tutto questo tipo di umanità (Atti 27,2; 28,3). Il cristiano le dà inoltre un altro senso ancora, sull’esempio di Dio, il quale '
ha manifestato il suo amore per l'umanità salvandoci per la sua misericordia' (Tito 3,4-5)”.
(Un esempio di questo atteggiamento si può riscontrare, ancora oggi, nella biografia del banchiere ginevrino Yves Oltramare, autore di un recente saggio sull'argomento e protagonista di una puntata del settimanale radiofonico RSI Chiese in Diretta, ndr.).

"Protestanti e cattolici, 1. parte" - Segni dei Tempi RSI

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Destinazione del denaro

All'epoca della Riforma, dunque nel 16. secolo, i beni della vecchia Chiesa vennero dati alle istituzioni che si occupavano dei malati e dei bisognosi. Piuttosto che dare alla Chiesa per spese sontuose, o direttamente ai poveri - nota Dermange -, si preferiva dare a istituzioni che avrebbero utilizzato quel denaro in modo oculato e professionale, per alleviare la condizione degli indigenti. Alcune di queste istituzioni esistono ancora, come l’Hospice général a Ginevra, fondato nel 1535.

Non essere schiavi del denaro

“Meglio sarebbe non essere ricchi, vivere semplicemente e accontentarsi di poco”, diceva il riformatore Calvino. Ma nel contempo riteneva che se la ricchezza ci viene data non dobbiamo rifiutarla, “perché anche se pericolosa e illusoria per noi stessi, può essere utile agli altri. È per loro che bisogna accettarla, amministrarla, metterla al loro servizio”. Quindi il ricco non è mai davvero il proprietario dei suoi beni - conclude l'etico François Dermange -, bensì ne è il depositario e l’amministratore per conto degli altri”.

A ogni famiglia la sua causa

Ma come si è concretizzato questo atteggiamento protestante nei confronti della ricchezza? Quali forme ha assunto? A questi interrogativi, l'etico risponde elencando alcuni esempi tratti dalla storia del protestantesimo francofono. “Per molto tempo ogni grande famiglia protestante ha avuto la propria causa: abolizione della pena di morte, sostegno alla Guerra d’indipendenza greca, lotta contro il lavoro domenicale. Gli industriali del tessile di Mulhouse ottennero il divieto del lavoro minorile, tutelando così i propri interessi: rinunciare unilateralmente al lavoro minorile avrebbe avvantaggiato i loro concorrenti cattolici nel nord della Francia. Fecero quindi un ottimo lavoro, che pose le basi del futuro Ufficio internazionale del lavoro”.
(Volgendo lo sguardo alla Svizzera tedesca, il pensiero corre immediatamente alla figura e all'opera di Alfred Escher, pioniere della Svizzera moderna, ndr.)

"Protestanti e cattolici, 2. parte" - Segni dei Tempi RSI

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Pionieri indispensabili

“Nel 20. secolo molte opere filantropiche sono state rilevate dallo Stato. Tuttavia la filantropia conserva un ruolo essenziale. Discreta, più professionale, all’ascolto dei suoi beneficiari, è attenta a bisogni a cui nessuno provvede o a cui si provvede in modo inadeguato”, aggiunge François Dermange. “Oggi si tratta per esempio di offrire un servizio di consulenza matrimoniale e familiare a persone che non potrebbero permetterselo o concepire una vera e propria formazione nei campi profughi. E ancora, un mecenate protestante ha dedicato ogni sua energia e la propria rete al sostegno della formazione dei musulmani in Svizzera per agevolarne l’integrazione. I filantropi di oggi sono sentinelle. Come i re magi, sanno vedere ciò che nasce e ciò che cresce; hanno il coraggio di seguire la loro stella e la generosità di condividere i loro tesori”. (da Réformés; trad. it. G. M. Schmitt; adat. P. Tognina)

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