Religioni e conflitti ieri e oggi

Simposio sul ruolo delle religioni nei conflitti organizzato dall’Istituto svizzero di Roma e dall’Università di Berna

22 ottobre 2019

(Gaëlle Courtens) Guardare alla storia per capire il presente e trovare delle soluzioni per il futuro: questa l’ambizione che animerà il simposio dal titolo “Claiming History: ruolo del ragionamento storico nei conflitti religiosi” in agenda dal 23 al 25 ottobre presso l’Istituto svizzero di Roma (ISR).

Guerra e pace
Può lo studio della storia - antica, medievale, moderna e contemporanea - svelarci qualcosa sulle dinamiche tra religioni e conflitti? E quali strategie di risoluzione dei conflitti mettere in campo, quando ad alimentarli sono, appunto, le religioni?
L’Istituto svizzero di Roma, in collaborazione con il nuovo Dipartimento interfacoltà dell’Università di Berna che si occupa in chiave multidisciplinare esattamente di queste questioni, ha invitato una ventina tra teologi, storici, sociologi, giuristi e antropologi provenienti da tutto il mondo a confrontarsi sul ruolo dello studio della storia nei conflitti religiosi e nei processi di costruzione di pace.

Adrian Braendli

Obiettivi ambiziosi
Gli ideatori del simposio sono lo storico Adrian Braendli, responsabile dell’ISR per il programma scientifico, e la teologa e pastora evangelica Katharina Heyden, a capo del programma di ricerca dell’Università di Berna “Religious Conflicts and Coping Strategies”.

Insieme hanno messo a punto un programma assai articolato. Si parlerà di conflitti, violenza, eretici, teologie, fondamentalismi, minoranze e maggioranze, diritti e violazione di diritti, geopolitica, radicalizzazione. Abbiamo chiesto qualche anticipazione ad Adrian Braendli.

L'Istituto Svizzero di Roma

Perché indagare su questo tema in chiave storica? E perché farlo a Roma?
Ovviamente Roma come città è sempre stata un punto di partenza per la riflessione storica. Inoltre, non c’è dubbio che quando parliamo di religioni e conflitti, parliamo di un tema tra i più attuali. L’Istituto svizzero di Roma è una piattaforma ideale per avviare uno scambio multidisciplinare su queste tematiche tra la Svizzera e l’Italia, e non solo. Abbiamo affidato gli interventi chiave a Wendy Mayer dell’Australian Lutheran College di Adelaide (Australia) che aprirà i lavori, e a David Nirenberg, decano della Divinity School dell’Università di Chicago (USA), che terrà il discorso conclusivo della tre giorni.
Il programma del simposio partirà dai conflitti più recenti, come per esempio da quello nell’ex-Jugoslavia, per andare a ritroso nella storia e arrivare, appunto, all’Antichità.

Si parlerà anche del binomio religione-potere?
Ci muoviamo in un periodo storico in cui è andata acutizzandosi la contrapposizione tra varie religioni e tra Occidente e Oriente. Non di rado ne diventa corollario la compressione delle libertà individuali, penso in particolare alla libertà di religione e di coscienza. Poi, soprattutto in Europa, assistiamo alle reazioni dei movimenti populisti che - spesso coadiuvati dai media - veicolano una certa visione dell’islam.
Oltre alla radicalizzazione in ambito islamico, non bisogna dimenticare che anche in ambito cristiano sempre più spesso emergono movimenti fondamentalisti. Sarebbe interessare capire in che misura siano in realtà sempre esistiti, o se la nostra attenzione al fenomeno ci porti a focalizzarci di più su queste dinamiche. Il nostro compito di ricercatori è quello di studiare queste fattispecie con la dovuta equidistanza e, nel caso, elaborare strategie di prevenzione di eventuali conflitti. Proprio lo studio della storia può dirci molto a riguardo.

Anche in ambito cristiano emergono spesso movimenti fondamentalisti

Ci può dire qualcosa di più sul vostro approccio storico?
Vogliamo prendere sotto la lente in particolare tre aspetti. In primo luogo ci interessa capire in che misura la storia è stata utilizzata come legittimazione per lo sviluppo di una religione. Qui l’esempio classico è quello della chiesa cattolica che trae la sua legittimità dal fatto che storicamente può vantare un legame diretto con il suo fondatore. Poi guarderemo ad un altro filone: quello cioè della pubblica distruzione della memoria storica e del patrimonio culturale come legittimazione per costruire sulle macerie di quella vecchia una corrente religiosa nuova. Una dinamica che è sempre esistita e che recentemente è stata messa in campo dall’ISIS. E in ultima analisi ci chineremo sulle strategie di soluzione dei conflitti: in che misura la storia può aiutarci per trovare delle strade verso la riconciliazione?

Le sessioni della conferenza internazionale sono aperte al pubblico. L’appuntamento è a Roma, dal 23 al 25 ottobre, presso l’Istituto svizzero in via Ludovisi 48. Ingresso libero.

Le chiese e la Grande Guerra (Segni dei Tempi RSI)

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