Un culto evangelico di Venerdì Santo diverso

Diffuso dalla chiesa di Bruggen, a San Gallo, senza la comunità

10 aprile 2020

(ve/pt) "Chi avrebbe mai immaginato che avremmo celebrato il culto in una chiesa vuota?", ha esordito la pastora Kathrin Bolt, la quale ha presieduto il culto del Venerdì Santo diffuso dalla televisione svizzera SRF.
"Immagino che molti di voi siano sempre più inquieti, di giorno e forse ancora di più di notte", ha proseguito Bolt, in questo tempo in cui siamo "esortati a non vedere più di persona nemmeno i nostri cari. Vicini con il pensiero a persone che temono e lottano per la propria vita. A persone che ci mancano e di cui sentiamo la mancanza".
Riprendendo poi le celebri parole del Salmo 22, che secondo l'evangelista Luca sarebbero state riprese da Gesù di Nazaret prima di morire sulla croce - "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” - la pastora ha affermato che la storia di sofferenza di Gesù è una storia che riguarda ciascuno di noi, "il dolore, la sofferenza e l’ingiustizia del mondo".
Di seguito proponiamo il testo integrale della predicazione, in versione italiana.

Kathrin Bolt, pastora

"Che mondo alla rovescia: Dio è appeso alla croce e muore. Non è così che quelli che avevano creduto in lui se l’erano immaginato. Che mondo alla rovescia: siedo nei banchi di chiesa vuoti e celebro questa festa solenne riformata - senza la comunità locale. Non è così che lo avevamo immaginato. Il mondo rumoroso è diventato silenzioso. Luoghi affollati sono ora vuoti. La vita si spegne. È questo il Venerdì santo. Un mondo alla rovescia. Quest’anno la storia del Venerdì santo mi sembra un po’ diversa.
“Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno”. Secondo il racconto di Luca furono queste le ultime parole di Gesù prima di poter mollare la presa e morire. Questo mi colpisce. Gesù non è morto in pace e senza soffrire. Se guardiamo altri racconti dei quattro Vangeli sentiamo anche la grande disperazione.
“Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Ti invoco giorno e notte ma non mi ascolti!” Sono le parole del salmo che Gesù ricorda poco prima di morire. Alle quali forse anche si aggrappa. Sono quelle le parole che egli prega, che urla, che piange. E che mi vanno al cuore. Forse perché in questi giorni e settimane riesco a comprendere più che mai questa paura della morte. Perché la sento: dentro di me, accanto a me, intorno a me. Questa paura che ha accompagnato Gesù sulla croce. Questa paura che accompagna noi durante questo stato di emergenza. A che cosa vado incontro? A che cosa andiamo incontro tutti noi? Vediamo le immagini di ospedali sovraffollati. Percepiamo la paura dei responsabili. Forse conosciamo persone che si sono ammalate o sono morte a causa del virus".

Luoghi affollati sono ora vuoti. La vita si spegne. È questo il Venerdì santo

“È arido come un coccio il mio palato”, leggiamo nel Salmo 22. E queste parole mi fanno pensare a tutte le persone che faticano a respirare e devono essere ventilate. A me stessa manca il respiro quando ci penso. Soprattutto perché so che il coronavirus è solo una delle grandi tragedie che accadono oggi, in questo momento, nel nostro pur così bel mondo. Altrove ci sono persone che muoiono di fame e di sete: riusciamo ancora a vederle? Ai confini nazionali vengono bloccate persone in fuga. Vivono insieme in condizioni precarie e disumane. Virus e epidemie possono propagarsi indisturbati. Politiche e politici hanno ancora la capacità di pensare oltre i propri confini nazionali?
“Perdona loro”. Sento Gesù pronunciare queste parole. E mi viene la pelle d’oca. Perdonare? Perdonare chi? I responsabili che hanno permesso questo crimine? Gli schernitori che hanno incitato alla morte? Gesù stesso che non si è opposto ai propri aguzzini e ha invece seguito il cammino - sino alla tragica fine?
“Perdona loro”. Sento Gesù pronunciare queste parole. E penso che si riferisse a noi. Noi qui e oggi. Perdonaci perché non abbiamo riconosciuto prima quanto il coronavirus fosse pericoloso per il nostro paese, per il nostro prossimo. Perdonaci perché non siamo riusciti a salvare ogni persona da questa malattia. Perdona tutti gli sconsiderati e gli irresponsabili che non sono rimasti a casa loro nonostante le raccomandazioni e gli avvertimenti. Perdonaci quando per la preoccupazione e la paura per noi stessi dimentichiamo le persone al di là delle nostre frontiere nazionali.
“Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno”. Forse è questo il nostro compito. Oggi, Venerdì santo: stare ai piedi della croce, stare sulla croce. E non soltanto per dare un nome alla nostra collera, alla nostra sofferenza, alla nostra mancanza di comprensione. Bensì anche per perdonare".

