Stati Uniti. Il migliore e il peggiore dei tempi

Otis Moss III, pastore a Chicago, denuncia il razzismo

07 ottobre 2020

(foto Clay Banks, unsplash)

Molto legato alle questioni di giustizia sociale, Otis Moss non esita a denunciare le violenze della polizia contro gli afroamericani e le incarcerazioni di massa. Per lui l’attuale rivolta sociale contro il razzismo è la prosecuzione di una lotta storica in cui la religione ha avuto un ruolo importante.

Come vive la sua comunità gli eventi seguiti alla morte di George Floyd, di altri neri americani e le manifestazioni che sono seguite?
Sono tempi difficili: sentiamo il peso della storia e quanto sia forte l’attesa di un cambiamento nel nostro paese. È difficile da sostenere moralmente. Il sentimento generale è un misto di collera e di entusiasmo, di frustrazione e di speranza. Ma la speranza resta contenuta.

Come affronta il razzismo nella vita quotidiana?
La mia spiritualità e il mio retaggio culturale mi aiutano a far vivere l’idea che noi “siamo figli di Dio”, questa idea che la nostra immaginazione e il nostro intelletto non sono soltanto doni di Dio, ma ci servono a resistere ogni volta che scegliamo di fare la cosa giusta in nome della nostra comunità. Praticare la nostra religione diventa un atto di resistenza, poiché la nostra pratica della fede e la nostra teologia sono profondamente radicate nella nostra storia di afroamericani e di africani deportati dall’Africa occidentale.

Otis Moss III

Non puoi dire: “Amo Gesù” e allo stesso tempo essere razzista. Le due cose non possono coesistere.

È quindi possibile essere cristiani praticanti pur essendo radicati nell’identità nera?
Sì, si tratta di quella che qui molti chiamano “la religiosità nera”. La teologia, le credenze, la pratica sono totalmente differenti rispetto alla chiesa evangelica bianca. C’è un attaccamento a Gesù che per noi è un palestinese ebreo con la pelle scura, non un bianco svedese. Per noi c’è un collegamento tra la croce e il linciaggio. La violenza, l’oppressione di cui Gesù fu vittima ci ricorda la violenza inflitta ai neri qui negli Stati Uniti. La nostra religione ha tanto più senso per noi perché è la nostra storia. La maggior parte delle ramificazioni della chiesa bianca qui respingono questo aspetto e queste differenze.

Pensa che tale rifiuto sia dovuto al razzismo?
Le citerò il reverendo Jim Wallis (teologo evangelico di sinistra, scrittore, attivista, fondatore della rivista Sojourners, ndr.), il quale ritiene che l’evangelismo americano abbia fatto del male non soltanto alle persone di colore, ma anche al cristianesimo in generale. Afferma: “L’evangelico americano bianco è più bianco di quanto non sia evangelico, proviene dal sud degli Stati Uniti, è il prodotto di una mitologia piena di risentimento contro i neri. E il suo attaccamento alla propria “bianchezza” è più forte del suo attaccamento a Gesù”. Ed è per questo motivo che ci sono sempre state tensioni fra le due chiese.

Si può essere cristiani evangelici e razzisti?
All’inizio l’evangelismo era progressista, predicava che siamo tutti uniti in Gesù Cristo. D’altronde al tempo del movimento abolizionista gli evangelici furono i primi a mobilitarsi. Divenne conservatore quando ci fu una commistione con l’ideologia confederata del sud, la cui priorità era la difesa delle piantagioni.
Negli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso, quando la chiesa nera è cresciuta grazie a Martin Luther King, la maggior parte delle chiese bianche del sud, che volevano mantenere la segregazione, decisero di abbracciare il movimento repubblicano. I repubblicani promettevano di “promuovere i valori del paese” e di “difendere i diritti dei cittadini” senza mai usare la parola bianco o nero, ma l’idea era quella. Scommisero sul risentimento nei confronti dei neri, che era più profondo dell’amore per Gesù. In un certo senso si può affermare che gli evangelici dell’epoca furono ingannati da persone al potere che volevano dividere i bianchi poveri e i neri poveri che avevano, in realtà, gli stessi interessi.

Martin Luther King jr.

Come si spiega il fatto che la grande maggioranza degli evangelici sostiene Donald Trump?
Donald Trump
ricorre agli stessi meccanismi del vecchio partito repubblicano negli Stati del sud. Alimenta il risentimento di certi bianchi. Da centinaia di anni vi è negli Stati Uniti la convinzione radicata, presso certe persone, che qualsiasi individuo non bianco che raggiunga il successo non lo meriti. Donald Trump ha letteralmente costruito la sua campagna ripetendo che lui non era Barack Obama, che avrebbe fatto tornare grandi gli Stati Uniti. I suoi elettori non si rendono nemmeno conto che gioca la carta del razzismo.

L’eredità di Martin Luther King è ancora presente oggi, nelle chiese o altrove?
Assolutamente sì. King era un radicale, un rivoluzionario che lottava contro il razzismo, contro lo sfruttamento economico e contro il militarismo degli Stati Uniti. La nuova generazione di attivisti ha però anche altre fonti di ispirazione. Nel movimento per i diritti civili c'erano anche altre figure come Ella Baker e Lou Hamer, il Black Panther Party, Malcolm X che sono oggi dei riferimenti.

È possibile lottare contro il razzismo senza lottare contro altri problemi come il patriarcato e la disuguaglianza nel campo dell’istruzione?
Assolutamente no. Sono tutte questioni legate fra di loro. Il razzismo alimenta il patriarcato, la misoginia, l’omofobia. Il razzismo è sempre legato anche all’economia. Quindi se vogliamo parlare di razzismo strutturale dobbiamo parlare di sfruttamento economico delle persone, di patriarcato e anche di ambiente e di giustizia ambientale. Possiamo considerarli come fiumi; il razzismo è uno di questi fiumi, il patriarcato un altro e l’omofobia un altro ancora. E tutti questi fiumi sfociano nel medesimo lago: lo sfruttamento dell’essere umano.

pastore William Barber, co-presidente della Poor People's Campaign

Lei ha citato figure di spicco del movimento dei diritti civili. Ci sono oggi personalità che ispirano il movimento attuale?
Non c’è un “leader” unico. Il movimento Black Lives Matter è decentralizzato, la sua forza deriva dalle reti sociali e dall’uso di messaggi, video che diventano virali e toccano tutti. Black Lives Matter si propaga come un vaccino che lotta contro il virus che è il razzismo. Ma ci sono comunque centinaia e persino migliaia di persone che sono di ispirazione con il loro lavoro su questi temi: il pastore e attivista William Barber (pastore evangelico della comunità dei discepoli di Cristo in Carolina del Nord, ndr.) con la sua campagna per i poveri, Alizia Garza, fondatrice di Black Lives Matter, i membri del progetto BYP 100 a Chicago (Black Youth Project, organizzazione afroamericana fondata negli Stati Uniti da Cathy Cohen, ricercatrice femminista di scienze politiche, allo scopo di dare più potere ai millennial, ndr.) e molti altri ancora. (da Réformes; intervista a cura di Loubna Anaki; trad. it. G. M. Schmitt; adat. P. Tognina)

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