Il governo cinese attua una dura repressione nei confronti dei cristiani
Il teologo svizzero Tobias Brandner è cappellano dei detenuti nelle carceri di Hong Kong. Intervistato poco prima dell'inizio dei Giochi olimpici di Pechino, parla della situazione dei cristiani in Cina, della limitazione delle libertà e della paura suscitata dalla repressione.
Brandner vive a Hong Kong da 25 anni, è collaboratore dell’organizzazione umanitaria protestante Mission 21 e lavora come professore associato di teologia all’Università cinese di Hong Kong.
Sarei probabilmente meno interessato politicamente di quanto non lo sia adesso e dunque parteciperei.
Probabilmente parteciperei ugualmente. Capisco tutti gli sportivi che si recano a Pechino. In una carriera sportiva, i Giochi olimpici rivestono una grande importanza. Rifletterei, tuttavia, sulla opportunità di trasmettere un messaggio critico - seppure discreto e velato - in quel contesto totalitario.
Per la sicurezza dell’atleta, sconsiglio le critiche aperte. Certo, per il regime sarebbe naturalmente assai imbarazzante arrestare uno sportivo sul podio. Ma in vista dei giochi il Comitato olimpico internazionale (CIO) ha mostrato di non avere alcuna intenzione di inimicarsi la Cina.
Sì, quel caso ha dimostrato che il CIO, al contrario della associazione mondiale del tennis femminile (WTA), che ha cancellato dal calendario tutti i tornei in Cina, non ha la forza di opporsi al regime di Pechino.
Il CIO non può e non vuole proteggerli. Tuttavia c’è la possibilità di esprimere delle critiche: i cinesi sono perfettamente in grado di leggere messaggi in codice. La questione è soltanto se verranno mai comunicati attraverso i mezzi d'informazione statali cinesi.
Di sicuro è stata un’idea migliore di quella di disputare il Campionato mondiale di calcio in Qatar. La Cina è una nazione sportiva. E se il CIO ha la pretesa di essere una organizzazione internazionale deve recarsi anche in tali paesi. Inoltre il comitato dipende ormai dalla possibilità di trovare Stati disposti ad assecondare il gigantismo dei Giochi.
La Cina stessa politicizza i giochi mettendosi in scena come potenza mondiale.
Esatto. Ma alla dirigenza dello Stato non basta lo status di potenza mondiale economica o militare e vorrebbe vedere la Cina anche come potenza culturale leader. La Cina non vuole essere soltanto potente, ma anche attrattiva. Per questo il governo comunista ci tiene molto a trasmettere alla popolazione l'immagine dei capi di Stato di tutto il mondo che visitano Pechino. Nel contesto cinese una visita è sempre un’attestazione di rispetto.
Ritengo che il boicottaggio diplomatico sia corretto. In effetti si tratta di un confronto a livello simbolico. Ma è importante che gli Stati comunichino il rifiuto del proprio rispetto finché la Cina continuerà a violare i diritti umani.
In Cina il messaggio arriva. Certo, la dirigenza dello Stato ritorce le accuse e dice che l’Occidente non deve ergersi ad autorità morale e che i diritti umani dovrebbero essere considerati nel contesto culturale. Inoltre denuncia violazioni dei diritti umani negli Stati Uniti. Alcune critiche nei confronti degli USA sono fondate, l'America non ha la fedina pulita, ma è molto più trasparente della Cina. Inoltre le americane e gli americani hanno la possibilità di opporsi al proprio governo. I cinesi non possono farlo.
— Tobias Brandner
Entrambe le cose. Nel mio lavoro come cappellano carcerario a Hong Kong vedo da vicino le vittime di questo Stato repressivo. Ciò ha cambiato la mia prospettiva. Allo stesso tempo la situazione è notevolmente peggiorata da quando, dieci anni fa, Xi Jinping ha assunto il potere.
Fino a dieci anni fa Hong Kong era ancora una società libera. C’erano dibattiti e manifestazioni. Anche nella Cina continentale era possibile fare molto, ad esempio in ambito religioso. Abbiamo organizzato grandi conferenze, in ambito accademico si discuteva apertamente di questioni etiche e teologiche, le chiese potevano accogliere ospiti provenienti dall’estero e organizzarsi in rete. Ovviamente nemmeno allora era permesso esporre striscioni con la scritta "Free Tibet", ma regnava un’atmosfera liberale.
Gli ospiti stranieri non vengono più invitati. Non perché non sarebbero più i benvenuti, ma perché le chiese temono ripercussioni.
Il problema è un altro. Se voglio far visita a un amico pastore, in Cina, quello rinuncia ad accogliermi perché teme per se stesso. L’ultima volta che sono andato in Cina è stato nell'agosto del 2019. Non appena i funzionari al confine hanno capito che eravamo un gruppo cristiano, siamo stati controllati minuziosamente e non ci è stato concesso di svolgere l'intero programma previsto. Le visite di ospiti stranieri non sono apertamente vietate, ma vengono frapposti molti ostacoli. I funzionari statali pongono molte domande, formulano intimidazioni velate, lasciano intendere che le visite sono inappropriate.
