Serie estiva. Vizi capitali. Un’ira che tracima

L’ira esplode quando si tocca ciò che per noi appartiene all’ordine del sacro

10 agosto 2021  |  Alain Houziaux

(foto Usman Yousaf, unsplash)

Il greco ha due parole per indicare l’ira: thymos, che significa innanzitutto “soffio”, ma anche ciò che ha origine nella volontà e nelle passioni; e cholè (da cui deriva colera, collera e anche il nostro termine “colera”), che designa l’ira e l’odio. Si coglie così l’ambivalenza dell’ira che ha origine nella pulsione di vita, da una parte, e nell’odio, dall’altra.

Due forme d'ira

Seguendo Cartesio, si possono distinguere due forme d’ira: quella che fa arrossire e quella che fa impallidire. Quella che fa arrossire ha origine in un’emozione viva, ma momentanea. L’ira è in questo caso un meccanismo di difesa. Essa costituisce una reazione ad assalti portati alla persona o al territorio (da questo punto di vista l’essere umano non è molto diverso dall’animale). Non è il caso di averne paura né di condannarla.
L'ira che fa impallidire, al contrario, distilla il veleno di un desiderio di vendetta che, come tutti sanno, è un piatto che si mangia freddo. È senza dubbio questa distinzione tra ira momentanea e ira fredda e duratura ad aver spinto l'apostolo Paolo a scrivere: “Nell’ira, non peccate; e non tramonti il sole sopra la vostra ira” (Efesini 4,26-27).

L’ira dell’“Es”

L’ira non è sempre considerata come un peccato. Ci sono, si dice, ire sante. L’ira, in effetti, è stata avvicinata a una giusta indignazione, per esempio di fronte all’ingiustizia. Così Gesù caccia con ira i mercanti dal Tempio perché è animato da “zelo” (Giovanni 2,17), cioè da una forma di indignazione. L’oltraggio che suscita l’ira, in questi casi, è rivolto a idee e ideali che l’oltraggiato difende, e a ciò che è considerato come “sacro”. La maggior parte dei teologi ha così voluto distinguere tra l’ira buona (l’indignazione e lo “zelo” che animano Gesù e i profeti dell’Antico Testamento) e quella malvagia (la pulsione aggressiva).

L’ira, proprio come i sogni, è un sintomo e una manifestazione del nostro inconscio.

 — Alain Houziaux

Questa distinzione, però, mi sembra fuorviante. L’ira dei profeti dell’Antico Testamento e quella di Gesù che caccia i mercanti dal Tempio sono davvero diverse, nella loro essenza, da quella di Caino e quella del figlio primogenito nella parabola del figliol prodigo? Questi ultimi non erano anch’essi indignati in quanto si consideravano vittime di una profonda ingiustizia?
Se vogliamo tentare di delineare più in dettaglio la fonte dell’ira, occorre abbandonare le distinzioni di natura morale e rivolgersi a concetti più psicologici.
L’ira, come i sogni, è un sintomo e una manifestazione del nostro inconscio. Se la nostra ira “tracima” senza che noi stessi ne comprendiamo la ragione, è perché i moventi inconsci che la suscitano restano per noi stessi un enigma. Essi hanno origine nell’inconscio.

L’ira è stata spesso considerata, a ragione, come una “follia passeggera”.

 — Alain Houziaux

L’ira scaturisce a volte da una ferita inflitta al nostro narcisismo o da una frustrazione del nostro desiderio dispotico, o anche da un oltraggio nei confronti del nostro orgoglio. Ma nasce anche - e forse soprattutto -, quando ci sentiamo soffocati, messi alle strette e imprigionati dall’altro e dagli altri o dalla situazione in cui siamo “intrappolati come un topo”.
L’ira è dunque l’esplosione della libertà quando essa si sente accerchiata e minacciata. Nasce da una pulsione che può essere qualificata come primaria e anche come primitiva. L’ira scaturisce da ciò che Freud chiama l’“Es”. Questo “Es” è un caos, ed è la riserva prima dell’energia psichica. L’“Es” entra in conflitto con l’“io” ed il “super io”, ma è all’origine di ciò che il soggetto vive. Georg Groddeck (ne Il libro dell’Es) arriverà a dire: “L’uomo è vissuto dall’Es.

L’ira e il sacro

L’ira sorge quando si tocca ciò che per noi è sacro e tabù. Queste due nozioni hanno in parte origine nell’inconscio, o almeno nell’irrazionale e nell’istintivo. Quando Zinedine Zidane ha dato la sua famosa testata, ciò è avvenuto dopo questo scambio con Marco Materazzi: Zidane lo apostrofò in questo modo: “Se vuoi la mia maglia, te la darò dopo”; Materazzi, a quanto sembra, rispose: “Preferisco quella puttana di tua sorella”. Ora, nell’universo di Zidane, la sorella è sacra (lo sarebbe stata anche se egli non avesse avuto sorelle). In effetti sono l’inconscio e l’Es a costituire, ben più del super io, l’ancoraggio e il radicamento del sacro, e anche della religione e della fede.

L’ira sorge quando si tocca ciò che per noi appartiene all’ordine del sacro e del tabù.

 — Alain Houziaux

Quando l’ira si radica in qualche cosa che appartiene all’ordine dell’inconscio e al tempo stesso del sacro può essere qualificata come “santa”. Colui che in questi casi si adira vive la propria ira come se essa fosse l’ira degli dei stessi. Achille, che era egli stesso un semidio, viveva la propria ira come se gli fosse dettata dagli dei. E lo stesso vale per Mosè quando, preso dall’ira, infrange le Tavole della Legge.
Apparentemente, questo gesto potrebbe essere considerato come un sacrilegio, poiché le Tavole gli erano appena state consegnate da Dio. Ma in realtà non lo è per nulla, perché per Mosè la sua ira era quella di Dio stesso. È nel nome di Dio stesso che Mosè infrange le Tavole di Dio. Allo stesso modo Giobbe, quando si adira con Dio, si sente investito della verità di Dio. Giobbe si rivolta contro Dio in nome dell’idea che egli si fa di Dio.
In effetti, l’ira è un atteggiamento prometeico. Essa insorge in nome della pulsione di vita, dell’istinto, dell’irrazionale, e anche di una forma di sacro che si oppone a ogni dominio, fosse anche quello di Dio.

Esasperazione senza oggetto

L’ira è un atto dell’Io in ciò che esso ha di più personale. Questa è la ragione per cui è difficile teorizzarla. Non la si può in ogni caso spiegare in termini politici, sociologici, collettivi, razionali. È l’espressione di una forma di esasperazione senza oggetto, di angoscia senza oggetto, di frustrazione senza oggetto. L'ira rientra anche nell’ordine della violenza, ma una violenza senza nemico.
L’ira è una forma di autismo che esplode all’interno di se stesso, di un “troppo pieno” di Es che tracima contro i discorsi confortanti dei benpensanti di ogni genere, e contro le promesse esagerate di valori come l’amore, la spiritualità e la compassione. Essa nasce dalla solitudine e dal bisogno. (da Réforme; trad. it. Ezio Gamba; adat. P. Tognina) - La prossima puntata tra una settimana.

Suggerimento di lettura:

Seneca, L’ira, BUR 1998
Martha Nussbaum, Rabbia e perdono. La generosità come giustizia, Il Mulino 2017

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