Dopo il crollo del ponte di Genova, una riflessione del pastore Luca Baratto, della Federazione delle chiese evangeliche in Italia
“Quel ponte l’ho percorso decine e decine di volte, non cosi tante come chi lo attraversava quotidianamente, ma abbastanza per avere il senso dell’enormità dell’accaduto.
Ho sempre affrontato quel ponte con un certo timore e tremore per la sua imponenza e la sua arditezza. E il suo crollo rimane un evento inimmaginabile, incredibile: una ferita difficile da rimarginare. Una ferita per le tante, troppo vittime. Ma anche una ferita per la città che rimane divisa tra il suo Ponente e il suo Levante.
Una ferita difficile da rimarginare
All’inizio di giugno mi sono ritrovato a Novi Sad, in Serbia, insieme ad altri 500 cristiani di ogni tradizione ecclesiastica e di ogni paese d’Europa in occasione dell’Assemblea della Conferenza delle chiese europee. Il simbolo di quell’incontro era un ponte e uno degli eventi più significativi del programma è stato il lungo corteo che si è incamminato in preghiera lungo i ponti sul Danubio distrutti durante la guerra dell’ex-Jugoslavia negli anni novanta e oggi ricostruiti, l’ultimo inaugurato solo l’anno scorso dopo ben 18 anni. Il messaggio di quell’Assemblea è stato che i cristiani e le chiese devono essere costruttori di ponti. Questa è la loro vocazione. Parole che fanno presto ad ammantarsi di retorica alle orecchie di chi non ha mai visto crollare i ponti della propria città, ma che a Novi Sad, ieri, e davanti alla catastrofe civile del ponte Morandi, oggi, assumono tutto un altro significato.
Essere pontefici, cioè costruttori e custodi di ponti
Ogni cristiano, e anche ogni cittadino, deve essere - e qui ci perdonino i cattolici - un “pontefice”, cioè un costruttore e un custode di ponti. Non un custode nel senso di chi decide chi vi passa e chi no, e di quanto è il pedaggio. Custode nel senso di chi lascia libera la via, rendendo il ponte solido e sicuro, permettendo alle persone di muoversi ed incontrarsi in pace.
A coloro che oggi piangono qualcuno caduto sul ponte Morandi, a chi sente una profonda ferita nel corpo o dentro di sé, a tutti i genovesi e a tutti gli italiani auguro di essere costruttori di ponti, di saper custodire la loro dignità e il loro futuro di cittadini nella laboriosità di chi costruisce e crea vie d’incontro nella pace. E auguro a tutti i cristiani, e me stesso, di poter essere costruttori di ponti, perché, parafrasando Charles Beckwith, un personaggio della storia valdese, o sarete costruttori di ponti o non sarete niente”. (adat. G. Courtens)
Luca Baratto è segretario esecutivo della Federazione delle chiese evangeliche in Italia. Questa riflessione è andata in onda il 19 agosto al Culto Evangelico su Radio1 RAI e dedicata al recente crollo del ponte Morandi di Genova avvenuto il 13 agosto