Cile stanco e indignato

Una lettera della pastora luterana cilena Izani Bruch sulla difficile situazione nel suo paese e nella capitale

01 novembre 2019

(ve/gc) “Ciò che succede a Santiago è la risposta alla violenza strutturale che esiste nel paese, è il risultato di un sistema di ingiustizie”: ne è convinta la pastora Izani Bruch della Chiesa evangelica luterana in Cile (IELCH), che lo scorso 19 ottobre ha firmato una lettera pastorale a proposito dei disordini e delle violenze che il paese sta vivendo da quando le autorità hanno alzato il prezzo del biglietto della metropolitana. “Ripudiamo ogni atto di violenza e vandalismo. Ma non lasciamoci ingannare facilmente dai media”, si legge ancora nella lettera.

Izani Bruch

Memoria di tempi bui
Lo stato di emergenza imposto il 19 ottobre, con la massiccia militarizzazione delle strade e il coprifuoco dalle 22 alle 7 del mattino, per la prima volta da quando trent’anni fa in Cile è tornata la democrazia, è stato revocato dal presidente Sebastián Piñera, che ha anche annunciato un rimpasto di governo. Ma nella mente dei cileni ha richiamato inevitabilmente alla memoria i tempi oscuri della dittatura di Augusto Pinochet. Lo scorso 25 ottobre nella capitale è sceso pacificamente in strada oltre un milione di persone: la marcia più grande da quando nel 1990 fu introdotto il sistema democratico.

Nella memoria dei cileni si riaffacciano gli anni bui di Pinochet

Gravi violazioni dei diritti umani
L’Istituto nazionale per i diritti umani ha denunciato gravi violazioni da parte delle forze dell’ordine che vanno dallo stupro a torture, da detenzioni arbitrarie a nudità forzate. Gli arresti nella regione metropolitana sono quasi 900, nel resto del paese più di 1500. Il bilancio attuale delle proteste è di 18 vittime, cinque morti sono state imputate alle forze di sicurezza.
La Commissione interamericana dei diritti umani (CIDH), organismo che ha sede a Washington (USA), ha denunciato l’uso eccessivo della forza da parte di agenti e militari. E l’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, la ex presidente cilena, Michelle Bachelet, ha deciso d’inviare una missione di osservatori per indagare sulle denunce di violazioni e abusi.

Michelle Bachelet

Società frammentata
Il Cile è uno dei paesi più ricchi della regione sudamericana ma fortissime sono al suo interno le disuguaglianze sociali e l’insofferenza dei cittadini per il costo della vita, e la mancanza di riforme economiche si fa sentire.
“Viviamo in una società di frammentazione e polarizzazione, con un’economia di mercato neoliberista che pone la crescita economica come una priorità e trasforma tutto in produzione e consumo di beni. Questo sistema guida valori che distruggono la vita della creazione e danneggiano profondamente la dignità umana. In una società come il Cile con un’economia di mercato neoliberista, vengono favorite la concorrenza, mentre la disuguaglianza sociale aumenta” si legge ancora nella lettera della pastora Bruch, che vede in questo stato delle cose la radice delle sommosse. Tra i molti fattori che hanno portato la popolazione alla disperazione la pastora cita anche il sistema sanitario insufficiente, la privatizzazione dell’acqua e il deterioramento dell’ambiente.

Verso un nuovo ordine sociale
“Siamo una società stanca, indignata e indebitata - prosegue Bruch -. Non abbiamo bisogno di militari per le strade, non abbiamo bisogno di uno stato di emergenza, abbiamo bisogno di un nuovo ordine sociale con strutture più giuste, più eque e partecipative. Chiediamo al governo di promuovere politiche pubbliche che consentano un accesso equo ai beni comuni. Riteniamo che il percorso non sia la repressione e la criminalizzazione delle proteste legittime, ma la promozione di un sistema di maggior benessere che promuova la cura della vita e del Creato, un sistema che ci consenta di avere e vivere con il necessario”, conclude la pastora.

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