Carter ottimista malgrado Trump

Presidente degli Stati Uniti dal 1977 al 1981, ha fondato con la moglie Rosalynn il Carter Center che opera in tutto il mondo per promuovere i diritti umani e alleviare le sofferenze

12 agosto 2018

(ve) Jimmy Carter, già presidente degli Stati Uniti, insignito del Nobel per la pace nel 2002, oggi ha 93 anni, tiene dei corsi all’Università Emory di Atlanta, è volontario per l'organizzazione umanitaria Habitat for Humanity e insegna nella scuola domenicale della Maranatha Baptist Church di Plains, in Georgia. Il suo nuovo libro, Faith: A Journey for All (“Fede: un viaggio per tutti”) è stato pubblicato di recente da Simon & Schuster.

Nel suo libro, lei scrive: “Ho fede che [...] la perfezione morale basata sull’amore così come espressa da Gesù Cristo prevarrà”. Su quale base poggia una simile fiducia?
È la storia dell’America a darmi speranza. Abbiamo attraversato tempi difficili nel passato e la resilienza del nostro paese e i principi della nostra Costituzione hanno sempre prevalso. Sono fiducioso che in futuro faremo la stessa cosa, nonostante le difficoltà attuali.
Abbiamo combattuto una guerra civile per eliminare la schiavitù e in seguito ci siamo battuti per dare alle donne il diritto di voto. Purtroppo dobbiamo ancora combattere contro la discriminazione nei confronti degli afroamericani. Cresce la discriminazione contro gli immigrati. Crescono le disparità di reddito, c'è disparità di trattamento all’interno del nostro sistema giudiziario e abbiamo un numero di strutture carcerarie più elevato di qualsiasi altro paese al mondo.
Sono problemi che esistono da tempo, ma si sono aggravati dopo le elezioni. Il nostro paese si è tuttavia sempre dimostrato in grado di far fronte a tali sfide.

Lei pone l’accento sulle divisioni nella società che sono aumentate drasticamente negli ultimi decenni - divisioni che affondano le radici nelle divergenze politiche, nelle tensioni razziali, nella disparità economica. Se lei fosse presidente oggi quali sarebbero i suoi primi passi per sanare queste divisioni?
Sottolineerei con dichiarazioni pubbliche il mio impegno a mantenere la pace nel paese e a essere un difensore dei diritti umani. Una delle cose che l’America vorrebbe è essere una superpotenza, ma non basta la potenza militare per fare una superpotenza. Gli Stati Uniti d’America dovrebbero essere visti dal resto del mondo come campioni della pace e non della guerra, campioni dei diritti umani, campioni di uguaglianza e campioni di generosità per aiutare le persone in difficoltà. Sono questi i valori che è necessario enfatizzare nel futuro dell’America e io spero e prego che sarà così.

Jimmy Carter

The Carter Center

Se le rimanesse solo una lezione di scuola domenicale da fare, di che cosa parlerebbe? Quale versetto della Bibbia sceglierebbe?
Cambio le mie lezioni di scuola domenicale ogni settimana alla luce delle notizie di attualità. Ma uno dei miei versetti biblici preferiti è: “Siate buoni gli uni con gli altri, pronti sempre ad aiutarvi; perdonatevi a vicenda, come Dio ha perdonato a voi, per mezzo di Cristo” (Efesini 4,32). E questa è una sfida. Oggi abbiamo la possibilità di eliminare ogni creatura vivente dalla faccia della terra con le armi nucleari. Il prossimo passo nell’evoluzione degli esseri umani deve perciò essere imparare a vivere in pace gli uni con gli altri e con una certa misura d’amore. Gesù disse che non dovremmo amare soltanto il nostro prossimo, ma anche i nostri nemici (Matteo 5,43-44), che significa amare coloro con cui non siamo d’accordo. Dobbiamo imparare ad andare d’accordo con i russi e i musulmani e i nordcoreani in uno spirito costruttivo di attenzione verso gli altri, invece di chiederci quale sia il pretesto migliore per entrare in guerra con loro.

Quale pensa che sia l’aspetto del cristianesimo più frainteso nella società odierna?
Tra le convinzioni errate c’è l’idea che il cristianesimo sia un fattore limitante per la nostra vita, che ci faccia entrare in una sorta di cabina telefonica nella quale siamo stretti da ogni parte da obblighi e prescrizioni di natura religiosa. Io considero la mia fede come una liberazione, qualcosa che mi da una senso di speranza e di fiducia.

