Mostra di Venezia. Premio INTERFILM ad 'Amira'

La giuria per il dialogo interreligioso premia il film di Mohamed Diab

14 settembre 2021

Una scena del film "Amira" del regista egiziano Mohamed Diab

(ve/gc) Alla 78^ Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia (1-11 settembre 2021), il Premio INTERFILM per la promozione del dialogo interreligioso è andato ad “Amira” di Mohamed Diab (Egitto, Giordania, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita 2021), con la seguente motivazione: “Il film narra una vicenda personale sullo sfondo della situazione politica in Medio Oriente, dove uomini e donne nemici fra loro si trovano a dover convivere nello stesso luogo innalzando barriere. ‘Amira’ ci interroga su chi siamo veramente, e se questo dipenda più da una questione di ‘natura’ o di ‘crescita’”. Il film mette a fuoco un fenomeno che si verifica nelle carceri israeliane: il traffico di sperma di prigionieri palestinesi.

10 anni di promozione del dialogo

Per il decimo anno consecutivo l’organizzazione che riunisce le associazioni protestanti di cinema INTERFILM è stata presente a Venezia per assegnare il suo Premio, unico nel suo genere nel panorama dei premi cinematografici di tutto il mondo. Una quarantina di festival del cinema annoverano da decenni delle "giurie ecumeniche", ma la giuria Interfilm di Venezia, sostenuta dalle chiese, ha una finalità diversa. Scopo di questo Premio è quello di “incoraggiare i film che rafforzano la comprensione, il rispetto, l’empatia e la pace tra persone di origini, storie e religioni diverse dando così l’esempio contro i conflitti, la violenza e l'oppressione”, con l’aspirazione di collegare cinema e chiesa, culture e religioni. Quest’anno la giuria era composta da Piet Halma (Paesi Bassi, presidente), Brigitte Affolter(Svizzera), Peter Paul Huth (Germania) e Davide Perego (Italia).

Guarda il trailer di "Amira"

Al termine del Festival Gian Mario Gillio ha intervistato per riforma.it Davide Perego, membro della Giuria INTERFILM a Venezia 2021. Ne proponiamo alcuni stralci.

Come ha vissuto quest’esperienza?
Il lavoro della Giuria è stato meticoloso e attento nelle sue analisi. La nostra attenzione è stata rivolta ovviamente alle pellicole in particolar modo attente al tema del dialogo tra culture e religioni. I criteri di giudizio sono stati però trasversali. L’approccio interdisciplinare ha permesso alla giuria di valutare anche i film non esplicitamente rivolti alla dimensione interreligiosa ma che, in qualche modo, potessero far emergere un afflato spirituale.

Perché la vostra attenzione si è rivolta al film di Mohamed Diab?
Il regista egiziano è da sempre impegnato a esplorare il variegato universo identitario. La pellicola, in chiave metaforica, racconta il tema del conflitto. La storia è quella di Amira, una giovane diciassettenne palestinese nata dal concepimento avvenuto con l’inseminazione artificiale. Suo padre Nawar, da sempre in carcere, è per lei un “eroe” palestinese. Il liquido seminale dell’uomo è stato trafugato in modo illecito e consegnato alla madre. Il rapporto tra Amira e suo padre si è sempre e solo limitato alle visite in carcere; tuttavia, Nawar è una figura genitoriale fondamentale per la ragazza. L’assenza del padre nella vita della giovane è sempre stata compensata dall’amore e dall’affetto delle tante persone che le vivono accanto. Tuttavia, un successivo tentativo della madre e di Nawar di poter avere una nuova gravidanza si rivelerà un dramma e porterà a galla, accertata da un medico, la sterilità genetica dell’uomo. Amira non è dunque la figlia di Nawar. Da quel momento la ragazza vivrà una profonda crisi legata alla percezione dell’identità; una crisi che esonderà in quella più vasta e connessa al tema del conflitto, dove le visioni spirituali e ideologiche della giovane si perderanno in quelle più ampie legate alle dinamiche geopolitiche e religiose del suo mondo.

Altri film che avete valutato?
Nonostante le sensibilità fossero spesso differenti sui metodi analitici, il lavoro di selezione per arrivare a una sintesi è stato faticoso ma condiviso. Il dialogo all’interno della giuria è sempre stato franco, schietto, diretto. Si è deciso, sin da subito, che il film vincitore dovesse essere votato da tutta la giuria. Questa è stata una nostra scommessa. L’altro film che la giuria ha valutato tra i più meritevoli per Interfilm era “Il buco" di Michelangelo Frammartino, un documentario dedicato alla spiritualità ma fatta emergere in modo più naturalistico, direi animista, al quale è andato l nostra menzione speciale. Un’altra menzione speciale è andata a “Riflesso” di Valentyn Vasyanovych, un film ucraino davvero molto cruento. Una storia che cerca di rispondere alla domanda della morte e del dolore, sia quello ricevuto sia quello inflitto. Film che anche in questo caso ha messo in relazione un padre e una figlia.

INTERFILM è stata fondata nel 1955 da diverse Associazioni cinematografiche protestanti presenti in Europa e nel mondo e partecipa, con giurie ecumeniche in partenariato a SIGNIS, organizzazione sorella cattolica, ai più importanti Festival cinematografici. Dal 2011 è presente alla Mostra cinematografica di Venezia (che da sempre ha una sua giuria esclusivamente cattolica), avvalendosi del supporto dell'Associazione cinematografica protestante Roberto Sbaffi. Tra i film premiati in passato: Girimunho (Swirl) (Brasile); Wadjda (Arabia Saudita); Philomena (Gran Bretagna); Far From Men (Francia); Wednesday, May 9 (Iran); White Sun (Nepal); Oblivion Verses (Cile); Tel Aviv on Fire (Israele) e Un fils (Tunisia).

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