Fra talebani e Stato islamico la rottura è totale

Talebani e Daesh hanno teologie e visioni politiche incompatibili

28 agosto 2021  |  Anne-Sylvie Sprenger

Talebani a Herat, 2001 (foto Wikipedia)

Dei talebani conosciamo la visione rigorista e i la ferocia. Ma che cosa sappiamo di loro sul piano teologico e delle loro peculiarità rispetto agli altri movimenti dell’islam radicale? Facciamo il punto su questo movimento, sulle sue differenze dottrinali con Al Qaeda ma soprattutto sulle divergenze profonde con lo Stato islamico, a colloquio con Gabriel Romanche, analista geopolitico al ministero dell’interno francese ed esperto dell’area afgano-pakistana e redattore di “Les clés du Moyen-Orient”.

A quale ramo dell’islam appartengono i talebani e qual è in breve la loro storia?

Formalmente i talebani sono un gruppo radicale sunnita che segue la scuola giuridica hanafita. Il corpus ideologico e dottrinale evocato dai talebani come fondamento religioso della loro azione è ancorato nell’insegnamento delle madrase (scuole coraniche) deobandi (il nome deriva dall’università rigidamente ortodossa di Deoband, una città nello Stato federato dell’India settentrionale dell’Uttar Pradesh, ndr.). Fondato nel 18. secolo sulla base della giurisprudenza hanafita, il deobandismo assume una forte dimensione politica di lotta anticoloniale nel contesto dell’impero indiano britannico. Ciò è all’origine in particolare di una certa ostilità nei confronti di una modernità percepita come occidentale e imposta. Ciò premesso, è importante ricordare che la pratica religiosa dei talebani è contrassegnata dal radicamento etnico del movimento nel sud pashtun dell’Afghanistan e dalle peculiarità locali ad esso connesse. Le norme religiose derivanti dalla giurisprudenza hanafita vi si intrecciano profondamente con valori e regole consuetudinarie derivanti da un codice noto come pashtunwali.

I talebani sono innanzitutto un gruppo integralista e reazionario come è possibile vederne anche in altre religioni.

 — Gabriel Romanche

Quali sono le caratteristiche teologiche di questo ramo dell’islam e come si traducono nella realtà?

Ciò che fa davvero la differenza è prima di tutto l’applicazione di norme giuridiche giustificate da principi religiosi. In questa prospettiva, i talebani sono innanzitutto un gruppo integralista e reazionario come è possibile vederne anche in altre religioni. È questo stesso posizionamento reazionario che ha portato alle prime rivolte islamiste nel 1975 di fronte alle velleità di riforme del governo comunista, dieci anni prima della comparsa dei talebani. Vi si trovano l’ostilità nei confronti della modernità (educazione, media e stili di vita), l’adesione rigorosa alla scuola hanafita e al taqlid (imitazione delle pratiche ancestrali), legami con il sufismo e con pratiche tradizionali come il culto dei santi (pir). Malgrado le influenze ideologiche dei combattenti arabi, in particolare di Al Qaeda, le pratiche politiche e religiose del movimento non hanno mai smesso di riflettere questo particolarismo locale. L’uniformazione ideologica verso un salafismo jihadista d’influenza wahhabita è rimasta molto marginale a livello di movimento. Concretamente ciò vuol dire che i talebani non inventano né importano che poche norme in Afghanistan. Ciò che vogliono è ritrovare il modo di vivere precedente all’influenza occidentale.

Che cosa si sa della teologia dei talebani? E in quale misura i talebani vi sono rimasti fedeli o se ne sono allontanati?

