Il sinodo e la pandemia retrospettiva e futuro

A Bellinzona il sinodo della Chiesa riformata riflette sul Covid

30 maggio 2021  |  Paolo Tognina

Sinodo riformato a Bellinzona (foto Claudia Giopelli)

Quale impatto ha avuto la pandemia sulla vita e l'attività della società in generale e della Chiesa riformata nel Ticino CERT in particolare, dal punto di vista storico, delle istituzioni e della cura pastorale? Il Sinodo della CERT, riunito a Bellinzona, ha cercato delle risposte a queste domande con l'aiuto dello storico Rodolfo Huber, membro del Consiglio sinodale CERT, della collaboratrice scientifica del Dipartimento ticinese delle istituzioni Michela Trisconi, del pastore valdese ed esperto di pastorale Sergio Manna, e del pastore riformato di Bellinzona Stefano D'Archino.

Lo storico Rodolfo Huber (foto P. Tognina)

Tra storia e presente

"Una riflessione storica e non una storia delle epidemie", è ciò che ha proposto Rodolfo Huber, orientandosi alle esperienze delle epidemie di peste che hanno colpito l'Europa a partire dal 14. secolo, all'epidemia di colera che imperversò in Ticino nell'Ottocento e all'attuale pandemia mondiale di Covid.
Che cosa accomuna le pandemie del passato e quella attuale? Tutte hanno risvegliato paure, ha affermato Huber, le incertezze e i dubbi degli esperti hanno creato panico e gettato discredito su queste categorie, una parte della popolazione è rimasta isolata, gli incontri personali sono stati limitati, i rapporti famigliari sono stati sottoposti a strappi dolorosi.
Altro tratto comune, la ricerca di capri espiatori - gli ebrei nel passato, i cinesi oggi -, la diffusione di teorie del complotto, e un azionismo in parte autoreferenziale da parte delle autorità.

La crisi epidemica rinforza tendenze già in atto e il cambiamento avviene in modo fluido, che sarà evidente solo a distanza di tempo.

 — Rodolfo Huber

Tra le differenze profonde che distinguono le epidemie del passato da quella attuale, c'è sicuramente - ha proseguito Huber - il diverso ruolo delle chiese nel dare un'interpretazione dei fatti. Mentre in passato la chiesa aveva una sorta di monopolio interpretativo  - sebbene non mancassero le critiche, rivolte a quegli esponenti ecclesiastici che badavano più alla propria incolumità che al bene comune -, oggi è lo stato ad assumere una funzione di primo piano, senza dimenticare tuttavia il forte impegno delle chiese nel campo della cura pastorale.

Michela Trisconi, collaboratrice scientifica Dip. Istituzioni TI (foto P. Tognina)

La gestione della pandemia

La storica e collaboratrice scientifica dell'autorità cantonale ticinese, Michela Trisconi, è stata, durante tutto il periodo della pandemia, il tramite tra l'autorità politica e gli esponenti ecclesiastici. Il suo ruolo è consistito nell'orientare le comunità religiose sull'interpretazione delle norme anti-Covid.
"Tra le mie prime preoccupazioni", ha affermato Trisconi, "c'è stata quella relativa alla gestione delle salme e dei lutti, quando ad esempio si è imposta la necessità della cremazione di morti per Covid e la limitazione dei partecipanti alle cerimonie funebri a sole cinque persone".

Le comunità di fede reagiscono in modi diversi, a seconda delle proprie abitudini e convinzioni, alle restrizioni imposte dalle autorità.

 — Michela Trisconi

"È stato necessario tenere conto ad esempio delle festività e delle relative consuetudini -, ha aggiunto Trisconi - come il Natale, il Ramadan e altri momenti particolari, e mediare con le autorità religiose per trovare delle soluzioni, nel rispetto delle norme sanitarie di volta in volta decise da Berna e da Bellinzona".
Michela Trisconi ha tenuto a ribadire di avere orientato la propria attività al principio del rispetto della libertà religiosa e di culto, e ha lamentato, a questo proposito, una certa tendenza delle autorità federali a non tenere sufficientemente conto delle comunità di fede quando si è trattato di emettere le norme anti-Covid.
In conclusione, la collaboratrice scientifica ha ipotizzato la necessità di mappare nuovamente la realtà religiosa ticinese (attualizzando i dati raccolti una prima volta nel 2004) per ottenere un quadro aggiornato della presenza delle comunità sul territorio. "Ciò potrà essere utile nell'eventualità, che ci auguriamo remota, del ripetersi di una situazione come quella che abbiamo appena vissuto".

Il pastore Sergio Manna, intervenuto via Zoom (foto P. Tognina)

Le chiese e il Covid

Gli ultimi due interventi, durante il sinodo della CERT, sono stati presentati dai pastori Sergio Manna e Stefano D'Archino. Il primo ha evocato le difficoltà riscontrate dalle chiese nella celebrazione dei sacramenti - in particolare dell'eucaristia -, la positiva reazione delle chiese nel trovare alternative telematiche per sopperire alla difficoltà di incontrarsi di persona, l'impegno delle chiese nel campo della cura pastorale - stimolata a trovare soluzioni alternative per mantenere i contatti con i propri membri - e la riflessione offerta dalle chiese di fronte alla pandemia. Da questo punto di vista, Manna ha ricordato, tra gli altri, il documento pubblicato dalla Comunione delle chiese protestanti in Europa CCPE, "Essere chiesa insieme durante una pandemia" (non disponibile in italiano).

Il pastore Stefano D'Archino (foto P. Tognina)

Il pastore Stefano D'Archino ha passato in rassegna alcune reazioni espresse da diversi ambienti cristiani nei confronti della pandemia. "C'è chi ha voluto vedere nel Covid una sorta di punizione divina", ha affermato, "una condanna legata a peccati di cui l'umanità si sarebbe macchiata", e "non sono mancati quelli che hanno visto nella pandemia un segno della fine dei tempi". Il pastore ha inoltre ricordato che anche tra i cristiani sono circolate teorie del complotto.
Ma le reazioni non si sono esaurite in queste espressioni negative, ha detto D'Archino, il quale ha sottolineato gli sforzi profusi da chiese ed enti cristiani per aiutare, in vario modo, chi è stato colpito dalla pandemia, ma anche per mantenere vivi i contatti tra le persone.

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