Cristiani a rischio in Nigeria

La Nigeria sta andando verso un genocidio, la denuncia del filosofo francese Bernard-Henry Lévi

07 febbraio 2020

(Laurence Villoz) In una inchiesta della fine del 2019 Bernard-Henry Lévi ha denunciato una situazione di pregenocidio dei cristiani in Nigeria. Una posizione emersa al termine di un viaggio compiuto dal filosofo francese nel paese africano, ma criticata da vari esperti.
A fine gennaio Gidéon Para-Mallam, attivista nigeriano per la pace, la giustizia sociale e il dialogo religioso, pastore della Evangelical Church Winning All - una delle più grandi chiese della Nigeria -, è stato invitato a Davos per tenere una conferenza, a margine del World Economic Forum, sulla persecuzione dei cristiani.

Che cosa sta succedendo attualmente ai cristiani in Nigeria?
È un periodo molto difficile per i cristiani, soprattutto nel nord e nel centro del paese. Le chiese vengono spesso attaccate. I villaggi cristiani vengono distrutti. Ci sono molti rapimenti. E le prime vittime sono le donne. Vengono stuprate e quelle che vengono rapite diventano oggetti sessuali.

Chi sono gli autori di questi attacchi?
Gli attacchi sono il risultato dell’espansione del fondamentalismo islamista di Boko Haram e della radicalizzazione dei fulani (un popolo di pastori nomadi, in maggioranza musulmani, stanziati in tutta l’Africa occidentale, al di là della fascia sahelo-sahariana, chiamati anche peul, ndr.). Vengono colpiti anche musulmani, ma non possiamo negare il fatto che Boko Haram intende sradicare i cristiani.

Gidéon Para-Mallam

Si può parlare di una coalizione tra Boko Haram, i fulani e il governo, come afferma il filosofo Bernard-Henry Lévi?
È molto complicato. Innanzitutto, quando il governo ha cercato di fermare Boko Haram, diversi anni fa, i fulani hanno aumentato i loro attacchi nella parte nord che è tradizionalmente musulmana e nel centro prevalentemente cristiano. Attualmente alcuni fulani fanno esattamente la stessa cosa di Boko Haram e ciò fa pensare che vi siano connessioni. Per quanto riguarda il governo non vi sono prove formali che esso sostenga questi due gruppi, ma è chiaro che c’è inazione. Il governo lascia che le cose accadano. Gli omicidi continuano. C’è bisogno di un aiuto, di un aiuto internazionale. È importante che il governo sia onesto perché ci sono cittadini che muoiono e la maggior parte di questi cittadini sono cristiani.

Alcuni media esprimono preoccupazione per una situazione che ritengono di pregenocidio. Lei è della stessa opinione?
Alcuni parlano già di genocidio, sì. Gli attacchi frontali e strutturati diventano in effetti sistematici. E quando c’è questo genere di attacchi prolungati le comunità vengono annientate. Per me è una situazione di pregenocidio. È per questo che cerchiamo aiuto, perché non vogliamo arrivare al genocidio.

La situazione attuale è in qualche modo collegata alla guerra civile del Biafra, che tra il 1967 e il 1970 ha visto opposti in particolare cristiani e musulmani?
Non penso che ci sia un collegamento diretto. La brutalità dei crimini è analoga, ma le motivazioni politiche non sono le medesime. Nel 1966 e 1967 molti degli igbo uccisi negli scontri (gli igbo sono una delle etnie della Nigeria, ndr.) erano cristiani. La maggior parte degli altri cristiani non si oppose. E penso che il governo non abbia fatto abbastanza per fermare quel massacro. All’epoca si trattava però di un conflitto principalmente etnico. Oggi sono in gioco fattori religiosi, economici, politici, questioni di potere e anche fattori etnici.

La Nigeria al voto (Segni dei Tempi RSI La1)

In quanto mediatore per la pace che cosa fa lei oggi per migliorare la situazione?
Incoraggio i cristiani e i musulmani a lavorare insieme per una coesistenza più pacifica. Collaboro con alcuni imam. In diversi luoghi siamo effettivamente riusciti a creare una reale cooperazione. A luglio del 2017 abbiamo organizzato una delle più grandi manifestazione per la pace che abbiano mai avuto luogo nel paese e gli attacchi nel sud dello Stato di Kaduna sono diminuiti di parecchio. Purtroppo da gennaio gli attacchi contro i villaggi cristiani sono aumentati drasticamente.

Lo scorso 24 gennaio lei era a Davos, invitato a margine del WEF per parlare della persecuzione dei cristiani. Perché era così importante parlarne qui, in Svizzera?
Sono venuto a Davos per parlare della persecuzione dei cristiani, ma anche per affermare che la Nigeria costituisce una buona opportunità di investimento. Questo paese ha una popolazione di quasi 200 milioni di abitanti e molte risorse. Gli investimenti potrebbero creare opportunità di lavoro. Se avessero un lavoro, i giovani non si lascerebbero arruolare nelle bande che commettono gli attacchi, le violenze diminuirebbero e tornerebbe la sicurezza. Lavoriamo dunque insieme per promuovere la pace e gli affari prospereranno. (ProtestInfo; trad. it. G. M. Schmitt; adat. P. Tognina)

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