L'antisemitismo dei ribelli del coronavirus

La storica Juliane Wetzel contro la banalizzazione della shoah

04 maggio 2021  |  Cornelia Krause

Stella di David (da Twitter)

"L’antisemitismo ha la peculiarità di adattarsi alle epoche. Ma le immagini usate rimangono le stesse". Ad affermarlo è la storica Juliane Wetzel, membro dell’Expertenkreises Antisemitismus, gruppo di esperti promosso dal Bundestag tedesco, delegata tedesca dell’International Holocaust Remembrance Alliance, che lavora presso il Centro per la ricerca sull’antisemitismo dell’Università tecnica di Berlino. Un commento a partire dal recente rapporto sull'antisemitismo in Svizzera.

Il recente rapporto svizzero sull’antisemitismo mostra come la pandemia favorisca le idee antisemite, soprattutto in internet. Ciò la sorprende?

No, da quando in Europa sono apparsi i primi titoli sul coronavirus era soltanto una questione di tempo. Gli ebrei hanno sempre fatto da capri espiatori in occasione di epidemie e catastrofi. Ai tempi della peste vennero accusati di aver avvelenato i pozzi e perciò nel 1348/49 ci furono in Germania episodi di violenza nei loro confronti. In epoche più vicine alla nostra anche la peste suina, Ebola e addirittura lo tsunami nel Pacifico sarebbe stati scatenati da loro. L’antisemitismo ha la peculiarità di adattarsi alle epoche. Ma le immagini usate rimangono le stesse.

Quali per esempio?

Per esempio la caricatura dell’operoso commerciante ebreo che si sfrega le mani. Adesso ha semplicemente una siringa in mano, secondo il motto: “Vi inoculiamo il virus”. Oppure si tratta di persone reali che vengono poste sotto accusa, come per esempio l’investitore George Soros. Negli ultimi anni ha preso il posto della famiglia Rothschild quale presunto responsabile di tutti i mali. Sono fenomeni noti da tempo, ma internet e i social media permettono a queste teorie e immagini di diffondersi molto più rapidamente.

Ha notato esempi particolarmente crudeli nel corso della pandemia?

Un caricaturista ha disegnato il cancello d’ingresso di Auschwitz-Birkenau presidiato da guardie con in mano una siringa. L’ho trovato particolarmente di cattivo gusto.

I paralleli tracciati dai cosiddetti ribelli del coronavirus tra la dittatura nazista e le odierne misure antipandemiche balzano agli occhi: manifestanti con stelle di Davide, contestatori che si paragonano a vittime del nazionalsocialismo... Che cosa ne pensa?

È una banalizzazione della shoah assolutamente inopportuna e pericolosa. La reputo una forma di antisemitismo secondario.

Dove portano questi paragoni? Rappresentano un pericolo per la cultura della memoria?

Il genocidio degli ebrei diventa un evento che “è successo e basta”. Lo slogan “Mai più” perde di significato. Se smettiamo di confrontarci con il nazionalsocialismo la cultura della memoria diventa un lancio di corone, per usare la formulazione del giornalista Richard C. Schneider. Questi paragoni, del resto, non aumentano soltanto nel contesto della pandemia. In Germania, per esempio, sono sempre di più i sostenitori del partito di destra AfD che in visita ai luoghi della memoria esprimono idee di questo genere e contestano gli argomenti esposti dalle guide.

A differenza di chiare dichiarazioni antisemite, o dell'aperta negazione della shoah, questi paragoni banalizzanti non sono perseguibili. Come si potrebbe procedere contro di essi?

Nella Holocaust Remembrance Alliance, a cui hanno aderito 34 Stati, tra cui la Svizzera, la questione ha la massima priorità. Ho avuto modo in quella sede di collaborare all’elaborazione di raccomandazioni. Si tratta di sensibilizzare persone che occupano posizioni chiave, per esempio nella polizia, nel ministero pubblico, nei media o nelle ambasciate, sulle conseguenze di questi paragoni.

Ha tutta l’aria di essere un processo molto lungo. Le stelle di Davide alle manifestazioni devono quindi essere tollerate?

No, affatto. Monaco di Baviera ha proibito le stelle di Davide alle manifestazioni. Così si lancia almeno un segnale.

Ma i divieti non finiscono per portare acqua al mulino dei ribelli del coronavirus?

Certo, i divieti da soli non cambiano la testa delle persone. Perciò a lungo termine la via più importante da seguire è quella dell’educazione.

(da reformiert.info; trad. it. G. M. Schmitt; adat. P. Tognina)

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