Sorelle in Cristo insieme da 75 anni in Svizzera

Intervista a Gabriela Allemann presidente delle Donne evangeliche

13 maggio 2022  |  Gaëlle Courtens

Al manubrio la pastora Gabriela Allemann (foto: efs)

Le Donne Evangeliche in Svizzera (DES) si apprestano a celebrare 75 anni di lotte a favore dell’emancipazione delle donne e del riconoscimento del loro contributo nella chiesa e nella società: domani, 14 maggio, ad Aarau, in occasione dell’Assemblea delle delegate, le DES hanno organizzato una vera e propria festa di compleanno, con invitate, musica e torta. Sarà anche l’occasione per riconfermare nel suo incarico l’attuale presidente delle DES, la pastora Gabriela Allemann, portatrice degli interessi di 37'000 donne. L’abbiamo intervistata:

Pastora Allemann, sono mesi che sta preparando questo Giubileo, innanzitutto: con quale sentimento guarda a domani?
Mi rallegro molto! Tra l’altro, da quando sono stata eletta due anni fa, sarà per me una prima assoluta: a causa del coronavirus non abbiamo potuto tenere le nostre assemblee, quindi sono felice di presidiare finalmente i nostri lavori, anche se sono preoccupata per la situazione finanziaria. Da questo punto di vista il nostro futuro non si delinea in modo così bello e splendente, almeno non quanto vorremmo… ma vogliamo guardare avanti, nonostante tutto, in modo realistico, ma anche piene di speranza.

A proposito di finanze: proprio per finanziare questo evento giubilare, l’8 marzo scorso, Giornata mondiale della donna, avevate lanciato una campagna di raccolta fondi. Si tratta del primo crowdfunding della vostra lunga storia… 
Quel che ci ha convinte a buttarci in questa avventura è l’approccio partecipativo: è stata un’occasione per dare maggiore visibilità al nostro lavoro. Anzi, tra i nostri scopi c’era proprio quello di riuscire a farci conoscere in ambiti fin qui poco esplorati. E ha funzionato!

Comitato direttivo dell'Unione delle donne evangeliche in Svizzera, 1978 (foto: zvg)

L’Unione delle Donne evangeliche in Svizzera nasce a Zurigo il 31 maggio del 1947. Come mai alcune donne - che tra l’altro all’epoca non avevano ancora il diritto di voto, né quello di aprire un conto corrente in banca - decidono di mettersi insieme e fondare un organismo a livello nazionale?
Ci potremmo anche chiedere: ma come mai così tardi? Le donne cattoliche erano organizzate in un’unione già da parecchi anni. Andando a fondo a questa domanda abbiamo capito che la stragrande maggioranza delle unioni femminili di utilità pubblica avevano comunque già un’impronta protestante, perché quella era la confessione di maggioranza… Ma nel 1946 si tenne un Congresso femminile nazionale con il tema “il cristianesimo nella vita della donna” e, non essendoci un’istanza che poteva rappresentare la voce evangelica femminile, si chiese ad un uomo di parlare in rappresentanza delle donne evangeliche. Fu quella la miccia che spronò alcune donne ad unirsi, affinché vi fosse nella società svizzera una rappresentanza ufficiale delle donne evangeliche, e un anno dopo, nel 1947, fu appunto fondata l’unione delle donne evangeliche in Svizzera.

Quanto dobbiamo a queste donne?
Moltissimo. Se oggi la considerazione della donna nella chiesa riformata è quella che è, è anche grazie a loro. Cioè, la situazione è davvero molto molto migliore di quanto non fosse allora. Non è ancora ideale, motivo per cui serviamo ancora (sorride). Ma è vero che, nelle chiese evangeliche, da un punto di vista dei diritti, possiamo parlare di parità. …è cambiato tantissimo. Insomma, per tornare alla sua domanda: sì, le dobbiamo davvero tanto, a queste donne, che senza tregua hanno lottato per i nostri diritti nella chiesa, ma anche nella società. Insieme ad altre associazioni si sono battute per dei sostanziali miglioramenti nella vita delle donne.

Gabriela Allemann

In occasione della vostra Assemblea domani ad Aarau lancerete la vostra iniziativa per la valorizzazione del lavoro volontario, e lo farete pedalando, con la campagna “Bike for EFS”. Cioè: “pedala per le DES”. 
L’invito è quello di lasciare la macchina in garage e recarsi in bicicletta nei luoghi dei nostri tanti impegni. Un modo per partecipare alla mobilità sostenibile, e sensibilizzare per il clima, che è tipicamente uno dei nostri temi, così come quello dell’uguaglianza tra i sessi e il riconoscimento del lavoro non retribuito che svolgono le donne. La campagna dura due mesi. 
Ma non basta rendere visibile il lavoro non retribuito svolto dalle donne. A livello politico noi chiediamo che venga anche riconosciuto: serve un’assicurazione di vecchiaia più rispettosa dell’impegno delle donne, anche per combattere la povertà femminile in età pensionabile. Il dibattito socio-politico sull’assicurazione di vecchiaia solleva molte questioni di fondo sul tema del lavoro. Come definire il lavoro? quali modelli di vita mettere in pratica? Come conciliare il lavoro retribuito con quello di cura? A questo proposito, nei prossimi mesi sarà importante l’iniziativa per gli asili nido. Ma ci occuperemo anche dei diritti sessuali e riproduttivi delle donne, mentre nelle nostre chiese continueremo ad essere vigili, affinché i nostri diritti faticosamente conquistati vengano anche effettivamente applicati. 

Pastora Allemann, qual è in definitiva il messaggio che le DES vogliono veicolare?
Nel nostro lavoro ci guida il Vangelo. La speranza evangelica e la fiducia in un Dio dell’amore e della pace rimangono centrali per noi. C’è una parola che figura nelle nostre linee guida e che è “abbondanza”. Un concetto che continua a caratterizzarci fortemente: ci impegniamo, cioè, per una vita in abbondanza per tutti e tutte, perché le donne non possono stare bene se stanno male tutti gli altri. E poi c’è il lavoro ecumenico che facciamo con le donne cattoliche, ma anche i bei progetti che portiamo avanti in collaborazione con donne di altre comunità di fede.

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