La chiesa e i social media

Stefanie Neuenschwander: "Spesso le chiese sono prive di un concetto per la comunicazione sui social media"

30 novembre 2019

(Andreas Bättig) La teologa evangelica svizzera Stefanie Neuenschwander ha indagato, nella sua tesi di master, il potenziale delle piattaforme social media come strumento di comunicazione per le chiese cristiane. Nell'intervista, spiega come queste dovrebbero interagire con i social media e quali sono gli errori che vengono commessi in questo campo.

La chiesa ha un buon rapporto con i social media?
Dovrebbe sicuramente investire di più per potere usare al meglio le opportunità offerte da questo mezzo di comunicazione. È vero che un gran numero di comunità parrocchiali, di pastori e pastore, di operatori giovanili e altre figure legate alla chiesa sono attive su reti sociali come Facebook o Twitter, ma spesso manca a livello cantonale e comunitario un concetto generale per la comunicazione sui social media.

Quali sono gli ostacoli che impediscono un migliore utilizzo dei social?
Alcuni hanno ancora oggi un approccio molto critico. Temono soprattutto che i social media e la digitalizzazione in generale prendano il posto del contatto diretto e delle relazioni tra le persone. E ciò provoca preoccupazioni, eccessive cautele e una certa avversione.

Stefanie Neuenschwander

Nella sua tesi ha indagato il possibile uso dei social media come piattaforme per il lavoro delle chiese. Quali sono i suoi consigli al riguardo?
In generale raccomanderei l’uso dei social media soltanto a coloro che apprezzano questo strumento di comunicazione. Chi non nutre un interesse per questo canale di comunicazione non sa nemmeno a che cosa serva davvero. I contenuti pubblicati danno allora l’impressione di essere stati inseriti frettolosamente. Sui social media, tuttavia, l’autenticità è importante. Perciò consiglio di affidare la comunicazione sui social media a chi è davvero portato per farlo.

Intende dire che la comunicazione sui social media dovrebbe essere affidata a giovani?
Non soltanto. Ma se nella comunità parrocchiale ci sono giovani interessati che conoscono bene queste piattaforme e le utilizzano volentieri, allora bisogna cercare di coinvolgerli. Impiegarli come volontari in questo settore sarebbe una grande opportunità. È importante tuttavia che la chiesa riconosca che questi canali necessitano di molto impegno e anche di professionalità. Bisogna pubblicare qualcosa regolarmente, moderare discussioni e così via. Chi utilizza soltanto sporadicamente il proprio canale social media non raggiungerà nessuna community.

Qual è il modo migliore per raggiungere questa community?
Bisogna essere consapevoli che i social media funzionano per orientamenti tematici. La cosa migliore è pubblicare una riflessione avvincente, per esempio qualcosa che può essere espresso in un sermone e che suscita interesse anche al di là della propria comunità e stimola la discussione.

A che cosa bisogna prestare attenzione quando si ha a che fare con i social media?
Il rispetto della protezione dei dati è estremamente importante. La chiesa dispone dei dati completi di tutti i suoi membri e dovrebbe quindi essere esemplare nella loro gestione. Anche la lotta contro i discorsi di incitamento all’odio dovrebbe essere in cima alle priorità delle chiese.

Che uso fa lei dei social media?
Faccio parte di quel 90% che pubblica pochissimi contenuti sui social media. Tendo più a consumare che a produrre. È interessante notare che sono in molti a fare così. Ho chiesto ai giovani della mia chiesa che uso fanno dei social media. Neppure loro rivelano molto di sé e sono molto prudenti. Mi ha stupito che praticamente tutti non condividano che un’unica foto di sé sui propri profili social.

Lei si definisce una consumatrice. Non è l’approccio sbagliato per una pastora?
Sì e vorrei migliorare sotto questo aspetto.

Che cosa consiglia a pastore e pastori nel rapporto con i social media?
Molti vorrebbero tenere separate l’attività pastorale e la vita privata. Tuttavia proprio i social media offrono a pastore e pastori la possibilità di mostrare chi sono come persone. È un’opportunità per confutare l’immagine antiquata e sorpassata del pastore come persona diversa dalle altre e mostrare come amano e vivono questa professione. Quindi perché non pubblicare qualche volta un post sulla manutenzione del giardino parrocchiale o qualcosa del genere?

Stefanie Neuenschwander è pastora della chiesa riformata di Maur, nel canton Zurigo, e ricercatrice sul tema della digitalizzazione presso la facoltà di teologia dell’Università di Zurigo (da reformiert.; trad. it. G. M. Schmitt; adat. P. Tognina)

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