Con i complottisti non si scherza

Sono aumentate in questo periodo di pandemia le narrazioni cospirazioniste

23 febbraio 2021  |  Gaëlle Courtens

Tra il 10 e l'11% della popolazione svizzera crede a qualcuna delle teorie del complotto attualmente in circolazione. Ad azzardare questa cifra, basandosi su ricerche effettuate in Germania, è l'esperto di sette e religioni Georg Otto Schmid, direttore del centro di documentazione “Relinfo”. Circa 200'000 sarebbero invece le persone che in Svizzera seguono la teoria della cospirazione filotrumpiana QAnon, nata nel 2016 su piattaforme digitali dell’estrema destra e cresciuta vertiginosamente con l’arrivo della pandemia. Al centro la battaglia contro il cosiddetto “Deep State”, lo Stato profondo: una rete globale di pedofili adoratori di Satana composta da politici democratici, finanzieri ebrei e star di Hollywood. Questa “élite sotterranea” rapirebbe dei bambini per ottenere dal loro sangue il cosiddetto “adrenocromo”, un ormone che manterrebbe giovani. Quella che sembra una teoria del complotto ipertecnologica, non è che una riproposizione di vecchie accuse antisemite. Nel caso del cosiddetto adrenocromo siamo di fronte ad un mito antisemita risalente all’XI secolo, più volte ripreso nel corso della storia, secondo il quale gli ebrei berrebbero il sangue dei bambini cristiani. “Ma da quando Donald Trump è uscito di scena senza aver dato seguito nemmeno ad una delle aspettative che i seguaci di questa teoria avevano riposto in lui, il movimento, almeno in Svizzera, sta già ridimensionandosi”, spiega Schmid a Voce Evangelica.

La denigrazione del diverso è una costante delle narrazioni cospirazioniste che fanno ampio ricorso alla retorica antisemita. “Senz’altro quelle a sfondo antisemita sono tra le più comuni” - ricorda Schmid.
Il rapporto annuale contro il razzismo e l'antisemitismo della Federazione svizzera delle comunità israelite e della Fondazione
contro il razzismo e l'antisemitismo, pubblicato oggi, lo conferma: anche in Svizzera la pandemia ha contribuito a far aumentare le teorie complottiste di matrice antisemita.
Ma come riconoscerle? E come aiutare chi è caduto nelle reti tentacolari di queste narrazioni potenzialmente molto pericolose? Georg Schmid ci fornisce qualche indicazione.

Per cominciare, quali sono le tipologie di teorie del complotto più diffuse?
Molto seguite sono le teorie “globali”, quelle per cui dietro alle nostre società moderne ci sarebbe un piccolo gruppo di persone che ci controllerebbe e che a nostra insaputa dirigerebbe le sorti del mondo. I componenti di questa “congiura planetaria” possono variare: massoni, illuminati, rettiliani, o ancora esponenti dell’ebraismo mondiale. In quest’ultimo caso le teorie si tingono di antisemitismo, indicando a volte persone realmente esistenti. I “congiurati” controllerebbero anche i mass media e diffonderebbero fake-news. Chi crede nelle teorie del complotto ritiene perciò che il terrorismo, così come il cambiamento climatico, o il Covid-19, sarebbero fenomeni inventati da chi vuole governare il mondo. Questo tipo di rappresentazioni è piuttosto diffuso anche in Svizzera.

Le persone che credono in queste narrazioni hanno una qualche forma di organizzazione, o parliamo di un fenomeno disomogeneo?
Non siamo di fronte ad un’organizzazione rigida, ma si può parlare di vera e propria rete che si muove soprattutto su internet attraverso forum di discussione tra cospirazionisti. Da questi vari contenitori si può raccogliere quel che più piace o intriga: non esiste un dispositivo canonico con dogmi irremovibili che ci dice a quale delle teorie credere o non credere. Piuttosto, i singoli cospirazionisti possono crearsi in autonomia il puzzle che più li convince. Ed è questo che vediamo nella prassi: non esistono due cospirazionisti che credono esattamente la stessa cosa. Ma da quel grande pozzo di proposte ognuno può attingere la credenza che meglio si adatta alla propria esperienza e visione del mondo. Quel che rende tutto questo “affascinante” è che vi si può partecipare attivamente: si possono guardare e condividere dei video, linkare dei contenuti, gestire un proprio blog. In altre parole, si partecipa alla creazione di queste narrazioni, e questo conferisce il sentimento di essere parte della spiegazione, del perché le cose stanno come stanno. Si diventa parte di una élite che crede di aver capito cosa si muove dietro le quinte. Sentirsi parte di una tale “élite” per molte persone è affascinante.

Esiste un aspetto religioso o spirituale delle teorie del complotto?
Le teorie del complotto hanno spesso una funzione sostitutiva della religione. Esistono dei parallelismi molto evidenti: la partecipazione diretta, la possibilità di sviluppare una propria spiritualità e di essere spiritualmente attivi. L’appartenenza ad una comunità è costitutiva anche delle religioni. Un’altra funzione tipica della religione è che riduce la complessità. A questo si aggiunge anche il tema della speranza nell'avvento di un mondo migliore, e anche qui siamo in una narrazione di ordine religioso. Si guarda a quello che può essere un mondo ideale, un paradiso, tutte cose che anche le teorie del complotto sono in grado di offrire: se tutto il male è riconducibile a quell’unico gruppo di persone che governa il mondo, allora basta eliminare quel gruppo ed ecco che tutto andrà per il verso giusto.

