Undici comandamenti per arginare l’odio online

Un progetto ecumenico per una “cultura del litigio” in rete

01 settembre 2021  |  Gaëlle Courtens

foto: neonbrand/unsplash

L’aggressività veicolata in rete è aumentata insieme all’incremento dell'uso dei social media. E con la pandemia il fenomeno si è ulteriormente acutizzato. Come migliorare la comunicazione in internet? È possibile misurare il “tasso di costruttività” di un litigio? Nel tentativo di dare delle risposte a queste domande, due teologi tedeschi, animati da uno spirito ecumenico, hanno dato vita a un ambizioso progetto, proponendo 11 comandamenti per una “dignitosa ‘cultura del litigio’ per tempi confusi”.
A promuovere questo esperimento sono stati il teologo Johann Hinrich Claussen, incaricato culturale della Chiesa evangelica in Germania (EKD), e Joachim Hake, direttore dell’Accademia cattolica di Berlino, mediante un hashtag da far circolare sui social: #anstanddigital, che potremmo tradurre con lo slogan #educatidigitali. “Il nostro progetto mette al centro il comportamento di chi si muove in rete, e non la questione tecnologica o giuridica relativa alla lotta allo hate speech, il discorso che esprime odio”, spiega Claussen in un contributo apparso sulle pagine del mensile evangelico tedesco Zeitzeichen, chiedendosi: “Chissà se il concetto apparentemente superato di ‘educazione’ (intesa come ‘buone maniere’, ndr.) non possa avere qualche fortuna sulle reti digitali sociali, spesso assai asociali?”.

Creare spazi di buon litigio

Secondo i due studiosi, un’etica contemporanea della buona comunicazione che si ispiri alla tradizione cristiana non deve puntare sulla risoluzione del conflitto a tutti i costi. “Quel che conta è creare le condizioni affinché sia possibile litigare bene, in modo costruttivo ed educato”, aggiunge ancora Claussen.
Gli utilizzatori delle piattaforme digitali lo sanno: internet non ha quasi filtri, e questo permette all’odio di circolare molto rapidamente, con la conseguente spirale di esternazioni, irritazioni, umiliazioni. Invece sarebbero richieste cautela e moderazione, compostezza e decenza. Al popolo della rete servirebbe un codice di comportamento, ma ovviamente la buona educazione, qui come altrove, non solo va imparata, ma va messa in pratica. E per fare questo, dicono Claussen e Hake, serve allenamento. Le parole chiave allora sono: fermarsi a riflettere e ridurre la pressione. “Perché è soltanto prendendo le distanze che si può avere un atteggiamento educato”, spiega Claussen.

Linee guida per litigare meglio

Per allenarci a comunicare bene in rete i due teologi propongono dunque undici comandamenti, facili, non particolarmente innovativi, ma che promettono di essere efficaci. “I buoni comandamenti ci guidano verso la libertà”, sostiene Claussen. Eccoli: non indignarsi con eccessiva facilità; non giudicare; prendersi tempo; rimanere obiettivi; mantenere le distanze senza mai essere volgari; rispettare l’altro in rete; mostrare la faccia; saper apprezzare l’obiezione; indignarsi rimanendo empatici; sapersi vergognare ed evitare umiliazioni.

Tra garbo e legge

L’undicesimo comandamento insiste sulla capacità di saper distinguere tra le buone maniere e la legge. “È compito della legge garantire la protezione dei diritti individuali e dei dati e la trasparenza degli algoritmi, così come regolamentare il potere delle grandi piattaforme - scrive Claussen -. Invece, in linea di principio, le regole della ‘buona educazione’ non hanno forza di legge; sono solo raccomandazioni soggettive e ottengono la loro efficacia attraverso la più ampia applicazione possibile. Le carenze nella legislazione o nell’applicazione della stessa non possono essere sostituite o compensate da richieste di maggiore decenza nel comportamento. ‘Buona educazione’ e legge sono quindi sempre da distinguere l'una dall'altra”. Tuttavia, insistono i due teologi, non si tratta di bandire il conflitto da internet, ma di renderlo possibile e praticabile. Con garbo.

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