Cinquecento anni fa la prima Brexit

Dal 31 gennaio 2020 il Regno Unito non fa più parte dell’Unione europea

16 febbraio 2020

(Raphaël Zbinden) I popoli insulari hanno certamente una propensione a sentirsi al contempo unici e “protetti” dalle distese d’acqua che li circondano. Gli abitanti della bianca Albione hanno sempre guardato con un filo di sospetto e di inquietudine, dall’alto delle scogliere di Dover, l’immenso continente eurasiatico distante appena una trentina di chilometri. Masse sconfinate di terra su cui incombono il disordine sociale e le invasioni barbariche.

Enrico VIII sovrano megalomane
Malgrado gli intensi legami intessuti dai britannici con l’Europa continentale nel corso della storia, vari episodi hanno consolidato la loro mentalità all’insegna del “My way”. Uno dei fatti più rilevanti appartiene alla storia religiosa. Narra la rottura della Chiesa d’Inghilterra con una Chiesa romana che domina l’Europa occidentale.

Enrico VIII

Al centro degli eventi un solo uomo: Enrico Tudor, noto come Enrico VIII, figlio di Enrico VII e di Elisabetta di York. Gli storici sottolineano la personalità particolare del sovrano inglese, come particolare è quella attribuita a Boris Johnson, un altro celebre “Brexiteer”. Ma mentre l’attuale primo ministro britannico si attiene all’innocente - per quanto strano -, hobby di dipingere autobus su scatole, uno dei passatempi preferiti di Enrico VIII era quello di giustiziare le persone che facevano ombra al suo potere.
Tra le sue vittime si annoverano due delle sue conquiste amorose, un’altra passione del monarca. Lo storico francese Philippe Erlanger descrive il re come “codardo, invidioso, capriccioso, collerico, megalomane e assassino". Questi tratti caratteriali, che alcuni ricercatori assicurano essere la conseguenza di ripetuti colpi alla testa ricevuti dal sovrano nel corso della sua vita, plasmeranno la storia dell’Europa. È certo, in ogni caso, che Enrico VIII governò l’Inghilterra in modo piuttosto insolente, preoccupandosi soprattutto dei propri interessi.

Caterina d'Aragona

Sei matrimoni e qualche funerale
È in ambito coniugale che Enrico VIII conobbe i suoi maggiori indugi. Nel 1509 sposa Caterina d’Aragona, figlia di Ferdinando II, re d’Aragona, e di Isabella I, regina di Castiglia. Caterina rimase sua moglie per poco più di ventitré anni, senza arrivare alle nozze d’argento. Caterina diede alla luce un solo figlio destinato a restare in vita, una bambina che fu chiamata Maria e che sarebbe diventata regina d’Inghilterra e alla quale sarebbe stato affibbiato l’affascinante soprannome di “Bloody Mary”, Maria la Sanguinaria. Alla moglie spagnola il monarca finì per preferire Anna Bolena, entrata alla corte reale nel 1522.

Anna Bolena

Enrico VIII vorrebbe prenderla in moglie, ma si trova di fronte ai “puntigliosi” vincoli della Chiesa cattolica sul matrimonio. Cerca allora di ottenere dal papa Clemente VII l’annullamento del proprio matrimonio con Caterina d’Aragona. Ma il sovrano, e questo è l’ultimo dei suoi difetti, è impaziente. Ritenendo che Roma impieghi troppo tempo a pronunciarsi, nomina primate d’Inghilterra un prelato a lui totalmente devoto: Thomas Cranmer.
Come previsto, nel 1533 quest’ultimo benedice il matrimonio del re con Anna Bolena e dichiara nulla la sua prima unione. Cranmer si trasformerà in seguito in un “divorzista seriale”, perché permetterà al sovrano di sposare cinque donne consecutivamente, due delle quali finirono sul patibolo, in primo luogo Anna Bolena.

