Evacuare migranti dalla Libia

La richiesta di Carola Rackete è anche quella che avanzano molte chiese evangeliche

19 luglio 2019  |  Gaëlle Courtens

Evacuare verso l’Europa le centinaia di migliaia di migranti intrappolati in Libia: la richiesta, lanciata all’Unione europea da Carola Rackete, capitana della ONG tedesca Seawatch, in un’intervista al quotidiano tedesco "Bild", ha suscitato anche in Svizzera un polverone mediatico. Politici, opinionisti, esperti del settore hanno preso posizione pro o contro la richiesta formulata dalla comandante, che ieri alla Procura di Agrigento ha affrontato il suo primo interrogatorio per l’accusa di favoreggiamento all’immigrazione illegale e violazione del codice di navigazione.

“Ci sono mezzo milione di persone nelle mani dei trafficanti o nei campi profughi della Libia. Dobbiamo farli uscire”, ha detto al Bild la capitana della “Seawatch 3”, imbarcazione di soccorso in mare attualmente sotto sequestro, sottolineando la necessità che debbano essere “immediatamente aiutati per avere un passaggio sicuro verso l'Europa. Devono andare in un paese sicuro, come ha detto la cancelliera Angela Merkel. Che però non dice come si dovrebbe fare, e questo è il problema”.

La proposta delle chiese evangeliche
“Come” si dovrebbe e si potrebbe fare lo dicono da mesi le chiese evangeliche in Italia. Forti della loro esperienza con i “corridoi umanitari” dal Libano promossi dal 2016 insieme alla Comunità di Sant’Egidio, gli esponenti della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) già a febbraio avevano lanciato l’idea di un “corridoio umanitario europeo” per 50’000 profughi vulnerabili intrappolati in Libia, paese attualmente in guerra. Si tratta di istituire una via di fuga legale e sicura tramite “visti umanitari” previsti dalla legislazione europea, e - con il coinvolgimento di attori della società civile - strutturare un meccanismo di ridistribuzione e accoglienza tra i paesi dell’UE.

Paolo Naso

Paolo Naso, coordinatore del programma rifugiati e migranti della FCEI “Mediterranean Hope”, già a febbraio aveva spiegato la proposta ai microfoni di “Chiese in diretta” (RSI) definendola “una soluzione solida e praticabile, un’azione forte di contrasto al traffico di esseri umani”.

Solo qualche giorno fa, dalle colonne del settimanale evangelico "Riforma", Naso ha ribadito: “Tutti dobbiamo riconoscere che non ci sono soluzioni ‘esterne’: né in Libia, in Tunisia o in Marocco. Se le migrazioni mediterranee continueranno - come tutti gli indicatori suggeriscono -, è l’Europa che deve trovare un meccanismo di gestione ordinata e legale dei flussi.

Richieste analoghe in Svizzera
Una proposta analoga per far arrivare in sicurezza verso la Svizzera 10'000 profughi l’anno l’aveva lanciata l’anno scorso la HEKS (Aiuto delle chiese evangeliche svizzere) insieme all’Organizzazione svizzera di aiuto ai rifugiati OSAR. La loro petizione “Vie sicure e legali per i profughi” aveva raccolto in poche settimane 38'000 firme ed era stata consegnata il 28 giugno 2018 al Consiglio federale. Si tratta di facilitare l’ingresso in Svizzera a persone vulnerabili bisognose di protezione internazionale attraverso visti umanitari o programmi di ricollocazione.

Le religioni e i profughi (Segni dei Tempi RSI)

Una richiesta fatta propria anche dai firmatari della "Dichiarazione interreligiosa sui rifugiati” del novembre scorso promossa dai rappresentanti delle comunità di fede riunite del Consiglio svizzero delle religioni: riformati, cattolici, cristiano-cattolici, ebrei e musulmani insieme hanno chiesto l’introduzione di vie legali e sicure per i profughi, sottolineando l’importanza che rivestono le comunità di fede nell’accoglienza, protezione e integrazione dei rifugiati.

Evangelici tedeschi in prima fila
La necessità di un meccanismo di equa ridistribuzione sui paesi europei dei migranti da far arrivare in sicurezza è ampiamente sostenuta anche dalla Chiesa evangelica in Germania (EKD) il cui presidente, il vescovo luterano Heinrich Bedford Strohm, insieme al sindaco di Palermo Leoluca Orlando e alla Seawatch aveva lanciato l’”Appello di Palermo” contenente esattamente questa richiesta, tra l’altro ampiamente discussa al recente “Kirchentag” evangelico svoltosi a Dortmund, in presenza di esponenti della FCEI.

Heinrich Bedford-Strohm e Leoluca Orlando (da sin.)

L’EKD sostiene convintamente la Seawatch e il suo velivolo di ricognizione “Moonbird” della svizzera Humanitarian Pilots Initiative. Lo stesso Bedford-Strohm a giugno si era recato in Sicilia per incontrare l’equipaggio della “Seawatch 3”.

La palla alla politica
Recentemente l’idea avanzata dai promotori dei corridoi umanitari italiani - nel frattempo accolta con interesse dal premier Giuseppe Conte - è stata ribadita durante un convegno organizzato presso la Camera dei deputati a Roma intitolato: “Corridoi umanitari - Per un’Europa solidale”. In quella sede la FCEI ha chiesto di “accelerare l’iter per aiutare questi profughi ad accedere a una protezione legale e sicura fuori dalla Libia. In questo senso auspichiamo che il governo avvii al più presto un negoziato europeo con questo obiettivo ed apra un tavolo tecnico per coinvolgere le chiese e le altre associazioni disponibili a collaborare”.

Luca Maria Negro

Relativamente alla criminalizzazione delle ONG, il presidente della FCEI Luca Maria Negro, riferendosi esplicitamente alla vicenda giudiziaria della Seawatch e alla sua capitana Carola Rackete, ha precisato: “Il buon samaritano non si volta dall’altra parte. Noi non accettiamo che si contrapponga un’accoglienza ‘buona’, quella dei corridoi umanitari, a una ‘cattiva’, di chi salva vite in mare. Se non ci sono vie legali di asilo e di accesso, migliaia di persone si affidano alle vie illegali”.

Appello di organismi di chiese europei
In occasione dell’incontro di ieri a Helsinki dei ministri della giustizia e dell’interno della UE, diversi organismi di chiese europei hanno lanciato un appello congiunto a favore dell’incondizionato soccorso in mare, contro la criminalizzazione dell’aiuto umanitario, per l’introduzione di vie di fuga legali e sicure verso l’Europa e meccanismi di ricollocazione dei rifugiati su tutti i paesi della UE. Per quanto riguarda la Libia, i promotori dell’appello - la Conferenza delle chiese europee (KEK), la Commissione delle chiese per i migranti in Europa (CCME), Action by Churches Together (ACTAlliance), Brot für die Welt, e i loro partner - chiedono che venga messo fine alla cooperazione con il paese nordafricano, e soprattutto che vengano quanto prima evacuati almeno 50'000 migranti vulnerabili, come da proposta della FCEI e della Comunità di Sant’Egidio. (adat. P. Tognina)

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