Il Vangelo secondo Milo

Manifesto politico, teatrale e cinematografico di solidarietà con i diseredati del regista svizzero Milo Rau

10 ottobre 2019  |  Gaëlle Courtens

Cosa predicherebbe Gesù nel 21. secolo? Se lo chiede il regista svizzero Milo Rau, che a Matera, città europea della cultura 2019 - prendendo spunto dalle passioni di Pier Paolo Pasolini e Mel Gibson - ha appena finito di girare le prime scene del suo nuovo film dal titolo: “Nuovo Vangelo - Rivolta della dignità”. Ma quella di Rau è molto più di una produzione cinematografica: è anche una campagna per i diritti dei diseredati, rifugiati, richiedenti asilo, disoccupati, protagonisti di una umanità dolente, con tanto di hashtag: #JesusIsBack, #NuovoVangelo, #ThisLandIsYourLand. E non manca nemmeno un manifesto che esordisce con il versetto biblico: “Non sono venuto per abolire la Legge, ma per darle compimento”, tratto dal discorso della montagna del Vangelo secondo Matteo (5,17), con al centro la lotta alle moderne schiavitù.

Nei campi del Sud

A Matera e nei “ghetti” dei braccianti africani, Milo Rau, insieme ad una trentina di associazioni sul territorio, nelle scorse settimane ha anche organizzato delle manifestazioni, prontamente girate e che confluiranno nel suo film.

Tra arte e attivismo
Ad interpretare il primo Gesù nero della storia del cinema è il camerunense Yvan Sagnet, sindacalista e attivista, promotore del primo sciopero dei braccianti stranieri in Puglia nel 2011. “Fu grazie a lui che l’Italia si dotò di una legge contro il caporalato tra le più avanzate, ma anche meno applicate. Anzi, il sistema dello sfruttamento è andato se possibile ancora peggiorando”, ci dice Rau, che quel versetto biblico per il “manifesto” non l’ha scelto a caso. Così come non è un caso che ad interpretare i dodici apostoli siano raccoglitori di pomodori, braccianti africani - per lo più musulmani - e contadini italiani che vivono quotidianamente, sulla propria pelle, i soprusi della criminalità organizzata.

Yvan Sagnet

Per creare idealmente un collegamento con le due passioni materane precedenti, Milo Rau ha scelto anche attori professionisti: nel ruolo di Maria c’è Maia Morgenstern, intensa Maria di Gibson, e nei panni di Giovanni Battista c’è Enrique Irazoqui, che aveva rivestito i panni di Cristo per Pasolini. Marcello Fonte interpreta Ponzio Pilato. E c’è anche un sacerdote cattolico: a ricoprire il ruolo di Giuseppe d’Arimatea è Mussie Zerai, eritreo e attivista per i diritti dei profughi.

Dalla rivolta alla resurrezione
Dopo le riprese a Matera, città che ha fatto da sfondo all’ingresso di Gesù a Gerusalemme e alla crocefissione, incontriamo il 42enne regista sangallese a Roma, alla vigilia dell’ultimo atto: questa sera al Teatro Argentina andrà in scena la risurrezione secondo Milo.
“Le ultime riprese a Matera sono venute bene, ora ci manca la scena della destituzione dalla croce e poi la risurrezione”, ha detto Rau a Voce evangelica. In presenza di attivisti provenienti da tutta Italia ci sarà l’annuncio del “Manifesto della Dignità” che verrà votato dal pubblico trasformato per l’occasione in assemblea politica. Con questo atto verrà dato inizio ad una campagna mondiale per il diritto alla cittadinanza globale.

Il regista Milo Rau

“Nel racconto biblico, alla fine del processo contro Gesù, siamo di fronte ad un atto di verità: la verità è che sono i cittadini e le cittadine a decidere cosa sarà di lui. Ed è un messaggio che nella Bibbia ricorre continuamente: quel che succede dipende dalla gente. È la gente che fa accadere le cose. La risurrezione per me è un atto che deve compiersi nella società civile. Non risorge il corpo, ma deve risorgere il messaggio”, spiega Rau, dichiaratamente ateo, che tra il pubblico ha voluto anche degli abitanti dello “Spin Time Labs”, palazzo romano occupato da 160 famiglie italiane e migranti, a due passi da Santa Croce in Gerusalemme.

La finzione diventa realtà
Se le produzioni di Milo Rau sono ambientate nel campo della finzione e della messa in scena, le stesse produzioni hanno delle ricadute concrete. Due giorni fa, a pochi chilometri da Matera, è stata inaugurata la “Casa della dignità”. “Grazie ad un crowd funding e con la collaborazione del mondo dell’associazionismo e di alcune organizzazioni cristiane, una sessantina di persone che prima vivevano nei ghetti dei braccianti africani sono ora ospitate in questa nuova struttura - dice visibilmente soddisfatto Rau -. Tra loro anche qualcuno dei nostri apostoli”.

