Siria, pluralismo religioso a rischio

Decine di morti in un attentato ad una chiesa greco-ortodossa di Damasco

26 giugno 2025  |  Daoud Kuttab

(RNS) – L’attentato suicida nella chiesa greco-ortodossa di Sant’Elia a Damasco, nel quale domenica 22 giugno sono morti almeno 20 fedeli e decine di presenti sono rimasti feriti, è un tragico promemoria della vulnerabilità delle comunità religiose in Siria in un contesto di sicurezza precaria. L’attentatore è entrato in chiesa durante la liturgia domenicale, ha aperto il fuoco e ha poi fatto detonare una bomba fissata al proprio corpo. Le autorità siriane lo hanno collegato a una cellula dormiente dello Stato islamico, noto come ISIS.

Successivamente, secondo quanto riferito dalla Tv siriana, le forze di sicurezza hanno fatto irruzione in presunti covi dell’ISIS, hanno ucciso due militanti – incluso il sospetto complice – e ne hanno arrestati altri sei, tra cui il capo della cellula. 

Il governo a interim presieduto da Ahmad al-Sharaa deve ora affrontare la prova cruciale della sua capacità di proteggere le diverse comunità della Siria mentre ricostruisce le istituzioni distrutte di un paese profondamente diviso.

L’attentato non va considerato come un evento isolato. Riflette una più ampia strategia dell’ISIS - e di ciò che ne resta - volta a destabilizzare il fragile pluralismo siriano. Cristiani, alawiti, drusi e altri gruppi sono da tempo nel mirino di questi estremisti. Una risposta limitata alle rappresaglie non sarà sufficiente. Ciò di cui la Siria ha bisogno adesso è una strategia nazionale globale basata sulla giustizia, sulla pari cittadinanza e sullo Stato di diritto.

La autorità religiose e politiche della Giordania, dei territori palestinesi, del Libano e della stessa Siria hanno risposto con una sola potente voce. Il patriarca ortodosso di Gerusalemme Teofilo III ha descritto l’attentato come “una ferita sanguinante alla dignità di tutta l’umanità”. Il Consiglio delle chiese del Medio Oriente e il Patriarcato greco-ortodosso di Antiochia hanno chiesto alle autorità siriane di garantire la sicurezza delle minoranze religiose e di difendere il loro diritto di celebrare in pace.

Il ministro degli affari esteri giordano ha condannato con forza l’attentato, dichiarando la sua piena solidarietà con la Siria. L’ambasciatore Sufian Qudah ha riaffermato il rifiuto della Giordania di ogni atto terroristico che minaccia la stabilità della regione. La Commissione islamo-cristiana per il sostegno di Gerusalemme e dei luoghi santi ha definito l’attentato parte di programmi ostili volti a smantellare l’unità islamo-cristiana, profondamente radicata nella storia della Siria.

Il cardinale Bechara Boutros Raï, patriarca di Antiochia dei Maroniti, ha denunciato la violenza contro i luoghi di culto e ha chiesto che vengano compiuti sforzi a livello interno e internazionale per promuovere la pace, il dialogo e il rispetto reciproco. Ha messo in guardia contro il rischio che attentati come questo cancellino secoli di pluralismo regionale e di retaggio culturale.

Tali preoccupazioni riflettono una più profonda inquietudine per il continuo esodo di cristiani dal Medio Oriente. Decenni di guerre, occupazione e settarismo hanno devastato comunità cristiane storiche. Dalla guerra civile in Libano all’invasione statunitense dell’Iraq e all’occupazione prolungata dei territori palestinesi, la popolazione cristiana nella culla del cristianesimo è prossima al collasso. Nonostante gli sforzi dei leader religiosi e civili per fermare l’ondata, la migrazione – dettata dall’insicurezza e dalle opportunità all’estero – continua a crescere. Le comunità arabe cristiane in America del Nord, Europa e Australia sono in rapido sviluppo.

Tuttavia ci sono modelli incoraggianti. In Giordania e nei territori palestinesi la rappresentanza cristiana in parlamento e negli enti locali supera le proporzioni demografiche. Gli arabi cristiani fanno progressi nell’imprenditoria, nell’istruzione e nelle professioni. In Cisgiordania le organizzazioni di impronta cristiana rappresentano il terzo principale datore di lavoro e contribuiscono in maniera significativa all’assistenza sanitaria, all’istruzione e all’economia.

Istituzioni accademiche come l’Università americana di Beirut, l’Università di Bir Zeit e l’Università di Betlemme, fondate da chiese e famiglie cristiane, sono simboli duraturi degli investimenti cristiani nella conoscenza e nella costruzione della nazione. Gli imprenditori cristiani continuano a plasmare le economie arabe con la loro leadership nel settore bancario, nel commercio e nell’industria.

L’attentato alla chiesa di Sant’Elia non è un semplice atto settario. È un banco di prova della nostra umanità condivisa, della nostra resilienza regionale e della nostra determinazione morale. Non deve seminare paura e divisione, ma ispirare piuttosto un rinnovato impegno all’unità e alla convivenza.

I governi e la società civile devono andare oltre i gesti simbolici. La vera sicurezza, la giustizia equa e una sincera solidarietà interreligiosa sono essenziali. L’ISIS si nutre di divisioni; è nostro dovere negare all’ISIS quest’arma. Ogni luogo di culto – con ogni vita al suo interno – deve essere protetto.

Come ha dichiarato il Consiglio evangelico di Giordania: “Prendere di mira i cristiani – o qualsiasi altro gruppo religioso – mina il tessuto stesso delle nostre società e il messaggio centrale di pace che le religioni, soprattutto il cristianesimo, si sforzano di promuovere”. Questa tragedia non deve finire soltanto nel lutto. Facciamone una chiamata all’azione.

Daoud Kuttab, autore di questo contributo pubblicato il 24 giugno su Religion News Service (RNS), è stato titolare della cattedra Ferris di giornalismo all’Università di Princeton (New Jersey) ed è l’editore di Milhilard.org, sito dedicato alla comunità cristiana in Giordania e nei territori palestinesi. I punti di vista espressi in questo commento non riflettono necessariamente quelli di RNS. (Da: RNS; trad.: G. M. Schmitt)

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