Il viaggio dei Re Magi

Una vicenda medievale dai contorni misteriosi ha portato all'affermazione in Europa del mito dei magi venuti dall'Oriente

06 gennaio 2020

(ve/pt) Nel giugno del 1164 le truppe di Federico Barbarossa si impadroniscono di Milano. Nel caos della città abbandonata al saccheggio, Reinaldo di Dassel, vescovo di Colonia, da poco scomunicato dal papa e fedele cancelliere del Barbarossa, si impadronisce delle presunte reliquie dei re magi, custodite nella basilica di Sant'Eustorgio.
Il furto è parte di un piano ambizioso: portare le reliquie a Colonia per fare della città una meta di pellegrinaggio, ma anche impadronirsi di un simbolo da mettere al servizio delle mire imperiali di Federico. I magi che si erano messi in viaggio per andare a Betlemme ad adorare il Messia, mitici primi re cristiani, ora si muoveranno verso l'Europa del Nord per andare a rendere omaggio a un imperatore. Di lì a poco, Colonia avvierà la costruzione di una maestosa cattedrale che ospiterà le relique di Gaspare, Melchiorre e Baldassare e diventerà il quarto luogo sacro più visitato dai pellegrini, dopo Gerusalemme, Roma e Costantinopoli.

Il sonno dei Magi, Guislebertus (ca. 1130)

Un viaggio complicato
La cronaca del viaggio delle reliquie da Milano a Colonia venne ricostruita nel 1364 da un frate, Giovanni di Hildesheim, che racconta di un percorso tortuoso tra Piemonte, Savoia, Borgogna, Alsazia e Renania, fino al trionfale arrivo a Colonia il 23 luglio 1164.
A ricordare il passaggio delle reliquie sono frammenti di ossa lasciati in omaggio e custoditi in chiese lungo il percorso (una reliquia dei Magi è conservata ad esempio in una cappella dell’abazia di Montbenoît, nei pressi del fiume Doubs a una decina di chilometri a sud di Besancon, sul confine svizzero), ma soprattutto le insegne di locande, alberghi e osterie che avrebbero ospitato Reinaldo di Dassel e il suo seguito: “Ai tre Re”, “Le tre corone”, “Alla stella”, “La cometa”. Insegne con nomi simili si ritrovano in gran parte d’Europa, sia per la grande divulgazione del mito dei Magi, sia perché la loro leggenda era una rappresentazione del viaggio e un simbolo dell’umano errare.

Adorazione dei magi, Pacino di Buonaguida (ca. 1340)

Pellegrini milanesi
Ma forse Giovanni di Hildesheim non ha descritto il vero itinerario delle reliquie, e Reinaldo potrebbe avere seguito un altro percorso. Meno tortuoso di quello, potrebbe avere superato le Alpi attraversando i Grigioni, puntando verso Coira e raggiungendo Basilea dopo avere toccato Zurigo. Dalla città sul Reno (dove c’è il più noto tra gli alberghi intitolati ai Magi, il Grand Hotel Les Trois Rois, costruito nel 1681, affacciato sul fiume) in poi il percorso potrebbe essere identico. O magari questo era invece un percorso alternativo seguito dai pellegrini milanesi che fin dal tardo Medioevo si recavano a Colonia per pregare i “loro” Magi.
Quel che è certo è che ancora oggi, a Milano, ogni 6 gennaio, la città ricorda i magi con un imponente corteo in costume che si snoda da Piazza del Duomo fino alla basilica di Sant'Eustorgio (dove dal 1903 sono tornati alcuni frammenti delle reliquie dei magi, restituiti dal Capitolo del Duomo di Colonia).

Magi, Ravenna (6. secolo)

L’arrivo a Colonia
Alla fine del 12.esimo secolo Colonia contava circa trentamila abitanti: era una delle città più popolate della Germania e una tra le più ricche per il suo traffico commerciale. Non aveva ancora una università, che sarà avviata solo nel 1248 dal domenicano Alberto il Grande e dal suo assistente Tommaso d’Aquino.
Le reliquie furono depositate dapprima nella chiesa di san Pietro, poi, per valorizzarle, venne chiamato un orafo prestigioso, il francese Nicolas de Verdun. Utilizzando oro, argento, pietre preziose realizzò un capolavoro: una cassa a forma di basilica alta un metro e 53, lunga due metri e 20, larga un metro e dieci, dal peso di trecento chili. E attorno al sarcofago vennero avviati i lavori di costruzione della nuova cattedrale.

Duomo di Colonia, il sarcofago di Nicolas de Verdun

La storia delle reliquie
La leggenda narra che le presunte reliquie dei magi sarebbero state ritrovate intorno all'anno 300 da Elena, madre dell'imperatore Costantino, durante un pellegrinaggio a Gerusalemme. Portate a Costantinopoli, nel 343 sarebbero state donate dall'imperatore a Eustorgio, vescovo di Milano. E qui rimarranno per otto secoli, fino all’arrivo di Federico Barbarossa, che nel 1164 le porta a Colonia.
A gettare lo scompiglio ci pensò tuttavia il viaggiatore Marco Polo, il quale nel Milione raccontò di aver visitato, intorno al 1271, la tomba dei tre Magi a Saba, la città persiana da cui sarebbero partiti per andare ad adorare Gesù. Marco Polo li avrebbe visti “in una bella sepoltura, e sonvi ancora tutti interi con barba e co’ capegli: l’uno ebbe nome Beltasar, l’altro Gaspar, lo terzo Melquior”. Ma i difensori della versione "milanese" ebbero la meglio convincendo il pubblico che l'esploratore veneziano fosse un cronista a volte fantasioso e che Rustichello da Pisa, il trascrittore dei racconti di Marco Polo, amasse romanzare e aggiungere intuizioni tutte sue.

Il misterioso viaggio dei magi (Segni dei Tempi RSI)

Ma chi erano i Re Magi?
L'unico evangelista a parlare dei magi è Matteo, il quale racconta il loro arrivo a Gerusalemme. Magi era il nome dato ai sacerdoti dello zeroastrismo persiano, studiosi e osservatori del cielo e degli astri. Secondo l'evangelista, dei magi avevano seguito una stella che secondo loro annunciava la nascita del Messia, il nuovo re della Giudea. Lo trovarono a Betlemme, dove la stella si era fermata. Si prostrarono adorandolo e gli lasciarono in dono scrigni contenenti oro, incenso e mirra. Poi fecero ritorno al loro paese senza ripassare da Erode, che li aveva incontrati in precedenza e che aveva chiesto loro di avvisarlo quando avrebbero trovato il Messia.
Matteo non racconta altro. Che fossero in tre, che fossero re e che si chiamassero Melchiorre, Gaspare e Baldassare lo scopriamo solo molto più tardi, nei vangeli apocrifi. Poi ad arricchire di particolari la leggenda (la loro età, la provenienza, il colore della loro pelle) ci pensarono la fantasia popolare e le favolistiche interpretazioni di qualche ecclesiastico.

Adorazione dei magi, Giotto (ca. 1303)

Anche la stella è leggenda e diventerà una cometa con la coda perché così la rappresenta Giotto nella Cappella degli Scrovegni a Padova (un'opera risalente al 1303) dopo aver visto passare Halley, transitata nei cieli italiani nel 1301. Negli anni attorno alla nascita di Cristo non passò nessuna cometa e l’unico fenomeno astronomico luminoso di quel periodo fu una congiunzione Giove-Saturno che ebbe luogo sette anni prima.

Adorazione dei magi, Gentile da Fabriano (ca. 1453)