"Teorie del complotto", Segni dei Tempi RSI La1

RSI

Complotti, spiritualità e fede riformata

“Glaub scho” (credo di sì) è il titolo dell’annuale Kirchentagung, simposio della Chiesa riformata del Canton Zurigo, in agenda il prossimo 13 e 20 marzo e che si svolgerà interamente online. Al centro della riflessione saranno le teorie e i miti cospirazionisti, con lo scopo di tracciare le differenze tra narrazioni complottiste e la fede e spiritualità riformate. L’incontro sarà scandito da culti, preghiere, workshop e - per chi lo desidera - sessioni di yoga online. Tra gli ospiti ci sarà Georg O. Schmid (per iscrizioni: www.zhref.ch/kirchentagung).

Perché ci si lascia ammaliare da queste credenze? Immagino che le ragioni possano essere molteplici, ma ci sono degli elementi ricorrenti? 
All’inizio c’è un’insicurezza, che in generale ha anche a che fare con la vita del singolo individuo. Si teme per la propria carriera professionale, o per la situazione privata. Chi in queste condizioni si imbatte in una teoria cospirazionista vi può riscontrare qualche indicazione o spiegazione del perché va tutto male. Quindi la si approfondisce. Molto dipende anche dal tempo che la persona ha a disposizione. Sono più a rischio ad esempio persone disoccupate, oppure chi sta nell’home-office, o i neo-pensionati.

Voi vi occupate anche di aiutare chi si trova in questo labirinto cospirazionista, offrendo consiglio e accompagnamento. Quali sono le maggiori difficoltà?
Noi riceviamo richieste d’aiuto soprattutto dai parenti e conoscenti di cospirazionisti. Per questi ultimi ovviamente il nostro sportello è parte di quel complotto mondiale che loro stanno combattendo. Solitamente si rivolgono a noi solo dal momento che sono assaliti dai dubbi, allora insieme a loro parliamo di questi dubbi e di dove andare a trovare risposte. Ha senso parlare con qualcuno che si avvicina alle teorie del complotto solo se è all’inizio del suo percorso. Discutere non serve assolutamente a nulla se ci troviamo di fronte ad una persona già molto invischiata nelle teorie del complotto: in quel caso il pericolo è che interrompa ogni contatto, mentre con queste persone è importante riuscire a mantenerlo. E qui ci sono due strategie. Una consiste nella distrazione: bisogna fare in modo che quella persona venga occupata il più possibile, al di fuori da quei mondi cospirazionisti. L'altra strategia consiste nel capire il perché quella persona sia caduta nei tranelli del cospirazionismo, quali sono le crisi che sta attraversando e come possiamo venire in suo aiuto. Non serve combattere la teoria della cospirazione in quanto tale, ma renderla inutile, non più necessaria a quella persona.

Strategie che somigliano molto anche ai metodi di de-radicalizzazione per esempio dei fondamentalisti religiosi.
Sì, proprio così. Naturalmente i cospirazionisti veicolano altri contenuti rispetto ai fondamentalisti radicalizzati, ma le strutture psichiche sono le stesse.

Che ruolo possono svolgere le chiese in questo contesto?
Credo che le chiese possano avere una funzione importante. Le persone che sono in qualche modo coinvolte nella vita ecclesiastica sono decisamente meno esposte al rischio di cadere nei tranelli dei cospirazionisti: hanno già una religione alla quale fare riferimento e non serve loro una religione surrogata, hanno una comunità nella quale sono inseriti, sanno a chi rivolgersi in caso di dubbi, i pastori e le pastore possono fare e fanno un lavoro di dissuasione e di informazione. Possiamo affermare che in linea generale la partecipazione alla vita della chiesa è una naturale prevenzione nei confronti del cospirazionismo. Tuttavia, nel caso che un membro della comunità diventi seguace di qualche teoria complottista, allora è importante che i membri di chiesa si prendano cura di quella persona, accompagnandolo e aiutandolo. Non va assolutamente emarginata o allontanata dalla comunità. Al contrario, occorre starle particolarmente vicino.

Le teorie del complotto sono pericolose?
La pericolosità è oggettiva, perché le teorie cospirazioniste possono radicalizzare le persone al punto da renderle violenti. Ci sono stati diversi crimini dovuti a credenze cospirazioniste, basti pensare all’attentatore di Hanau, che era radicalizzato dalle teorie del complotto, o pensiamo agli Stati Uniti, dove in diversi casi dei cospirazionisti hanno ucciso. Queste radicalizzazioni possono diventare molto pericolose e vanno prese molto sul serio. Potenzialmente tendono a distruggere la coesione sociale. Finora in Svizzera non si registrano fatti di sangue, ma non possiamo completamente escludere che ciò non si possa verificare.

Quindi, non è una buona idea prendersi gioco dei cospirazionisti? 
No, vanno presi molto sul serio. E soprattutto non bisogna ridere in loro presenza, perché non capiscono nessun tipo di ironia o di spiritosaggine. Prendersi gioco di loro è controproducente. Molto meglio accompagnarli umanamente, capire cosa li abbia spinti ad abboccare a quelle teorie, e aiutarli a uscire dalla loro crisi.

L’intervista a Georg O. Schmid è andata in onda a “Chiese in diretta” ReteUno RSI e può essere riascoltata cliccando qui.

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