Ucraina. Sì alla diplomazia, no alle minacce

Il Consiglio ecumenico di Ginevra si fa promotore di consultazioni tra chiese

31 marzo 2022

17 marzo 2022, una famiglia ucraina varca la frontiera a Siret, Romania (foto: Albin Hillert/WCC)

(ve/gc) A Ginevra, presso l’Istituto di studi ecumenici di Bossey, ieri 30 marzo, si è tenuta la prima di una serie di consultazioni sulla situazione in Ucraina, voluta dal segretario generale del Consiglio ecumenico delle chiese (CEC), padre Ioan Sauca. Come si evince dal comunicato stampa diffuso dopo l’incontro, tra gli invitati figuravano anche esponenti di chiese ucraine e russe, i quali, accettato l’invito, non avevano tuttavia potuto parteciparvi. Scopo di questo primo incontro era quello di condividere le prospettive sul conflitto e le sue cause, e discernere per le chiese possibili strade da percorrere insieme a favore della pace in tempi di guerra. 

Parole inequivocabili

"Denunciamo l'aggressione militare lanciata dalla leadership della Federazione Russa contro il popolo della nazione sovrana dell'Ucraina", si legge nel messaggio sottoscritto dai partecipanti: alti rappresentanti delle chiese membro del CEC che confinano con l’Ucraina o che sono comunque impattati dalla guerra in corso, nonché quattro esponenti dello staff del CEC. 
Dall’incontro escono parole inequivocabili: "Affermiamo il diritto del popolo ucraino a difendersi da questa aggressione. (…) Ci uniamo alla richiesta di un cessate il fuoco in Ucraina, chiediamo che vengano aperti e rispettati dei corridoi umanitari”. Il messaggio esprime anche il dolore per la perdita di vite umane, e per la condizione di chi fugge dalla guerra. Ma soprattutto, gli uomini di chiesa provenienti da Finlandia, Norvegia, Estonia, Germania, Romania, Slovacchia, Ungheria e Armenia, condividono la ferma convinzione, che “da un punto di vista dei nostri più fondamentali principi di fede cristiana, non c’è giustificazione alcuna per questa aggressione armata e le sue terribili conseguenze”. Senza dimenticare le ripercussioni che il conflitto ha, soprattutto nel Sud del mondo, quando si tratta di sicurezza alimentare.
"Tutti coloro i quali si sono macchiati di crimini contro l'umanità - si legge ancora nel messaggio - dovranno assumersi pienamente le responsabilità delle loro azioni". 

CEC come piattaforma di dialogo 

Nel corso dell’incontro è stata sottolineata l’importanza del CEC come piattaforma di dialogo tra chiese, “principale strumento del movimento ecumenico per condividere prospettive divergenti, esprimere le nostre differenze, e cercare la riconciliazione e l'unità nelle parole e nelle azioni a cui la nostra fede ci chiama”. 
Il messaggio di questo primo incontro sulla situazione in Ucraina si conclude con la preoccupazione per i seri rischi di escalation della violenza, soprattutto relativa all’"orrenda minaccia di ricorso ad armi di distruzione di massa”. Pertanto, i rappresentanti di chiese concludono con un appello alla diplomazia, invece delle minacce; al dialogo, invece dello scontro e dell’esclusione; alla verità, invece della disinformazione; affinché venga ascoltata la voce della nostra coscienza, ispirata dalla volontà di Dio, a favore di tutto il popolo di Dio e del suo Creato così unico”.
Al termine dell’incontro i partecipanti hanno insistito affinché il segretario generale del CEC rinnovi il suo invito alle chiese membro in Russia e Ucraina in occasione delle prossime consultazioni. Se anche Kirill, Patriarca della Chiesa ortodossa russa - membro del CEC, ma anche partner spirituale di Vladimir Putin in questa guerra - si siederà al tavolo delle consultazioni propostre da padre Sauca, resta ancora tutto da vedere. 

(Il messaggio in inglese, licenziato da questo primo tavolo di consultazioni, compreso dell'elenco dei firmatari, è scaricabiule qui).

Bossey, 30 marzo 2022, i partecipanti alla prima consultazione del Consiglio ecumenico sull'Ucraina (foto: Marianne Ejdersten/WCC)

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