Ricordare i propri morti

Le religioni dedicano una certa attenzione al ricordo dei propri morti. Così anche i cattolici e i protestanti

02 novembre 2019

(ve/pt) Lo sguardo a ciò che appartiene al passato, a quelli che ci hanno preceduti, sembra corrispondere a un bisogno fondamentale dell'essere umano. Un bisogno che ha le proprie origini della notte dei tempi.

Cristiani e pagani
In Occidente, nel 5. secolo, i monaci che evangelizzano l'Irlanda, la Gran Bretagna e la Gallia si trovano confrontati con la festa religiosa di Samain, celebrata all'inizio del mese di novembre. Quella festa segna l'inizio della metà più buia dell'anno. Durante i giorni di Samain, il mondo dei viventi comunica - in modo simbolico - con il mondo degli dèi. Samain è una festa caratterizzata da rituali druidici, da banchetti e da orge.

Sempre nel 5. secolo, a Roma si celebra la festa cristiana detta “di tutti i martiri”. Tale festa cade il 13 maggio. Intorno all’anno 830, e forse nell’intento di contrastare la festa di Samain, papa Gregorio IV sposta la festa “di tutti i martiri” al 1. novembre. E la estende “a tutti i santi”. La festa di Ognissanti - come viene presto rinominata - finisce, qualche secolo più tardi, per precedere di un giorno la festa dei morti, celebrata il 2 novembre.

Santi e morti
La festa dei morti è un'eredità della tradizione monastica, ovvero delle letture monastiche del "rotolo dei defunti": la menzione dei fratelli di un'abbazia o di un ordine nel giorno anniversario del loro decesso. Si tratta di una tradizione inaugurata da Odilo di Cluny, nell’11. secolo. La ricorrenza di Ognissanti si impone come giorno festivo nei Paesi di tradizione cattolica. E col passare del tempo, il ricordo dei morti slitta, nella devozione popolare, dal 2 novembre al 1. novembre. Ne è prova l’uso di accendere dei ceri nei cimiteri e, a partire dal 19. secolo, di ricoprire - il 1. novembre - le tombe di fiori.

Domenica dell'eternità
Profondamente allergici al culto dei santi e dei morti, i protestanti hanno creato tuttavia una celebrazione alternativa alla festa di Ognissanti: la domenica del ricordo dei morti. È una tradizione relativamente recente che proviene dalla Germania luterana. Nel 1816, il re Federico Guglielmo III di Prussia decreta che l'ultima domenica dell'anno ecclesiastico, ovvero la domenica che precede la prima domenica di Avvento, diventi la festa del ricordo dei morti. Il motivo che spinge il monarca prussiano a prendere questa decisione, è triplice: innanzitutto egli vuole istituire una data per commemorare i caduti delle guerre contro Napoleone, in secondo luogo intende ricordare la morte della regina Louise, e infine desidera introdurre nella liturgia evangelica una data in cui ricordarsi dei defunti protestanti.

Tradizione protestante
Le Chiese evangeliche tedesche hanno adottato velocemente la ricorrenza voluta da Federico Guglielmo III e questa domenica ha acquistato una grande popolarità - malgrado le riserve sollevate da molti teologi -, con visite al cimitero e decorazione delle tombe.
Negli anni 1950, allo scopo di evitare lo scivolamento nel culto dei morti e per riorientare questa data nel senso della speranza nella risurrezione finale, l’ultima domenica dell'anno è stata rinominata, nelle chiese evangeliche che l’hanno introdotta nel proprio calendario, “domenica dell'eternità” o “domenica del Giudizio”.
Pur trattandosi di una ricorrenza luterana, anche alcune chiese evangeliche riformate - che si richiamano cioè alla Riforma calvinista-zwingliana, svizzera - hanno ripreso recentemente questa tradizione tedesca. L’intenzione è quella di mostrare che la comunità non lascia sola quelli che sono stati toccati dal lutto. Le famiglie che hanno perso un parente nell'anno che sta per concludersi, sono invitate a partecipare a un culto - detto “del ricordo” o “dell'eternità” -, celebrato la domenica che precede il primo Avvento. Durante il culto vengono letti i nomi dei defunti. Questo momento particolare mostra simbolicamente il fatto che la morte fa parte della vita. È un gesto che intende permettere di fare memoria, per potere superare la tristezza della separazione.

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