Thomas Cranmer

Nuovo ordine ecclesiastico
Ma il papa da quell’orecchio non ci sente. Nel 1534 dichiara non valido questo secondo matrimonio e scomunica il re. Quest’ultimo reagisce da buon sovrano megalomane facendosi proclamare capo supremo della Chiesa d’Inghilterra, che sarà conosciuta con il nome di Chiesa anglicana a partire dal 19.esimo secolo. La notizia provoca la rottura con Roma e, per estensione, con il resto del continente europeo.
In Inghilterra Cranmer e Enrico VIII promuovono a modo loro la nuova Chiesa autonoma lasciando agli individui la scelta di riconoscerne l’autorità mediante giuramento o di finire appesi a una corda. La maggioranza del clero secolare inglese, già abituato al cattolicesimo di Stato e poco favorevole a Roma, si adegua al nuovo ordine. Negli ordini monastici, invece, la resistenza è molto più forte. Enrico VIII fa allora chiudere tutti i conventi, confisca i loro beni e condanna a pene severe i religiosi ribelli.
Tale accanimento anticattolico accentua l’isolamento dell’Inghilterra di fronte alle grandi potenze europee rimaste fedeli a Roma.

Boris Johnson

Splendido isolamento
All’improvviso il canale della Manica sembra essersi allargato e le mentalità cominciano a cambiare. “Il paese, ampiamente isolato, prende coscienza della sua originalità così come delle minacce e del bisogno pressante di preservare la propria indipendenza”, spiega Jean-Pierre Moreau nel suo libro Le schisme d’Henri VIII (“Lo scisma di Enrico VIII”, 2004). “Ne consegue un rafforzamento del sentimento nazionale che andrà affermandosi nel corso dei secoli fino a spiegare molte caratteristiche dell’Inghilterra moderna”.
Questo spirito si è pienamente incarnato nella dottrina dello “splendido isolamento” (Splendid isolation). Essa faceva riferimento a una politica estera abbracciata dal Regno Unito alla fine del XIX secolo sotto i governi conservatori dei primi ministri Benjamin Disraeli e il marchese di Salisbury. L’espressione viene usata per la prima volta da un uomo politico canadese, George Eulas Foster, per tessere l’elogio della posizione britannica consistente nel tenersi al di fuori degli affari europei.

Battaglia di Trafalgar

Il più grande impero
In seguito saranno soprattutto gli eventi politici e militari ad alimentare il movimento isolazionista inglese. “Nell’Inghilterra del XVII secolo esisteva già un sentimento di superiorità rispetto al resto del continente”, osserva Ronald G. Asch, ricercatore di storia britannica all’Università di Friburgo in Brisgovia. Un’impressione ulteriormente rafforzata dalla vittoria di Trafalgar, nel 1805, che conferma il dominio britannico sui mari e permette l’espansione dell’impero. Diventerà, al suo apice, il più grande che il mondo abbia mai conosciuto.
Anche i due conflitti mondiali hanno svolto un ruolo importante nello sviluppo, tra i britannici, del loro senso del particolarismo. “C’è il ricordo di essere stati, tra il 22 giugno 1940 (firma dell’armistizio da parte della Francia) e il 22 giugno 1941 (invasione dell’Unione Sovietica), il solo paese a resistere all’impero hitleriano”, sottolinea Laurent Warlouzet, professore di storia all’Università della Sorbona. “Quest’isolamento eroico ha probabilmente rafforzato il sentimento britannico d’insularità”.

Isolamento britannico

James Bond o Mr Bean?
Inoltre, a differenza dei francesi e degli italiani, i britannici avevano una grande fiducia nel proprio Stato, nota Laurent Warlouzet. Per questo motivo erano riluttanti a partecipare a istituzioni sovranazionali dotate di poteri propri. Quindi, secondo lo storico, ci sarebbe tra i britannici una diffidenza nei confronti delle istituzioni sovranazionali, che potrebbero minacciare la democrazia parlamentare, così come una “volontà di preservare il loro proprio modello economico e sociale, ritenuto più efficace di quello del resto dell’Europa”. I britannici si sentirebbero quindi più James Bond che Mr Bean?
Cinquecento anni dopo la rottura fra la Chiesa romana e la Chiesa d’Inghilterra il conflitto confessionale non ha più motivo di essere e le due istituzioni si sono sensibilmente riavvicinate. Le querelle tra l’isola e il continente si sono spostate sui piani politico e sociale. Ma sebbene i britannici abbiano ampiamente posto fine al loro isolamento, la Brexit dimostra che il fantasma di Enrico VIII continua ad aggirarsi per le strade di Londra. (da Réformés; trad. it. G. M. Schmitt; adat. P. Tognina)

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