Qual è il suo inno preferito?
Come molti cristiani mi verrebbe da dire “Amazing Grace”. Sono stato sul palco con Willie Nelson sei volte e ogni volta abbiamo cantato insieme “Amazing Grace”. E ogni volta mi allontana il microfono perché non ho una buona voce!

Jimmy Carter

The Carter Center

Considero la mia fede come una liberazione, qualcosa che mi da una senso di speranza e di fiducia

In che modo il lavoro del Carter Center riflette la sua fede?
Il Carter Center ha un impegno: promuovere i diritti umani fondamentali nella definizione più ampia del termine. Uno dei diritti umani che ci sta a cuore è la possibilità di vivere in pace. Crediamo anche che tutti dovrebbero aver una buona istruzione, una buona assistenza sanitaria, la possibilità di mettere a frutto qualsivoglia talento o abilità abbiano e il diritto a una casa dignitosa. Per tanti anni Rosalynn e io abbiamo costruito case con Habitat for Humanity.

Che cosa direbbe a un adolescente o a un giovane adulto che si sta impegnando pubblicamente in politica per la prima volta?
All’Università Emory, dove insegno, ricordo agli studenti che questo è il tempo più libero di tutta la loro vita. Sono liberi di esprimere giudizi sul loro futuro e sul mondo intorno a loro. Nel giro di qualche anno ognuno di loro sarà sposato e avrà obblighi nei confronti del coniuge o obblighi nei confronti di un’azienda o di uno studio legale o di un sistema scolastico e saranno limitati in ciò che possono fare. Adesso non soltanto sono liberi, ma si trovano in un ambiente in cui hanno molti colleghi e professori dai quali possono apprendere nuove idee.
Quando gli studenti mi chiedono che cosa fare dopo la laurea, consiglio loro, nel caso in cui non avessero un’opportunità di lavoro, di unirsi ai Peace Corps. Offrono l’opportunità di conoscere altre persone e di investire parte della propria vita nel benessere di altri individui.

Jimmy Carter

The Carter Center

I dati indicano che l’affiliazione alle chiese è diminuita in ogni generazione successiva di americani. Come interpreta questa tendenza e che cosa pensa che ci possa insegnare?
In ogni epoca le persone meno sicure di sé, meno indipendenti o meno arroganti si sono rivolte alla religione. Oggi, nelle società in via di sviluppo di tutto il mondo - in America latina, in Africa e soprattutto in Cina -, osserviamo una forte crescita del cristianesimo. Su base globale la competizione religiosa tra islam e cristianesimo o tra forme diverse di cristianesimo non è malsana. Ci rafforza per continuare a cercare, per avere costantemente nuove idee e realizzarle e per applicare le convinzioni religiose nella nostra vita quotidiana. È questo che cerco di fare anche come insegnante della Bibbia.

Uno dei diritti umani che ci sta a cuore è la possibilità di vivere in pace

Se potesse vedere Dio a faccia a faccia qual è la prima cosa che gli direbbe? Qual è la prima domanda che gli porrebbe?
Qualche anno fa USA Today pose lo stesso quesito a un certo numero di persone. La domanda che molti avrebbero voluto porre a Dio era: “Qual è il mio scopo nella vita?” Le domande relative allo scopo sono importanti, ma penso che io sarei in una modalità di ringraziamento.
Continuando a invecchiare sono passato sempre più dalle suppliche - dal chiedere a Dio cose per le persone che amo - alla semplice riconoscenza per le benedizioni che ho ricevuto. Ogni giorno cerco di ricordare a me stesso tutto ciò che di meraviglioso Dio mi ha permesso di avere: non soltanto la vita, ma anche la libertà di agire come voglio. Dio ha dato a ogni persona non soltanto la vita e la libertà, ma anche la capacità di vivere una vita di successo - almeno secondo i parametri di Dio. Sono doni meravigliosi quelli che abbiamo ricevuto e cerco di ricordare a me stesso di esserne riconoscente. (da Christian Century; intervista a cura di Elizabeth Palmer; trad. it. G. M. Schmitt; adat. P. Tognina)

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