La filosofia dei Giochi olimpici

Con quale spirito il barone Pierre de Coubertin fondò l’olimpismo?

16 gennaio 2020  |  Laurence Villoz

Storico e professore all’Istituto di scienze dello sport dell’Università di Losanna, Patrick Clastres è uno specialista del pensiero di Pierre de Coubertin e del suo progetto olimpico. De Coubertin, barone francese nato nel 1863 in Francia e morto nel 1937 a Ginevra, ha riportato in vita i Giochi olimpici in epoca moderna.

Il progetto di de Coubertin
Nel 1883 Pierre de Coubertin va in Inghilterra per studiare da vicino l’educazione sportiva organizzata nelle scuole private delle élite, le “public schools”. Alcuni direttori scolastici protestanti, i “muscular christians”, ricorrono alla pratica dello sport per virilizzare i ragazzi e incanalare le loro pulsioni. De Coubertin è affascinato da questo tipo di educazione e vuole diffonderla anche in Francia, ma poiché si scontra con l’opposizione dei nazionalisti, dei cattolici, dei radicali e dei socialisti, internazionalizza la sua idea e propone di ripristinare, in versione moderna, i Giochi olimpici.

Pierre de Coubertin

Gli atleti devono affrontarsi nello stadio con rispetto e secondo le regole della cavalleria

Il concetto dei Giochi
L'idea di de Coubertin è quella di creare incontri universali di atletica in cui giovani provenienti dalle élite possano competere per ottenere medaglie nelle diverse discipline sportive praticate in Europa occidentale. A ispirare il barone francese è il pacifismo liberale. Il mezzo migliore per essere pacifisti, pensava, consiste nell'affrontare e incontrare altri giovani sui campi sportivi. Il patriottismo muscolare, unito all’alta cultura, può formare élite capaci di prodezze coloniali, industriali, commerciali. Gli atleti devono affrontarsi nello stadio con rispetto e secondo le regole della cavalleria. La visione di una pace che si consolida attraverso lo sport, coltivata da de Coubertin, è compatibile con il patriottismo difensivo, ma purtroppo non con il nazionalismo.

Sport e spiritualità
Nella sua famiglia e presso i padri gesuiti, Pierre de Coubertin ha ricevuto un’educazione monarchica e cattolica. Più tardi si avvicinerà a un cattolicesimo più progressista, che scopre nel 1889 in occasione di un viaggio negli Stati Uniti. E all’età di 32 anni si sposerà con una protestante alsaziana. Il barone è però anche un giovane molto ambizioso che suscita diffidenza in una Francia divenuta repubblicana e laica. Quando intorno al 1910 conia il termine olimpismo è per cercare di contrastare l'emergente sciovinismo, la ricerca della gloria facile, la pressione esercitata sui giovani da parte dei loro allenatori e lo sfruttamento commerciale. Negli anni '20 de Coubertin arriva persino a parlare di “religio athletae”.

Cerchi olimpici

La religione dell’atleta
Il barone intende creare un baluardo contro tutto ciò che potrebbe minacciare la purezza dell’atleta. Staccata da qualsiasi religione preesistente, la “religio athletae” deve permettere di collegare tra loro gli sportivi attraverso lo spirito del fair play e il coraggio cavalleresco.
L'ispirazione di de Coubertin affonda le sue radici più nel medioevo cristiano e feudale che nell’antichità greca. La religione dell’atleta consiste nell’educare spiritualmente i giovani mediante lo sport, nel forgiare il loro carattere in una sorta di religione laica che diffida della politica e del denaro. In un crescendo di esaltazione, de Coubertin auspicherà che, alla propria morte, il suo cuore venga deposto in un monumento a Olimpia e il suo corpo inumato nel cimitero di Bois-de-Vaux a Losanna.

Gli atleti costituiscono un’avanguardia al servizio della pace sociale e internazionale

Religione olimpica?
Si tratta in ogni caso di inventare una nuova religiosità in cui l’individuo mette alla prova se stesso nello sport. In una sorta di visione ascetica, per de Coubertin - il quale detesta le folle e teme gli eccessi rivoluzionari - gli atleti costituiscono un’avanguardia al servizio della pace sociale e internazionale.
I giochi olimpici costituiscono una nuova Ecclesia, un’assemblea di fedeli dello sport olimpico? Se seguissimo la metafora, potremmo individuare in de Coubertin il profeta dell’olimpismo che grida nel deserto, nei membri del CIO i sommi sacerdoti e negli atleti olimpici i ministri del culto. E i numerosi scritti e discorsi di de Coubertin potrebbero addirittura essere considerati alla stregua di un vangelo olimpico che ha ancora oggi i suoi esegeti. (da ProtestInfo; trad. it. G. M. Schmitt; adat. P. Tognina)

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