Il grido di Billie Holiday

Alle origini di “Strange Fruit”, una canzone contro le esecuzioni sommarie dei neri negli Stati Uniti

08 settembre 2020

(Barbara Marty) Nel 1939 Billie Holiday, all'epoca 24enne e cantante jazz già affermata, esegue per la prima volta “Strange Fruit”, al Café Society di New York. Due anni prima Abel Meeropol, insegnante e poeta ebreo comunista, aveva pubblicato i versi all’origine della canzone. Disgustato dall’atrocità dei linciaggi negli Stati Uniti, Meeropol denunciava quelle esecuzioni sommarie, usate per terrorizzare e controllare gli afroamericani, dal 1877 fino agli anni Cinquanta del secolo scorso.

Una canzone pericolosa
Quando Meeropol decide di mettere in musica la sua poesia, vede in Billie Holiday l’interprete perfetta. Sa che la sua canzone ha bisogno di una forza di convinzione e di uno spirito di indipendenza unici. “C’era qualcosa di fuori legge in Billie Holiday, qualcosa di radicale nel suo stile, nella sua postura e nel suo atteggiamento”, afferma il giornalista David Margolick.
Già affermata come artista jazz e blues, Billie Holiday aveva sviluppato fino a quel momento un repertorio incentrato sulle canzoni d’amore. Quando le viene proposto di interpretare “Strange Fruit”, in lei risuona qualcosa. Ricorda il razzismo subito da suo padre. Dopo qualche iniziale esitazione la Holiday registra la canzone nel 1939. “Non era una canzone che potesse essere trasmessa ovunque alla radio. Era troppo pericolosa e nessuno l’avrebbe passata. Perciò veniva eseguita soltanto in piccole sale”, prosegue Margolick. “Strange Fruit poteva essere cantata soltanto in locali notturni di sinistra come il Café Society di New York e fu lì che la eseguì per la prima volta”.

Il linciaggio di Duluth (1920)

Potente e unica
L’incontro delle parole di Abel con la voce di Billie produrrà un brano musicalmente straordinario. Per molti la canzone è scioccante e destabilizzante e Billie Holiday e i suoi musicisti accentueranno questo effetto producendo una messa in scena unica. La canzone ha un suo proprio rituale scenico.
“Cameriere e camerieri smettevano di servire da bere. Nessuno usava il registratore di cassa e tutte le luci erano spente. C’erano soltanto alcuni faretti puntati su di lei, ma il resto della sala era al buio. Era sempre la fine del suo set. Dopo quella canzone non riusciva a cantare altro. Veniva messa in scena in modo molto teatrale, ma ritengo che fosse questo a renderla coinvolgente, potente e unica”, commenta David Margolick.

Billie Holiday "Strange Fruit"

Un brano politico
Nel 1999 la rivista americana Time ha consacrato il brano “canzone del secolo”. Secondo alcuni “Strange Fruit” ha avuto un effetto politico tanto grande quanto il rifiuto di Rosa Parks di cedere il proprio posto in un autobus di Montgomery, Alabama, nel 1955.
“Credo che abbia radicalizzato tutta una generazione di giovani artisti”, dice ancora David Margolick, “perché ha saputo catturare i problemi razziali dell’America meglio di qualsiasi altra canzone”. Quella canzone divenne il cavallo di battaglia della Holiday che non interpretò mai più un brano così politico. A quasi 60 anni dalla morte della cantante, “Strange Fruit” è ancora estremamente attuale.
Nel 2017 la cantante britannica Rebecca Ferguson accettò di cantare alla cerimonia di insediamento del presidente americano Donald Trump a condizione di poter interpretare “Strange Fruit”. Le fu rifiutato. (trad. it. G. M. Schmitt; adat. P. Tognina)

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