Relazioni con la Santa Sede verso una svolta?

Berna potrebbe presto aprire un'ambasciata presso il Vaticano

26 luglio 2021  |  Paolo Tognina

Palazzo federale, Berna

Dal 1991 il Consiglio federale svizzero intrattiene le sue relazioni diplomatiche con la Santa Sede tramite un ambasciatore, che oggi è di stanza a Lubiana. Ma le cose potrebbero presto cambiare. Il presidente della Confederazione, Guy Parmelin, in visita da papa Francesco, lo scorso mese di maggio, durante la conferenza stampa seguita all'incontro ha affermato che la Svizzera e il Vaticano collaborano in diverse sedi e che "un elemento che forse consentirà di rafforzare i legami [tra i due Stati] è il possibile progetto che il Dipartimento federale degli affari esteri sta preparando. Si tratterebbe di aprire qui un’ambasciata, mentre attualmente è l’ambasciatore svizzero in Slovenia a rappresentare la Svizzera in Vaticano".

Rita Famos, presidente CERiS (foto evref.ch)

Rita Famos critica

L'idea del Consiglio federale di inviare un proprio ambasciatore in Vaticano ha suscitato commenti critici da parte della presidente della Chiesa evangelica riformata in Svizzera (CERiS), Rita Famos. "Accolgo con favore l’intenzione di normalizzare i rapporti e di trasferirli in canali adeguati", ha detto Famos. "D’altro canto mi stupisce che il Vaticano rifiuti una soluzione ben funzionante come quella attuale soltanto per motivi di protocollo: l’ambasciatore svizzero in Slovenia rappresenta anche gli interessi svizzeri in Vaticano. Sono del parere che gli investimenti possano essere impiegati in modo migliore che mettendo su una struttura parallela. Inoltre chiedo che venga introdotta una parità di trattamento.

Se l’idea dell'ambasciata in Vaticano verrà portata avanti, anche i rapporti del Consiglio federale con la Chiesa evangelica riformata dovranno essere ufficializzati.

 — Rita Famos

Come compensazione, Famos - la quale teme che l'apertura di una rappresentanza diplomatica in Vaticano possa rafforzare uno squilibrio confessionale in Svizzera - propone che la CERiS accrediti presso la Confederazione una persona responsabile delle relazioni dei riformati con il governo. “Un modello che si orienterebbe a quanto accade in Germania. Lì gli interessi del Consiglio della Chiesa evangelica vengono rappresentati presso la repubblica federale e l’Unione europea da un plenipotenziario". Dal 2013 la carica è ricoperta dal teologo Martin Dutzmann.

Il modello tedesco

In Germania la figura del "delegato" della Chiesa evangelica tedesca presso il governo federale venne creata alla fine del 1949. Poco dopo sorse anche la figura dell'“incaricato cattolico della Conferenza dei vescovi di Fulda presso il governo federale”, noto anche come “Katholisches Büro” (“Ufficio cattolico”). Poco dopo la fine della seconda guerra mondiale, in piena ricostruzione, in Germania, secondo la storica Dagmar Pöpping, "la Chiesa cattolica e quella evangelica perseguivano entrambe l’obiettivo di influenzare la politica e la società della Repubblica federale in senso cristiano. Tuttavia ciò provocò anche una massiccia concorrenza tra le confessioni per l’influenza e le posizioni nella Bonn politica".
Al di là di questa concorrenza tra le confessioni - conclude Pöpping -, l'istituzione dei "delegati" delle chiese costituì la risposta "alla concezione delle Chiese come partner dello Stato. Dovevano occuparsi insieme con lo Stato del benessere dell’insieme e contribuire a consolidare nello Stato i valori etici fondamentali".

No a trincee confessionali

"Il papa non viaggia per il mondo soltanto come dignitario religioso, bensì anche come capo di Stato. I riformati invece non sono una Chiesa mondiale, e non hanno nemmeno una persona di contatto ufficiale a Palazzo federale. La religione è un affare cantonale. E questo, come si sa, significa che le cose cambiano da cantone a cantone", ha scritto Felix Reich, caporedattore del mensile protestante "reformiert.". Il timore della Chiesa evangelica riformata in Svizzera (CERiS) che un’ambasciata nel cuore del cattolicesimo rafforzerà questo squilibrio, ha aggiunto Reich, "è dunque giustificato".

Felix Reich

La paura di essere svantaggiati è tuttavia un argomento debole contro una valorizzazione delle relazioni con il Vaticano.

 — Felix Reich

Secondo il caporedattore di "reformiert.", "aprendo un’ambasciata in Vaticano la Svizzera non si dichiara a favore del cattolicesimo. La diplomazia riguarda la rappresentanza degli interessi. È da chiarire se la Svizzera e il Vaticano possano unire le forze nel lavoro internazionale di costruzione della pace che lega piccolo Stato e microstato. E se un’ambasciatrice svizzera dovesse riuscire a promuovere a Roma il sistema svizzero con enti cattolici riconosciuti di diritto pubblico in cui le donne non si limitano a pregare e a lavorare, ma possono anche prendere decisioni, ne beneficeranno anche i riformati".
Reich ha concluso dicendo che "la CERiS non ha nulla da guadagnare scavando trincee confessionali. Indipendentemente dalla questione dell’ambasciata, che può essere demandata tranquillamente alla politica, essa ha comunque buoni motivi per esigere un canale istituzionalizzato a Palazzo federale. E chissà, forse la Conferenza dei vescovi potrebbe anche sostenere la richiesta".

Articoli correlati