Londra. Swiss Church pastora in lockdown

La pastora Carla Maurer: “Sono diventata un’eremita”

06 febbraio 2021  |  Antonia Moser

Carla Maurer (foto di Etta Mettler)

La Gran Bretagna sta vivendo un altro rigido lockdown. La pastora della Swiss Church di Londra, Carla Maurer, si è ormai abituata all’isolamento. Tuttavia, soprattutto per i giovani, essere soli tutto il tempo rappresenta una sfida, afferma Maurer, intervistata.

Carla Maurer, la Gran Bretagna si ritrova ancora una volta in lockdown. Com’è la situazione al momento?
È il nostro terzo lockdown da marzo dello scorso anno. È permesso uscire per fare un po’ di movimento, ma non si può lasciare il quartiere. E se si esce ci si può incontrare soltanto con una persona appartenente a un’altra economia domestica. All’interno, invece, non è consentito alcun incontro. Anche le scuole sono chiuse, con l’eccezione degli asili nido. Nel complesso trovo che questa volta l’attenzione alla salute mentale sia più accentuata. Le persone sole possono per esempio formare una cosiddetta support-bubble con un’altra economia domestica. In altre parole possono incontrarsi con un’altra economia domestica in una casa e persino pernottarvi.

Come stanno le persone con cui è in contatto attraverso la sua chiesa?
La Chiesa costituisce da anni una rete di supporto. Molti membri della chiesa sono amici e si sostengono reciprocamente. Sono soprattutto le persone anziane a dirmi che riescono ad affrontare relativamente bene la solitudine. A soffrire sono piuttosto i giovani arrivati da poco.

Perché proprio loro?
Si sono trasferiti qui per lavoro, per amore o per motivi di studio. Adesso stanno seduti in casa anziché in mensa o al pub con i colleghi. Non possono intraprendere nulla, non possono conoscere persone nuove. Inoltre hanno spesso poche sicurezze economiche. Hanno paura di perdere il lavoro. Sono tormentati da angosce esistenziali. Perciò adesso sono più spesso in contatto proprio con i giovani.

Swiss Church di Londra, membri di chiesa (foto di Katie Waggett)

E lei, come vive questa situazione?
Ho vissuto i tre lockdown in maniera molto diversa. Il primo è stato uno shock. Mettevo tutto in discussione: che cos’è la vita quando così tanto di ciò che ci è familiare viene a mancare? Il secondo lockdown prima di Natale è stato il più duro per me. Prima era divenuto di nuovo possibile andare al pub con gli amici, poi improvvisamente non lo è stato più di nuovo. Adesso il terzo lockdown è per me il migliore.

Perché?
Sono diventata una sorta di eremita, è questa la nuova normalità. Ovviamente certe cose mi mancano - invitare gente, recarmi in Svizzera, andare a teatro. Ma mi ci sono abituata. Inoltre viviamo in una parte della città con uno dei più elevati tassi di contagio di tutto il paese e l’ospedale è alquanto affollato. Se sai che nel tuo ospedale non ci sarà forse posto per te non è più così difficile restarsene chiusi in casa.

Come si svolge la vostra vita comunitaria?
Durante il primo lockdown non potevamo celebrare alcun culto. Adesso sarebbe possibile, ma abbiamo deciso di continuare a non celebrarne. Soltanto a settembre e ottobre abbiamo tenuto due culti. I membri della nostra comunità non vivono nelle vicinanze della chiesa, devono prendere l’autobus per raggiungerla. Preferiscono non esporsi al rischio. Perciò facciamo tutto online. Da marzo faccio registrazioni audio di culti che poi metto a disposizione per l’ascolto. Alcuni li spedisco a casa in versione cartacea. Poi una volta alla settimana ci incontriamo su Zoom per un caffè virtuale. E faccio molte telefonate.

Swiss Church di Londra, interno della chiesa

La pandemia ha conseguenze economiche per la Swiss Church?
Siamo strutturalmente e finanziariamente indipendenti. In Inghilterra non c’è l’imposta ecclesiastica e dobbiamo racimolare da soli ogni centesimo. Circa il 60% delle nostre entrate proviene dall’affitto dei locali della chiesa; ci sono stati corsi di danza, sfilate di moda e anche altre chiese li hanno presi in affitto. Quasi tutto questo è venuto a mancare e perciò abbiamo notevoli perdite di reddito. Ma il nostro obiettivo era di non dover licenziare nessuno. Quindi abbiamo risparmiato e sviluppato la raccolta fondi. Molte parrocchie e Chiese cantonali ci sostengono regolarmente o sostengono singoli progetti. Tutto sommato i conti siamo riusciti a farli quadrare nell’ultimo anno.

È ottimista anche per l’anno appena iniziato?
All’inizio dell’anno c’è sempre molta suspense. A volte penso: “Come faremo? La disponibilità finanziaria diminuirà anche a causa della pandemia”. Tuttavia ce l’abbiamo sempre fatta e ce la faremo anche quest’anno. Si spera che entro un paio di mesi le cose andranno meglio. Inoltre nella nostra comunità alcune persone sono già state vaccinate e ciò rafforza la speranza che presto la vita ritroverà un certo livello di normalità. (ref.ch; trad. it. G. M. Schmitt; adat. P. Tognina)

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