Il futuro delle chiese costruite nel dopoguerra

Secondo lo specialista Johannes Stückelberger occorre trasformarle in spazi polivalenti

12 novembre 2019

A partire dagli anni Cinquanta del secolo scorso in Svizzera sono state costruite mille chiese. La loro architettura semplice, moderna, spesso in cemento, ha fatto loro ottenere il nomignolo di “false chiese”. A causa della diminuzione del numero dei cristiani molti luoghi di culto si svuotano e si pone la questione della riconversione degli edifici. La polivalenza degli spazi offerta dalle chiese moderne potrebbe rivelarsi una soluzione per il futuro.
Una banca dati relativa al patrimonio religioso moderno del paese, accessibile online, propone una panoramica completa di questi edifici di culto.

Sullo stesso sito si trovava già una banca dati concernente le riconversioni delle chiese abbandonate o non più utilizzate a scopi di culto. Un progetto coordinato dallo storico dell'arte Johannes Stückelberger.

Johannes Stückelberger, perché le chiese costruite durante la seconda metà del 20.esimo secolo sono particolarmente interessate dalla riconversione?
Abbiamo repertoriato 1000 edifici (chiese, cappelle, monasteri) costruiti dopo gli anni Cinquanta del secolo scorso in Svizzera. Di questi poco meno di 200 sono protestanti e oltre 600 cattolici. Queste chiese non sono sempre edifici sotto protezione. Inoltre i materiali da costruzione usati non erano di grande qualità. Nella maggior parte dei casi erano realizzate in legno o in cemento. Nel caso di queste ultime l’armatura arrugginisce e il cemento si sgretola, senza contare le infiltrazioni d’acqua in una materia che non era così densa come oggi. Stanno raggiungendo l’età in cui è indispensabile una ristrutturazione. E infine spesso non sono considerate vere chiese a causa della loro architettura moderna, in contrasto con le chiese classiche costruite fino alla metà del 20.esimo secolo. Tra venti anni potranno in parte essere distrutte.

Per lei sarebbero tuttavia sinonimo di futuro...
Le chiese moderne non sono soltanto luoghi di culto. Sono costruite come centri parrocchiali, comunitari. Sotto lo stesso tetto trovano spazio tutte le varie attività della chiesa. Ci sono sale per accogliere il catechismo e i giovani, altre per la formazione degli adulti, un teatro e anche un alloggio per il pastore o il prete. Questi edifici testimoniano di un nuovo concetto: la chiesa in quanto istituzione e la comunità non esistono soltanto la domenica mattina. Grazie al modo in cui sono organizzati gli spazi, questi edifici sono polivalenti e sono adattabili in funzione delle necessità, che si tratti di spostare i banchi o di installare nuovi mobili.

Johannes Stückelberger

Questi edifici corrispondono all’evoluzione delle pratiche della comunità di fedeli, ma come la mettiamo con il fatto che il numero dei cristiani è in calo e le chiese si svuotano?
Questa realtà spinge verso la riconversione di questi edifici. Si è soliti pensare che ciò sia sinonimo di distruzione o di vendita e si immagina già una proliferazione di bar all’interno delle chiese. Ma non è questa l’opzione prevalente in Svizzera. Le chiese pensano a un impiego più ampio del luogo.

In che cosa consiste questo genere di riconversione?
Si tratta di ridurre i costi più che il numero di edifici. Le chiese moderne hanno un elevato potenziale per il futuro. La multifunzionalità degli spazi permette alla comunità di sfruttarli secondo le proprie necessità, ma anche di trovare partner che usino lo spazio e garantire così un flusso di entrate alle comunità che ne sono proprietarie. Ma ciò si accompagna a una messa in discussione dell’uso del luogo.
Da vent’anni sono consulente per le chiese cantonali e le parrocchie su tali questioni. Le domande sono in aumento e concernono essenzialmente la riorganizzazione dello spazio. È quindi necessario sapere che cosa si intende farne, avere un concetto. Ma la prima sfida è riuscire a proteggerle. Le chiese della Rouveraie a Ginevra e delle Forges a Neuchâtel, per esempio, sono già state distrutte.

Chiese vuote, chiese vendute (Segni dei Tempi RSI)

Queste chiese sono state costruite per rispondere al boom demografico del dopoguerra. Come si spiega che si contano più edifici cattolici che protestanti?
Il numero importante di edifici cattolici si spiega da un lato con il fatto che le grandi città di Berna, Basilea, Zurigo e Ginevra erano protestanti e quindi mancavano in esse luoghi di culto cattolici. In quel periodo la Svizzera ha conosciuto l'afflusso di lavoratori stranieri, provenienti spesso da paesi cattolici del sud e raggiunti successivamente dalle proprie famiglie. Ma le situazioni variano da cantone a cantone.
Nel canton Vaud, per esempio, si trovano 19 chiese moderne protestanti e 36 cappelle cattoliche. Nel canton Grigioni ce ne sono molte di meno, un numero quasi pari a zero, e ciò si spiega con il debole aumento della popolazione in questa regione. In Vallese in questo periodo sono state costruite un centinaio di chiese. All’epoca il vescovo di Sion dovette insediare un gran numero di sacerdoti.

Di fronte all’urgenza si è fatto anche ricorso a chiese prefabbricate?
Si contano una ventina di queste chiese provvisorie, operative nel giro di sei settimane. Le si riconosce per la loro forma a tenda. Tra gli anni Sessanta e gli anni Settanta del secolo scorso l’organizzazione di aiuto cattolica Sacrificio Quaresimale aveva sviluppato un progetto per aiutare le parrocchie cattoliche povere, le quali potevano prendere in affitto o acquistare queste chiese prefabbricate. Vi hanno fato ricorso anche i protestanti. La chiesa riformata di Therwil, nel cantone di Basilea, dove vivo, è una di queste. È stato necessario compiere alcuni lavori, in particolare per migliorare l’impianto di aerazione, poiché la temperatura poteva superare i 30 C°. È ideale specialmente per i culti con le famiglie e i bambini, perché possiamo spostare i banchi e stendere un grande tappeto. Anche se queste chiese dovevano essere effimere, in tutta la Svizzera se ne contano ancora una quindicina. Nel corso degli anni i fedeli hanno sviluppato un forte attaccamento a questi edifici. (ProtestInfo; trad. it. G. M. Schmitt; adat. P. Tognina)

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