Il nodo della chiesa ortodossa russa

L'insostenibile posizione del Patriarca Kirill nella guerra in Ucraina

11 aprile 2022  |  Gaëlle Courtens

Escludere la Chiesa ortodossa russa dal Consiglio ecumenico delle chiese (CEC) per le sue posizioni a favore della guerra di Vladimir Putin in Ucraina? Dall’inizio dell’invasione, lo scorso 24 febbraio, il Patriarca Kirill di Mosca e di tutte le Russie non ha mai condannato il ricorso alle armi, e nemmeno gli indicibili massacri di Bucha, Mariupol e Kramatorsk.
La questione dell’espulsione della Chiesa ortodossa russa dal CEC è stata sollevata dall’ex arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, nel corso di una recente intervista alla BBC. Siccome la Chiesa ortodossa russa dall’inizio della guerra non ha mai chiesto nemmeno un cessate il fuoco, per l’ex Primate della Comunione anglicana il tema si pone, vista anche l’incompatibilità della posizione del Patriarca Kirill, leader spirituale della Chiesa ortodossa russa, con i principali fondamenti cristiani. Una richiesta analoga è arrivata dal prestigioso “Dietrich Bonhoeffer Institut” di Washington D.C.

La Chiesa ortodossa russa è, dal 1961, membro del CEC (organismo cristiano con sede a Ginevra, sorto nel 1948, cui aderiscono 350 chiese evangeliche, anglicane, cristiano-cattoliche e ortodosse in tutto il mondo, che annovera tra i suoi fondatori anche la Chiesa evangelica riformata in Svizzera (CERiS). La presidente della CERiS, pastora Rita Famos, ha condannato la guerra di Putin contro l’Ucraina, puntando il dito anche contro la teologia di Kirill che giustifica questa guerra. “Non si possono strumentalizzare le religioni per legittimare guerre di aggressione” ha dichiarato in una intervista andata in onda a “Chiese in diretta”, settimanale radiofonico di informazione religiosa della RSI.

Dialogo, strada maestra

Rita Famos

Interpellata sull’opportunità di espellere o meno la Chiesa ortodossa russa dal CEC, la pastora Famos ha ricordato che in materia esistono delle procedure standardizzate: “Dopo una serie di passaggi è nei poteri del Comitato Centrale decidere in materia. Ora, il prossimo Comitato Centrale si incontra a giugno, e immagino che il tema verrà discusso. Secondo me non dobbiamo tuttavia dimenticare tutti quei cristiani appartenenti alla Chiesa ortodossa russa che la pensano diversamente dal loro Patriarca”, ha detto la pastora Famos. Secondo lei, espellendo dal CEC tutta la Chiesa ortodossa russa, si abbandonerebbero tutte quelle voci che dissentono dal loro Patriarca. “Non avrebbero più nessuno con cui confrontarsi al di fuori dalla loro chiesa”, aggiunge la pastora, facendo notare che “partiamo dal presupposto che questa guerra prima o poi finirà. Le diverse chiese ortodosse disseminate sul territorio dovranno tornare a vivere insieme. Se per parte nostra interrompiamo i contatti e il dialogo, anche il processo di riconciliazione tra le parti sarà molto più difficile. Ma quel processo di riconciliazione sarà necessario, e il contributo delle chiese in questo senso sarà altrettanto necessario. Certo, potremmo dire che si tratta di una questione intra-ortodossa. Credo invece che il CEC possa offrire una piattaforma neutrale di discussione. Dialogare non significa per forza che sono d’accordo con te, ma che cerchiamo di capire insieme le ragioni per cui non la pensiamo allo stesso modo. Il CEC può rivestire questa funzione: portare intorno ad un tavolo le parti in conflitto”. Per la pastora Famos escludendo una chiesa membro dalla sua organizzazione, il CEC tradirebbe la sua ragion d’essere. “Questa è la mia opinione personale - aggiunge -, mi rendo conto che è una posizione tipicamente svizzera, ma credo che sia importante”.

Se non ci fosse il CEC

Ioan Sauca

Una posizione analoga a quella di Rita Famos è stata espressa oggi da padre Ioan Sauca, segretario generale del CEC, della Chiesa ortodossa rumena, che in un'intervista pubblicata da WCC-NEWS, spiega che non è la prima volta che nella storia del CEC si pone il dilemma di una eventuale sospensione o esclusione di una chiesa membro. Sauca ha poi respinto l’idea secondo cui il movimento ecumenico sarebbe ormai giunto al capolinea. "Nnessuna ‘morte dell’ecumenismo’ - ha detto -, al contrario, vedo più che mai l’importanza di un organismo come il CEC. Rimane ad oggi l’unico spazio libero che raccoglie diverse chiese di tutto il mondo, per dialogare e promuovere istanze comuni. In questo frangente, se non ci fosse il CEC... dovremmo inventarlo! È l’unica strada verso la riconciliazione e l’unità”, conclude Sauca.

Tensioni intra-ortodosse

Sul fronte intra-ortodosso non mancano le critiche contro Kirill e la sua ideologia dell’imperialismo cristiano-ortodosso, a cominciare da quella del metropolita Onufryj - della Chiesa ortodossa ucraina legata a Mosca -, che ha immediatamente chiesto al suo Patriarca di far deporre le armi al presidente Putin.
Pochi giorni fa Epiphaniy, il metropolita di Kiev e di tutta l’Ucraina, a capo della chiesa ortodossa indipendente da Mosca - quella a cui soli tre anni fa fu concessa l’autocefalia da parte del Patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo I - ha rigettato l’ideologia del “mondo russo”, propagata dal presidente della Federazione russa Putin, ma anche dal Patriarca Kirill. Epiphaniy è stato inequivocabile: l’ideologia del cosiddetto “Russkij Mir”, il “mondo russo”, che comprenderebbe la Russia, la Bielorussia e l’Ucraina, equivale al nazismo che giustifica violenze, uccisioni, guerre e genocidi.
Altre voci chiedono l’istituzione di un tribunale ecclesiastico che - vista l’incompatibilità della teologia di Kirill con i più fondamentali principi cristiani, nonché con le normative della stessa chiesa - valuti l’opportunità di detronizzare il Patriarca. Primo firmatario dell’appello lanciato su Facebook è Pinchuk Andriy, arciprete della Diocesi di Dnipropetrovsk in Ucraina, riallacciata al Patriarcato di Mosca.

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