Tempo per fare i padri

Intervista alla pastora Gabriela Allemann, presidente delle Donne evangeliche in Svizzera

05 settembre 2020

“Per quanto riguarda il congedo di paternità, la Svizzera è ancora un paese in via di sviluppo”: non ha dubbi la pastora riformata Gabriela Allemann, presidente delle Donne evangeliche in Svizzera (EFS), prendendo posizione su uno dei quesiti della votazione federale del prossimo 27 settembre, quello relativo all’introduzione per i neo-padri di due settimane di congedo retribuito all’80%, usufruibile nell’arco dei primi sei mesi di vita del figlio.
In Svizzera, dopo decenni di lotte, un congedo di maternità di 14 settimane è stato introdotto nel 2005. Ma per i padri non è previsto nulla a livello nazionale. La maggior parte dei papà-lavoratori ha diritto a un solo giorno alla nascita di ogni figlio. La Svizzera si colloca così in coda ai Paesi OCSE in termini di congedo parentale.

La Chiesa evangelica riformata in Svizzera (CERS) non ha ancora espresso alcuna posizione in merito. Guardando ad altri organismi cristiani in Svizzera, c’è silenzio anche sul fronte della Conferenza dei vescovi cattolici romani, dell’Alleanza evangelica o della Chiesa cristiana cattolica. Favorevole all’introduzione di un congedo di paternità è invece l’Unione delle donne cattoliche (Schweizerischer Katholischer Frauenbund), che sul proprio sito ha aperto un blog intitolato “Il Paese ha bisogno di nuovi padri”, dove la parola è data agli uomini.

Gabriela Allemann

Pastora Allemann, in fondo, il quesito su cui il popolo elvetico è chiamato ad esprimersi riguarda in prima linea gli uomini. Perché un’organizzazione di donne come la vostra, dovrebbe preoccuparsi di dare un’indicazione di voto?
Siamo convinte che è importante per ambedue i sessi, sia per gli uomini, che per le donne, per i padri e le madri. Sarebbe un passo importante nella direzione dell’uguaglianza di genere; è nell’interesse delle donne, se anche i padri si impegnano sul fronte della cura dei bambini e delle faccende domestiche.

La vostra posizione è supportata anche da argomentazioni bibliche o teologiche?
Sì, sono quelle riferite all’uguaglianza tra i sessi e che riguardano il genere umano in quanto tale: donna e uomo sono fatti a immagine e somiglianza di Dio e devono per questo anche avere le stesse possibilità. Teologicamente non c’è una prescrizione divina che indichi spazi o compiti da imputare solo alle donne o solo agli uomini. Come distribuire i carichi e le responsabilità tra sessi è una faccenda che si può risolvere in molti modi diversi, e la definizione di cosa sia femminile e cosa sia maschile, in fondo, è molto umana e molto poco divina.
Certo, non ci aiuta il vecchio immaginario veicolato dalla nostra cultura cristiana che vede la donna come una figura debole, come colei che si prende amorevolmente cura degli altri, che dà affetto e garantisce la corporalità. Questo immaginario ha contribuito a far sì che la donna fosse relegata in casa con i bambini, mentre l’uomo si muove soprattutto fuori, occupandosi di altro.

Se non sbaglio, la Bibbia non vieta ai padri di fare i padri…
Infatti. Così come le donne hanno saputo rompere con i modelli tradizionali, accedendo a delle sfere prima a loro precluse, così gli uomini possono aprirsi a nuove possibilità: hanno tutte le capacità per esplorare sfere diverse, come appunto la cura dei bambini. Certo, bisogna metterli nella condizione di poterlo fare, ma non c’è motivo che non ne abbiano le potenzialità, che non siano in grado di badare amorevolmente e con affetto ai bambini. Per ovvi motivi rimane loro precluso solo l’allattamento.

Il panorama cristiano svizzero è al suo interno molto diversificato, non solo confessionalmente, ma anche da un punto di vista delle posizioni in tema di morale, etica e famiglia. E lo è senza dubbio anche all’interno delle stesse parrocchie. C’è dibattitto all’interno delle chiese su questo tema?
Quello che osservo, per esempio su Twitter, sono dei commenti di colleghi pastori, anche piuttosto conservatori, ma che si dicono favorevoli al fatto che anche i padri possano trascorrere del tempo con i loro figli. Cominciano insomma a rivedere i loro modelli famigliari tradizionali, e questo è molto importante. Mi auguro davvero che ci possa essere all’interno delle chiese un dibattito su questi temi. Solo così potrà anche cambiare qualcosa.

Tra genitori, condividere il tempo di cura significa anche avere individualmente più tempo libero?
Sì, per me è questo un aspetto importante. Donne e uomini dovrebbero potersi impegnare di più a favore della società. Madri e padri devono poter trovare il tempo per svolgere del volontariato, anche nella chiesa. Un motivo in più per rimodulare i rispettivi ruoli parentali. Le stesse chiese dovrebbero avere un interesse diretto, affinché questi ruoli cambino. Non è più sufficiente che gli uomini si limitino a “dare una mano”. Tra genitori serve la condivisione della responsabilità. Forse la crisi del coronavirus, con il lockdown e l’homeworking, ha permesso ai padri di capire l’importanza di passare del tempo con i propri figli. Chissà che questa esperienza non agevoli l’esito positivo di questa votazione. Certo, due settimane di congedo paternità sono troppo poche. Per questo, come Donne evangeliche in Svizzera, chiediamo di più: andrebbe aggiunto un ulteriore congedo parentale di 24 settimane. Bisognerebbe ragionare in termini di “tempo per essere genitori”: un tempo da investire nella cura, nella costruzione di buone relazioni e nei rapporti di fiducia.

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