Israele/Palestina: basta violenza, va ripreso il dialogo

Organismi ecumenici e interreligiosi chiedono di deporre le armi

13 maggio 2021

Gaza, 12 maggio 2021 (foto: Belal Aldabbour, Twitter)

(ve/gc) "Ci appelliamo urgentemente a tutte le parti affinché sia scagionato un conflitto ancora più mortale e distruttivo", sono le parole di Ioan Sauca, segretario generale ad interim del Consiglio ecumenico delle chiese (CEC) con sede a Ginevra (CH), lanciate ieri con un accorato appello a deporre le armi e favorire la pace tra Israele e Palestina. 

Dolore per le vite spezzate

Ioan Sauca

Sauca chiede alle parti in conflitto di impegnarsi per affrontare le ingiustizie e gli antagonismi reciproci che alimentano i cicli ricorrenti di violenza, a cominciare dal rispetto reciproco per i luoghi di culto: "Aborriamo la violenza che colpisce i luoghi di culto, le incursioni nella moschea al-Aqsa e gli attacchi contro le sinagoghe di Lod. Preghiamo affinché i luoghi santi di Gerusalemme e della regione non siano ulteriormente profanati dalla violenza, ma diventino invece centri di ispirazione per la pace".

Inoltre, in rappresentanza delle 350 chiese anglicane, evangeliche, ortodosse e vetero-cattoliche membro dell’organismo ecumenico mondiale, Sauca ha espresso dolore per tutte le vite spezzate di “palestinesi e israeliani, a Gaza, ad Ashkelon, vicino a Lod, e altrove". In particolare, esprime la sua vicinanza ad uno dei collaboratori dell’organizzazione partner del CEC, la DanChurchAid, operativo a Gaza e che negli attacchi israeliani ha perso cinque giovani membri della sua famiglia: “un figlio, una figlia, un nipotino e due nipoti, con altri tre figli gravemente feriti e in condizioni critiche".

Religioni per la pace

Azza Karam

Per parte sua, Azza Karam, segretario generale di Religions for Peace (RfP) con sede a New York (USA), parla di “leadership fallita”, puntando il dito contro le violenze perpetrate a danno di civili a Gaza, a Gerusalemme e altrove. Per Karam non sono in alcun caso giustificati gli attacchi contro palestinesi o israeliani innocenti. Al contrario, non fanno altro che alimentare il circolo vizioso di violenza vanificando ogni soluzione sostenibile e produttiva. “Religions for Peace crede che la pace possa essere raggiunta solo onorando i diritti di tutti, siano essi palestinesi o israeliani”, si legge nella presa di posizione di RfP, impegnata da più di 50 anni nel dialogo interreligioso a livello mondiale.

Nella sua presa di posizione diffusa ieri, Karam insiste sulla necessità di garantire sicurezza a tutte le parti in causa, senza la quale non è possibile costruire la pace, e ha chiamato ebrei, cristiani e musulmani - sostenuti dalla buona volontà dei credenti di tutte le fedi - ad unirsi a favore di una pace effettiva. Karam ricorda che essa si ottiene solo “facilitando compromessi sofferti ma onorevoli attraverso un dialogo continuo, partendo dalle convinzioni morali condivise da ebrei, cristiani e musulmani, che sanno che la Terra Santa è la loro casa comune”. E conclude: “Non ci sarà pace per nessuno, a meno che non ci sia pace e sicurezza per tutti e per ciascuno, in Terra Santa”.

Soluzione dei due Stati

Due giorni fa la Federazione luterana mondiale ha diffuso una sua presa di posizione indirizzata alla comunità internazionale, in cui ribadisce la necessità della soluzione dei due Stati per Israele e Palestina, come riferisce l’agenzia stampa NEV.

La notte scorsa in diverse località sono andati avanti dei veri e propri linciaggi di arabi o israeliani, mentre i combattimenti tra Israele e Hamas si sono intensificati, diventando un conflitto potenzialmente più sanguinoso di quello del 2014 a Gaza, come riferisce il quotidiano israeliano Haaretz. Sono salite ad almeno 83 le persone uccise nella Striscia di Gaza, mentre in Israele hanno perso la vita 7 persone.

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