Durante le riprese del film

“Documentazione utopica”, così la chiama Rau. Prendendo spunto da scenari reali, coinvolgendo testimoni in carne ed ossa - attivisti, migranti, contadini sfruttati, esponenti politici, Rau produce effetti veri attraverso la finzione, effetti che hanno una reale ricaduta nella vita delle persone e nelle situazioni che va ad indagare. “La finzione - dice - è più forte della realtà, se riesce ad essere reale. È qui il miracolo del teatro”.

Dare voce a chi non ce l’ha
L’effetto che Rau si augura con il suo “Nuovo Vangelo” è che chi non ha voce riesca a farsi sentire. “Si stima che in Italia siano mezzo milione gli sfruttati nei campi agricoli. Persone invisibili, schiavi moderni. Il ‘Nuovo Vangelo’ in questo senso è uno spazio di documentazione utopica: è qui che si può collocare una rivolta della dignità. Così possono venire alla luce le loro rivendicazioni”, aggiunge Rau, consapevole che la sua interpretazione della Bibbia rientri in fondo “in un filone assai tradizionale, quello cioè che lega la lotta sociale alla fede, dove i più diseredati, grazie al testo biblico, sono presi in considerazione. Per il mio lavoro - prosegue Rau - questo è un approccio importante. Volevo un Gesù e degli apostoli che abbiano un’effettiva legittimazione per proclamare la Parola. La potenza di quella parola è infinitamente più grande se sono i diretti interessati a pronunciarla”.

Schiavi in Svizzera
“Per quanto ne so, la Svizzera con le sue multinazionali ha milioni di schiavi disseminati nel mondo, ne ho anche parlato in diversi progetti, per esempio in quello sul Centrafrica. Ma che la Svizzera abbia degli schiavi in casa, è davvero inquietante”. Rimane di stucco Milo Rau di fronte ai numeri del Global Slavery Index appena pubblicato, che parla per la Svizzera di 14'000 persone ridotte in schiavitù. Commenta il regista: “Dove sono? In che ambiti vengono sfruttati? Nei lavori di cura, nell’assistenza domestica, nella gastronomia, nell’agricoltura, oppure nella prostituzione? Andrebbero trovate e sostenute, ma qui c’è il problema che ho riscontrato anche in Italia. Queste persone hanno spesso uno statuto illegale, quindi sono invisibili. La schiavitù e l’illegalità sono sempre legate. Il fatto che nessuno possa essere proprietà di qualcun’altro è una grande conquista delle società moderne. Ma la criminalità agisce dove la vittima è senza diritti, quando non ha meccanismi di difesa e non può appellarsi alla giustizia”.

La schiavitù e l'illegalità sono sempre legate

Il Vangelo che trasforma
Intanto, Milo Rau ci confida come il suo “Nuovo Vangelo” lo abbia già trasformato: “Con ogni produzione divento più tollerante nei confronti di altre persone. Ma in questo caso particolare sono diventato più tollerante nei confronti dei credenti. Mi sono sempre chiesto, ma come può una persona intelligente credere in Dio? Per me, che mi reputo erede dell’illuminismo, sono due aspetti che si escludono a vicenda. Ma attraverso i miei progetti, penso anche a ‘Oreste a Mosul’, dove ho lavorato a stretto contatto con tanti musulmani, e ora con il mio film su Gesù, comincio a capire come funziona un credente. Prima semplicemente non avevo avuto occasione di conoscere da vicino questi aspetti. E per quanto mi riguarda, ora capisco meglio il motivo per cui mi piace così tanto lavorare con altre persone”.

La campagna prosegue
Con la risurrezione questa sera al Teatro Argentina di Roma si concludono le riprese del “Nuovo Vangelo”, ma non finisce la campagna della “Rivolta della dignità”. Il prossimo appuntamento in agenda è a Palermo il 10 novembre, per un momento pubblico di “Prima Missione”. Spiega il regista: “qui si tratterà di mettere il focus su Paolo di Tarso. La nostra idea è di rendere universale la rivolta, dicendo che non si tratta solo dei diritti dei braccianti nell’Italia meridionale, o degli ebrei, se guardiamo al racconto biblico, ma che tutti possono diventare Cristo e diffondere questo messaggio di liberazione e solidarietà”.
In film sarà nelle sale nell’autunno del 2020.

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