Come sempre al di sopra di tutto c’è l’unità della Cina, Taiwan, Hong Kong e Tibet inclusi. Alla paura della secessione si accompagna il sospetto che gli Stati Uniti stiano in ogni modo cercando di destabilizzare la Cina. Il governo sostiene che le rivoluzioni colorate, dalla primavera araba sino alle proteste di Maidan in Ucraina, siano state guidate dagli USA.
Sì. Anche il movimento di Hong Kong per la democrazia è stato presentato come un complotto orchestrato dalla CIA. Il partito si rifiuta di considerare le proteste come un sintomo del malcontento locale.
La Cina sostiene di tutelare i diritti umani. Il diritto umano più importante è il diritto a partecipare al benessere della nazione. Ai dissidenti viene rimproverato di anteporre per motivi egoistici le proprie idee di giustizia al benessere economico della collettività.
Finora la Cina ha evitato le proprie responsabilità e si è opposta a ogni ingerenza. Con Xi Jinping il paese ha intensificato il proprio coinvolgimento nell’ONU e intende influenzare i testi delle Carte delle Nazioni Unite. Tra le conseguenze di questo nuovo atteggiamento cinese c'è la priorità data al diritto all’alimentazione rispetto al discorso sui diritti umani.
Ritengo che porre il diritto all’alimentazione al di sopra del diritto di espressione sia un atteggiamento molto utilitaristico. Significherebbe che per nutrire 1,3 miliardi di persone si possono far soffrire alcuni milioni di persone. Ma sacrificare i diritti di una minoranza affinché la maggioranza stia bene è eticamente inammissibile.
— Tobias Brandner
Il capo del partito Xi Jinping ha bisogno di continue attestazioni di lealtà e teme il discorso pubblico. Il suo corso repressivo è segno di una profonda insicurezza. Nutro grande rispetto nei confronti di tutti quei dissidenti cinesi che nella loro lotta per la libertà sopportano pene detentive.
Personalmente mi sento al sicuro. Come assistente spirituale continuo ad avere accesso alle carceri e non subisco limitazioni nel mio lavoro accademico all’università. Ma in Cina non esprimo opinioni politiche. Sono un pastore, non un attivista politico. La Bibbia è sufficientemente politica. Ha una carica sovversiva che viene percepita perfettamente dalla gente di Hong Kong. Anche il governo ne ha probabilmente sentore e perciò cresce la sua paura nei confronti dei cristiani.
I cristiani sono sottoposti a una grande pressione. Tra il 1990 e il 2010 le chiese domestiche erano ufficialmente vietate, tuttavia erano tollerate. Lo Stato interveniva soltanto quando una comunità diventava troppo grande o era troppo ben collegata in rete. Oggi le comunità cristiane che non sono registrate presso lo Stato possono riunirsi soltanto in segreto.
Mi sono sempre opposto a questa definizione, ma ormai corrisponde alla realtà. I membri di queste chiese possono riunirsi, in un'abitazione privata, solo in piccoli gruppi di 5-10 persone al massimo. Se cantano a voce troppo alta devono temere di essere traditi.
Sì, in Cina il protestantesimo è molto più forte del cattolicesimo.
Anche le chiese riconosciute ufficialmente sono vessate. So di una chiesa protestante davanti al cui ingresso il partito ha eretto un muro, per bloccarne l’accesso. Altre chiese sono state distrutte facendo appello a qualche disposizione edilizia. È uno schema ricorrente: in Cina la densità delle regole è enorme e lo Stato trova sempre un motivo per intervenire.
No, un mio conoscente, Joseph Gu, pastore a Hangzhou, in quella che è probabilmente la chiesa più grande della Cina, ha osato criticare la distruzione delle chiese. Di rimando le autorità lo hanno accusato di irregolarità finanziarie e ora si trova nei guai.
Sì. Vedo tre ragioni alla base della dura repressione anticristiana. In primo luogo il partito considera ancora il cristianesimo come una religione occidentale. In secondo luogo il governo è consapevole che il cristianesimo, in particolare nei paesi dell’ex blocco orientale, ha svolto un ruolo importante nel rovesciamento dei regimi. La Cina teme soprattutto l’influenza della religione in ambito politico e il suo enorme potenziale di mobilitazione per i movimenti di protesta. E in terzo luogo il partito comunista è consapevole che la lealtà dei cristiani non è rivolta al dio cinese Xi Jinping, bensì al Dio della Bibbia. (da reformiert.; intervista di Felix Reich; trad. it. G. M. Schmitt; adat. P. Tognina)
La rubrica radiofonica RSI "Chiese in Diretta" ha diffuso, lo scorso autunno, un'intervista con Tobias Brandner. Riascoltata qui.