Violenza maschile contro le donne

Combattere questo sopruso, da secoli radicato in diverse forme anche nelle strutture ecclesiastiche, si può

08 marzo 2019

(Gaëlle Courtens) Molestia sessuale, superamento dei limiti del consentito, abuso di potere - nelle chiese non sono una novità. La novità è che anche nelle chiese sta cadendo un tabù. Se ne sta parlando. Le donne denunciano.
Nel 2018 è nato il movimento #MeToo che ha permesso a tantissime donne di parlare delle violenze sessuali e degli abusi subiti da parte di uomini. Accanto a questo movimento, che grazie alla rete è diventato planetario, è nato anche #ChurchToo: perché succede “anche nelle chiese”. Questa voce non solo ha denunciato gli abusi da parte di uomini di chiesa, ma ha messo in questione le strutture a volte abusanti delle stesse chiese. E soprattutto ha messo in discussione quella teologia e quella predicazione che in passato hanno imposto il silenzio, l’umiliazione e la colpevolizzazione della vittima. In occasione della Giornata internazionale della donna dell’8 marzo ne abbiamo parlato con la pastora Letizia Tomassone, coordinatrice dei corsi di Studi femministi e di genere presso la Facoltà valdese di teologia di Roma e componente del Coordinamento teologhe italiane.

Letizia Tomassone

Letizia Tomassone, c'è stato bisogno dell'ondata del #MeToo perché si parlasse anche di #ChurchToo?
No, in realtà il Consiglio ecumenico delle chiese a livello mondiale ha coinvolto le sue chiese membro fin dagli anni novanta in ben due decenni di analisi sul fenomeno delle donne maltrattate e violentate nelle chiese, e sulla nefasta predicazione che invitava alla rassegnazione, al silenzio, alla passività. Oggi in questo campo esistono manuali per la pastorale scritti da donne. Le chiese hanno messo in atto dei percorsi di formazione pastorale che fanno della consapevolezza dell’abuso il primo passo. Un grande lavoro è già stato fatto, ma la violenza contro le donne anche nelle strutture ecclesiastiche non per questo è stato sconfitto. La novità rispetto al passato è che #ChurchToo ha portato il coinvolgimento della parte maschile.

Liberarsi dalle catene culturali in tema di uguaglianza tra generi è difficile, richiede costante attenzione e fatica, sia da parte delle donne, che degli uomini. In che misura le antichissime strutture patriarcali radicate nelle chiese condizionano la possibilità del movimento #ChurchToo a spuntarla veramente?
Condizionano tantissimo. Le strutture culturali cristiane - e nelle chiese protestanti ancora di più le strutture patriarcali della Scrittura - rappresentano un ostacolo.

"Religieuses abusées, l'autre scandale de l'Église"

In che senso?
Sia la parte di origine ebraica della Bibbia, sia quella dei Vangeli di origine cristiana, sono tutte e due molto patriarcali. Invitano le donne alla sottomissione, al silenzio e le chiudono di fatto nell'ambito domestico. Nell'Antico Testamento le uniche eccezioni sono tracce di donne autonome, come Debora o Miriam: donne presentate nella loro capacità anche gioiosa di essere liberatrici e guide per il popolo, delle profetesse, insomma. Per quanto riguarda il Nuovo Testamento dobbiamo affermare che Gesù non ha un atteggiamento né patriarcale, né androcentrico. Si lascia mettere in questione e cambia anche i modi di agire quando viene interpellato dalle donne che incontra. È un modello molto interessante, ma che è emerso alla consapevolezza nelle chiese protestanti solo dopo le esegesi femministe dei testi. Mentre nel mondo cattolico è un po' diverso perché ci sono state, soprattutto nel Medioevo, tante figure autorevoli di donne: le badesse, le sante, le predicatrici medioevali. Le storiche hanno quindi potuto mettere in evidenza una libertà femminile che è esistita, ma a cui non si dava tutta quella importanza. Ma oggi la si sta rivalutando.

Torniamo ai testi. Inutile nasconderci che ci sono racconti biblici, che per secoli hanno fortemente influenzato l’immaginario collettivo, in cui il corpo della donna è umiliato, vilipeso, violentato.
Il cuore del messaggio, anche nell'Antico Testamento, è la misericordia di Dio e la pari dignità di tutte le creature di fronte a Dio. Ma è indubbio che ci sono racconti in cui le donne sono trattate come oggetto, le schiave sono al servizio dei loro padroni, anche sessualmente, per generare dei figli, magari in una gerarchia anche femminile... è l'episodio di Agar e Sara nella Genesi. È uno dei cosiddetti testi del terrore, perché narra dello stupro ai danni della schiava Agar, voluto e organizzato da Sara, moglie di Abramo, e che non riesce dare un figlio al patriarca ormai vecchio. Nel mondo mediorientale, secondo le leggi dell'epoca, se la schiava partoriva sulle gambe della padrona, il figlio era della padrona. E così nacque Ismaele. Quindi, non solo Agar è stata violentata, ma le è stato anche tolto il figlio. Sara, poi, resta incinta e ripudia Ismaele. Una storia terribile. Dall'altra parte, però, è anche un racconto in cui Agar, mandata in esilio nel deserto con il figlio Ismaele, incontra Dio, e lo incontra ben due volte: c'è una promessa che le è data, a lei e a suo figlio, anche a prescindere dal legame con il padrone-patriarca.

Sarah e Agar, di Matthias Stomer

Ci sono anche altre storie bibliche, penso alla storia di Dina nell’Antico Testamento, o quella dell’adultera, in Giovanni 8, in cui Gesù riesce a mandare via coloro che l'accusano e la vogliono lapidare. Anche in questo caso c'è un Dio che si muove in favore di una donna minacciata.
Ecco, la teologia femminista vuole fare i conti con questi testi difficili, oscuri, in cui non riconosciamo la presenza di Dio e prova a trovare dove sta la promessa di Dio per le donne. In che modo Dio agisce in favore delle donne?

Tornando a #ChurchToo, che cosa si fa per contrastarlo?
Le due parole chiave, direi, sono consapevolezza e ascolto. Il primo passo è quello di rendersene conto e rendere le chiese consapevoli. Un altro passo è quello di predicare nelle chiese dicendo che la violenza sessuale, le aggressioni, l'uso del corpo femminile come un oggetto è un peccato, è peccato davanti a Dio, è una violenza che si fa all'immagine divina che è nella donna, ma anche nell'uomo naturalmente. Un altro passo, pratico, è quello di permettere alle donne di denunciare. E poi, accompagnare i coinvolti in un percorso di riparazione e riconciliazione, per permettere alle vittime di fare i conti con questa ferita. Non senza dimenticare di offrire un cammino anche agli abusanti: un percorso di ripensamento del proprio rapporto con le persone che sono state abusate e quindi un percorso di giustizia riparativa.

Per approfondire segnaliamo il volume a cura di Letizia Tomassone Figlie di Agar - Alle origini del monoteismo due madri, uscito per Effattà editrice nella collana Sui generis.

Le chiese evangeliche fanno rete contro gli abusi (Telegiornale RSI)

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