Originariamente i talebani sono prima di tutto ideologi e giuristi. Su questo piano dottrinale il movimento non è cambiato o è cambiato molto poco. Sono rimasti su una linea molto ferma dal 1996 e non sembrano avere intenzione di deviare da essa nella sostanza. È proprio questo che tanto preoccupa per il futuro dell’Afghanistan. Il movimento si è invece evoluto sul piano politico e ha saputo dar prova di una grande capacità di adattamento. Se il contenuto giuridico e dottrinale ancorato in una base religiosa non è quindi cambiato, la sua applicazione pratica potrebbe senz’altro essere resa più flessibile su alcuni punti per soddisfare le esigenze dei partner internazionali dei talebani. È altresì possibile che l’applicazione di queste norme sia differente a seconda delle regioni del paese. Le regioni pashtun rurali del sud e dell’est sono già attualmente molto più vicine al modo di vivere auspicato dai talebani rispetto alle popolazioni urbane. Tutto dipenderà in ultima analisi dalla priorità accordata dal nuovo governo tra la rigorosa applicazione di un’ideologia o la pratica del compromesso per garantire la governabilità e il riconoscimento internazionale.

Il movimento talebano si è evoluto sul piano politico e ha saputo dar prova di una grande capacità di adattamento.

 — Gabriel Romanche

Quale ruolo ha la religione nella loro lotta?

Il movimento rivendica soprattutto una lotta nazionalista. La dimensione religiosa preponderante nelle loro parole deriva dal posto centrale dell’islam sunnita nell’identità pashtun. Quando il movimento è stato creato dal mullah Omar all’inizio degli anni Novanta e ha conquistato l’Afghanistan tra il 1994 e il 1998, si è basato su argomenti di purificazione e di ritorno dell’ordine in un paese lacerato dalla guerra civile e dalle lotte egocentriche dei signori della guerra. Direi quindi che i talebani sono un movimento prima di tutto politico, che fonda il suo ordinamento politico su principi religiosi.

I talebani praticano un islam fondamentalista, diverso da quello proclamato dallo Stato islamico. Che cosa li differenzia?

I talebani e lo Stato islamico sono in contrasto su diversi punti dottrinali a livello religioso, ma anche e soprattutto a livello politico. Il corpus ideologico dello Stato islamico scaturisce dalla scuola giuridica hanbalita (di Ibn Hanbal, 9. secolo) e deriva dalle idee di Ibn Taymiyya (14. secolo) e di Muhammad Ibn Abd al Wahhab (18. secolo). Questi tre pensatori hanno prodotto una lettura antropologicamente araba dell’islam incentrata sulla volontà di replicare i comportamenti e il modo di vivere dei “pii predecessori” (salaf as-salih) e sul rifiuto di tutte le pratiche sincretistiche dell’islam, come il culto dei santi o elementi del sufismo. L’aspetto centrale della prassi del takfir che permette all’IS di dichiarare apostata qualunque musulmano si opponga al suo dominio o alla sua lettura dell’islam comporta anche pratiche di violenza sistematica contro le minoranze religiose, in particolare sciite.

I talebani e lo Stato islamico sono in contrasto su diversi punti dottrinali a livello religioso, ma anche e soprattutto a livello politico.

 — Gabriel Romanche

La principale pietra d’inciampo è costituita tuttavia dal progetto politico e dalla sua applicazione. Mentre i talebani hanno un autentico progetto politico per l’Afghanistan che tendono ad anteporre alla rigorosa imposizione di norme morali e religiose, lo Stato islamico in Afghanistan si è interessato ben poco alle nozioni di governabilità, accontentandosi di applicare senza compromessi le sue prescrizioni ideologiche, senza compiere alcuno sforzo di adattamento al contesto locale. Ciò spiega d’altronde in parte il fallimento dell’insediamento dell’IS nelle aree pashtun del paese.

La virtù dei membri di Daesh è spesso stata compromessa (interesse per il denaro, le donne, la droga). È così anche per i talebani?

