Anne Soupa consola i cattolici

La biblista e scrittrice francese, cofondatrice del "Comité de la jupe", ritiene che anche se nella Chiesa cattolica tutto va a rotoli, la consolazione è possibile

23 marzo 2019

(Grégory Roth) Nel suo ultimo libro, “Consoler les catholiques”, uscito il mese scorso per la Edition Salvator, a Parigi, Anne Soupa si mostra fiduciosa. In una chiesa scossa dagli scandali e profondamente in crisi, i cattolici possono vivere questa “traversata del deserto” con fiducia.
Anne Soupa è, insieme con Christine Pedotti, cofondatrice della “Conférence catholique des baptisé-e-s francophones”, l’associazione delle cattoliche e dei cattolici battezzati dell’area linguistica francese, e del “Comité de la jupe” francese. In un articolo apparso sul quotidiano francese “Le Monde” le due donne hanno chiesto recentemente la revoca della canonizzazione di papa Giovanni Paolo II.

L'autre scandale de l'Église (ARTE)

Lei vuole consolare i cattolici. Ne hanno bisogno nel 2019?
Nessuno può restare indifferente dinanzi a tutti gli scandali e le molestie sessuali che sono venuti alla luce negli ultimi mesi. È cominciato ad agosto del 2018 con i rapporti sui preti pedofili negli Stati Uniti. Hanno quindi fatto seguito quelli concernenti molti altri paesi. Con il suo libro “Sodoma”, Frédéric Martel ha richiamato l’attenzione sull’esistenza di una vera e propria comunità omosessuale all’interno del clero. E più di recente c’è stato inoltre lo scandalo dei preti che abusavano delle suore. Tutte queste rivelazioni minano la fiducia dei cattolici nella loro istituzione. Ed è molto grave quando la fiducia viene infranta. Ma anche quando tutto va a rotoli la consolazione è possibile.

Che cosa intende con il termine “consolazione”?
Nella Bibbia la consolazione giunge in periodi di difficoltà. Non si tratta di abbracciarsi e di coccolarsi a vicenda. La consolazione è un atto di benevolenza che ci permette di far fronte alla sventura. Nella Bibbia sono spesso parole dure quelle pronunciate dai profeti. Essi denunciano con veemenza ciò che non va. Per esempio se i re perseguono una cattiva politica o se il popolo si è allontanato da Dio. Ma assicurano anche che Dio non abbandonerà la sua gente. Dio resta fedele in tutte le circostanze.

Lei propone una consolazione graduale: qual è la cosa più urgente?
Dobbiamo guardare in faccia la realtà della nostra chiesa: la sofferenza dei sacerdoti è evidente. Dobbiamo prestare attenzione alla loro situazione. Essi hanno una grande responsabilità. Riconosciamo che il voto di castità che hanno fatto è in molti casi troppo difficile da rispettare. La sofferenza è ancora maggiore quando il sacerdote è omosessuale. Deve predicare ciò che dice il catechismo e cioè che l’omosessualità conduce ad atti disordinati in relazione alla procreazione. Allo stesso tempo deve accettare se stesso e la propria omosessualità. Il clericalismo è abuso di potere. Se padre Marie-Dominique Philippe è riuscito a compiere abusi su suore presentandosi come umile “strumento del piccolo Gesù” è stato perché questo sistema di abnegazione è diventato un paradiso per malfattori.

Abus sexuels dans l'Église

È corretto dire che il suo approccio mira a declericalizzare la Chiesa cattolica?
La declericalizzazione è il compito prioritario della chiesa. Perché se il clericalismo impedisce la proclamazione del Vangelo bisogna fare qualcosa. Il primo passo è rendere i credenti consapevoli della loro responsabilità nell’annuncio del Vangelo. Ciò avviene in tre modi. In primo luogo non volendo semplicemente fare il contrario dell’istituzione. In secondo luogo mostrando di avere iniziativa. Ci sono molte cose da fare, per esempio benedire. E infine non perdendo mai di vista il Vangelo.

Da biblista lei pone spesso l’enfasi sul Vangelo. Non teme di disorientare il lettore mettendo in contrapposizione Chiesa e Vangelo?
Da vent’anni sopravvivo proprio grazie a questa distinzione tra Vangelo e chiesa. Ma vorrei sottolineare che non si tratta di una contraddizione. Il Vangelo continua a nutrirmi anche se la Chiesa cattolica è in difficoltà. E questo non è mai un motivo per lasciare la chiesa. Dobbiamo restare nella chiesa, perché adesso siamo tutti necessari. E dobbiamo distinguere tra la chiesa in quanto istituzione e la chiesa come corpo mistico, che unisce Cristo, i credenti e tutti i santi.

Un murales, a Lisbona

Come vede il futuro di questa chiesa costituita da cattolici consolati?
La vedo come una chiesa che pone nuovamente al centro il Vangelo e che moltiplica le opportunità di metterlo in pratica. La chiesa potrebbe non essere più un edificio solido, ma avere in sé qualcosa di nomade. E sarà una chiesa in rete, che moltiplica gli eventi nei gruppi biblici, le attività di incontro, le occasioni di ritiro, i momenti di riflessione. (da kath.ch; trad. it. G. M. Schmitt; adat. P. Tognina)

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