Altrove ci sono persone che muoiono di fame e di sete: riusciamo ancora a vederle? 

“Perdona loro, perché non sanno quello che fanno”. Abbiamo tutti il medesimo desiderio e la medesima speranza: ascoltiamo la storia di Gesù sulla croce e cerchiamo sostegno e consolazione. La collera e la paura delle ultime settimane e degli ultimi giorni si rispecchiano nella storia di Gesù. Gesù parlò della fine - ma chi ci credeva? Gesù andò a Gerusalemme, si mise in pericolo - eppure i suoi seguaci non riuscivano a riconoscere la gravità della situazione. Gesù presagiva il peggio - e il peggio arrivò! Tuttavia alla fine del suo cammino non restano soltanto la collera e l’amarezza. Bensì il profondo desiderio di pace e riconciliazione. Non soltanto il lamento - bensì anche il desiderio di guarigione: lasciar andare ciò che non può essere cambiato. Lasciare ciò che è già successo. Confidare in ciò che sarà.
È importante dare un nome all’ingiustizia e alla necessità. È importante lamentarsi e gridare. Tuttavia alla fine non progrediremo in questa crisi se concentriamo lo sguardo sulla paura e sui colpevoli. Non abbiamo pace se ascoltiamo notizie tutto il giorno: coronavirus qua, coronavirus là. Dati e curve, teorie cospirazioniste e congetture su quanto durerà ancora il lockdown.
Gesù apre il suo sguardo. Sulla croce non vede più soltanto la sua propria paura - bensì il futuro del mondo: “Perdona loro, Padre! Non sanno quello che fanno”. Perdona. O detto in altre parole: guardaci con amore. Guarda con amore noi esseri umani che sbagliamo in continuazione. Che in questo momento non sappiamo davvero che cosa stiamo facendo. Aiutaci a trovare la nostra strada con te. Invece di: coronavirus davanti a noi, coronavirus intorno a noi e coronavirus accanto a noi. Pensiamo piuttosto a questo: amore davanti a noi. Amore intorno a noi. Amore in noi. Amore accanto a noi.
Percepisco questo amore: in molte telefonate che vengono fatte i questi giorni. In molte lacrime che vengono versate. In molte canzoni che vengono cantate o ballate sui balconi. Lo sento anche nella quiete che alcuni trovano grazie ai molti appuntamenti cancellati. Nella solidarietà che viene espressa nei confronti delle piccole imprese, delle artiste, degli artisti e di tutti coloro che in questo periodo sono in apprensione per il loro reddito. E lo sento nel desiderio primaverile, prepasquale di un nuovo "dopo".

Pensiamo piuttosto a questo: amore davanti a noi. Amore intorno a noi. Amore in noi. Amore accanto a noi.

"Quando la crisi attuale sarà superata potremo di nuovo vederci e incontrarci? Potremo tornare a comprare e consumare? Ci sarà permesso ballare e cantare e mangiare e festeggiare insieme? Vivere un vero nuovo inizio? Avremo meno bisogni e apprezzeremo di più? Coltiveremo più intensamente le amicizie? Voleremo di meno e cammineremo di più? I giovani continueranno a occuparsi degli anziani? Me lo auguro. E lo spero. E spero anche che sapremo perdonarci, quando le cose andranno diversamente. Non più come prima. Diversamente dal previsto. Ma succederà.
Siamo ancora sulla croce. Teniamo duro. Temiamo. Ma possiamo anche guardare in avanti e sperare per il futuro. Come espresso da Paul Gerhardt nell’inno “Befiehl du deine Wege” (“Affida la tua via”): “Spera, anima, sì, spera, sii forte, non temere! Ché dall’angoscia nera ti salva il Signore per sua bontà e grazia; tu sappi aspettare il sole che alto spazia e gioia ti può dare”. Usciremo da quest’angoscia nera e torneremo nella luce".

Chiesa evangelica di Bruggen (San Gallo)

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