Occorrono vie di fuga sicure verso l'Europa

Miguel Duarte salva profughi con la nave di soccorso Sea-Watch 4

15 febbraio 2022  |  Andreas Bättig

La Sea-Watch 4, della coalizione United4Rescue

Ha 29 anni, studia matematica e vive nei pressi di Lisbona, in Portogallo. Miguel Duarte ha preso parte per la prima volta a una missione di salvataggio nel Mediterraneo, nel 2016, con la nave di soccorso Iuventa. Ora è a bordo della nave di soccorso Sea-Watch 4 - sostenuta dalla coalizione United4Rescue -, con la quale ha già effettuato due operazioni di soccorso in qualità di capo missione. Un’intervista sulla miseria umana, sui parti in alto mare e sui possibili modi di uscire dalla crisi dei migranti.

Miguel Duarte, a dicembre lei è tornato dalla sua missione sulla Sea-Watch 4. Com’è la situazione nel Mediterraneo?

Molto difficile. La pandemia ha reso ancora più impegnative le azioni di soccorso. Abbiamo dovuto osservare rigidi protocolli di sicurezza a protezione dell’equipaggio. Per le persone soccorse il coronavirus è la minore delle preoccupazioni. In fin dei conti provengono spesso da luoghi in cui sono minacciate dalla fame e dalla tortura.

Lei ha guidato le operazioni di soccorso. Quali erano i suoi compiti?

Dovevo addestrare l’equipaggio e guidarlo nelle operazioni di soccorso. Era inoltre importante vigilare sullo stato di salute fisico e mentale dell’equipaggio.

Miguel Duarte (Foto: ref.ch)
Perché ha deciso di andare in mare per salvare vite umane?

Nel 2015 le immagini di profughi annegati e di flussi di profughi alle frontiere esterne dell’Europa hanno fatto il giro del mondo. Ho visto anch’io quelle riprese e mi hanno scioccato. Ho sentito la necessità di fare qualcosa. Non potevamo semplicemente stare a guardare le persone che annegavano.

La Sea-Watch 4 naviga su mandato della coalizione United4Rescue, sostenuta anche dalla Chiesa evangelica riformata in Svizzera.

I media e i social network continuano a presentare immagini di profughi morti o denutriti su imbarcazioni sovraffollate. Anche lei ha dovuto fare i conti con situazioni difficili?

Purtroppo sì. In particolare quando si trattava di bambini morti... Certe immagini non si dimenticano. Nella mia ultima missione con la Sea Watch 4 abbiamo soccorso centinaia di persone che già da tre giorni resistevano in mare su un’imbarcazione di legno, al largo di Lampedusa. Tra le persone soccorse c’era anche un neonato venuto al mondo appena 15 ore prima. Era nato sulla barca. Il cordone ombelicale era ancora attaccato. Per fortuna, malgrado le circostanze, la madre del bebè stava bene.

Che cosa la sostiene in circostanze del genere?

La riconoscenza delle persone che sono state soccorse. Anche se devono dormire all’esterno, sul ponte della nave, sono contente di essere sopravvissute. In quei momenti so di avere fatto la cosa giusta. Ciò mi motiva a continuare.

"Gli angeli del Mediterraneo" - Segni dei Tempi RSI

La Sea-Watch 4 è finanziata dall’associazione United4Rescue, della quale fanno parte anche diverse chiese. Qual è la sua opinione in merito all’impegno delle chiese nella crisi dei rifugiati?

Trovo che sia una cosa positiva. Aiutano a proteggere persone dall’annegamento. È importante che organizzazioni della società civile come le chiese si assumano le responsabilità del caso quando gli Stati non lo fanno.

Spesso viene mossa la critica che se non ci fossero le navi di soccorso alle persone non verrebbe in mente di rischiare la pericolosa traversata del Mediterraneo. Che cosa ha da dire al riguardo?

È semplicemente falso. È dimostrato che le persone hanno iniziato a usare questa pericolosa via di fuga prima che le navi di soccorso fossero presenti. Non noi, bensì la fame, la morte, la tortura e il carcere nei loro paesi di provenienza spingono le persone a fuggire.

Nel 2019 Carola Rakete, capitana della Sea-Watch 3, è approdata a Lampedusa ed è stata arrestata. Anche lei ha già avuto problemi con la giustizia?

Sì, nel 2016 io e altri nove membri dell’equipaggio della nave di soccorso Iuventa siamo stati arrestati dalla polizia italiana. Siamo stati sotto indagine per tre anni. In quel periodo non ho più potuto prendere parte a missioni di soccorso. Per fortuna lo scorso anno il procedimento avviato contro di me è stato archiviato. Così ho potuto imbarcarmi con la Sea-Watch.

Occorre finalmente creare vie di fuga sicure.

 — Miguel Duarte

Che cosa bisogna fare per mitigare la crisi dei rifugiati?

Occorrono vie di fuga sicure e legali verso l’Europa. L’Unione europea e la politica europea sono corresponsabili della attuale crisi dei rifugiati. È assurdo che i paesi europei continuino a inviare armi in zone di conflitto e poi non vogliano avere nulla a che fare con i profughi in fuga da quelle regioni. Inoltre è necessaria una decriminalizzazione delle ONG attive nel Mediterraneo. Ho amici sotto indagine che non hanno fatto nulla, se non salvare vite umane. (da ref.ch; trad. it. G. M. Schmitt; adat. P. Tognina)

Articoli correlati