Le basi sociologiche del reclutamento dei combattenti dello Stato islamico e dei talebani non sono le stesse. I comportamenti che ha riferito sono stati ampiamente riscontrati tra coloro che sono stati chiamati muhajir, gli stranieri venuti a combattere nelle file dell’IS nel Levante. Parte di questi reclutamenti sono avvenuti su basi ideologiche alquanto deboli e piuttosto per l’attrattiva esercitata dall’avventura, dalla violenza e dalla possibilità di legittimare queste azioni nel contesto giuridico-morale offerto dal jihad. La propaganda dell’IS si basa più su una valutazione romantica della vita del combattente e sulla dimensione globale ed esclusiva del jihad sostenuta dall’organizzazione. Colpisce in particolare i giovani istruiti di città a basso capitale sociale, alle prese con difficoltà economiche e sociali importanti e alla ricerca di un senso. I talebani si radicano invece in una lotta locale, nazionale, incentrata sulla difesa di valori considerati già presenti in larga parte della popolazione afgana. È una lotta di resistenza che si avvale di popolazioni che combattono là dove vivono per la difesa di un modo di vivere che subisce un’influenza esterna. Non siamo quindi in presenza degli stessi schemi personali e psicologici e il genere di derive che lei descrive è nettamente meno presente, se non assente, nelle file dei talebani. Penso che il rigore nel rispetto personale delle regole morali che impongono sia ben più forte, soprattutto perché il quadro morale è culturalmente coerente per gran parte di loro.

E che dire dell’accostamento fra talebani e Al Qaeda: è giusto assimilarli o affrontano anch’essi divergenze teologiche o altro?

Al Qaeda è nato in Afghanistan a seguito dell’insurrezione antisovietica nelle file dei volontari giunti a combattere a fianco degli afgani. I legami fra i talebani e il gruppo terroristico sono dunque di lunga data e intimi, anche sul piano individuale e personale tra i dirigenti. Più che un accostamento è un legame strutturale che esiste sin dall’origine dei due movimenti. Sebbene la direzione centrale di Al Qaeda aderisca alquanto ampiamente a un islam jihadista salafita con una forte influenza wahhabita, il gruppo ha sempre dato prova di flessibilità, non imponendo ai suoi partner la rinuncia alla loro scuola giuridica tradizionale e a tutte le pratiche sincretistiche. Ci sono quindi differenze a livello dottrinale, ma non rappresentano un ostacolo alle relazioni tra i due gruppi. Al contrario, il capo di Al Qaeda Ayman al Zawahiri rinnova regolarmente la sua fedeltà all’Emiro dei talebani attribuendogli il titolo di comandante dei credenti, quindi potenziale futuro califfo e guida religiosa.

Al Qaeda è nato in Afghanistan a seguito dell’insurrezione antisovietica nelle file dei volontari giunti a combattere a fianco degli afgani.

 — Gabriel Romanche

Queste diverse visioni di un islam radicale sono però compatibili? Una fusione tra queste correnti è possibile?

Il conflitto aperto tra i talebani e lo Stato islamico si inserisce nella continuità della lotta tra Al Qaeda e l’IS in tutto il mondo. Dopo lo scontro iniziale in Levante tra i combattenti di Daesh e quelli del Fronte al-Nusra alla fine del 2013, la rottura tra le due organizzazioni è totale e oggi si fanno una concorrenza spietata. I loro progetti politici sono simili, ma i mezzi individuati da ciascuno per realizzarli sono incompatibili. La vittoria dei talebani segna una data importante per il “modello Al Qaeda” nel mondo, dal Sahel e dall’Africa centrale al sud-est asiatico passando per il Medio Oriente. Tuttavia la lotta prosegue e il Wilaya Khorasan, il ramo locale dell’IS, ha già colpito direttamente i talebani vittoriosi, in particolare nella città di Kunduz.

Qual è il margine di manovra dell’islam mondiale di fronte a queste correnti estremiste?

Parlare di islam mondiale mi sembra complicato alla luce della pluralità di correnti e di scuole religiose che compongono la diversità e la ricchezza dell’islam nel mondo. Sono d’altronde questa ricchezza e questa diversità che a mio avviso sarebbe bene evidenziare per contrastare una visione uniformante e riduttiva di questa religione. I primi fattori di radicalizzazione dei giovani musulmani nel mondo sono l’assenza di prospettive socioeconomiche e la mancanza di educazione di questi giovani nella loro religione. L’uniformazione dell’islam in un modello antropologicamente incentrato sul mondo arabo e a volte difficilmente compatibile con i contesti locali tende a rafforzare le dialettiche di scontro e di conflitto tra civiltà che irrigano la propaganda di questi gruppi radicali. (da ProtestInfo; trad. it. G. M. Schmitt; adat. P. Tognina)

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