L'immagine cristiana delle donne

La teologa Élisabeth Parmentier sostiene che il cristianesimo abbia contribuito a sviluppare l’idea di una donna incapace di essere autonoma

11 settembre 2019

Docente presso l’Università di Ginevra ed esperta di teologia femminista, Élisabeth Parmentier riflette sull’impatto delle interpretazioni misogine della Bibbia nella storia del cristianesimo.

Sappiamo che Gesù ha infranto i codici della sua epoca e si conserva di lui l’immagine di un rivoluzionario. Perché il cristianesimo si è mostrato sin dagli inizi così conservatore riguardo alle donne?
È vero che i vangeli mostrano che Gesù si rivolge alle donne, che esse lo seguono, che esse prendono la parola. Ma sin dagli inizi del cristianesimo sorgono movimenti contrari a questa apertura. Bisogna ricordare che il cristianesimo è allora un movimento controculturale: una setta che lotta per ottenere legittimazione nell’impero romano. In una società antica in cui bisognava assumere il ruolo previsto per il proprio genere, le donne liberate davano fastidio. Da qui la necessità di inquadrarle rigidamente, come in un passaggio della lettera di Paolo a Timoteo in cui viene loro intimato di non farsi notare all’interno di una religione ancora fragile.

Elisabeth Parmentier

La donna impari in silenzio, in piena sottomissione. Non permetto alla donna di insegnare né di dominare sull’uomo; rimanga piuttosto in atteggiamento tranquillo (ap. Paolo)

Perché questa visione è poi perdurata?
Dopo l’istituzionalizzazione il secondo problema del cristianesimo è stato la trasmissione. Su che cosa bisognava porre l’accento? Sistematicamente si è scelto di privilegiare i testi che riflettevano i codici culturali dell’epoca: la donna come “aiuto” dell’uomo piuttosto che “uguale” nei racconti della creazione della Genesi, o l’ingiunzione di Paolo alle donne di tacere piuttosto che la piena parità che l'apostolo evoca nella lettera ai Galati.

Gerard Dou (ca. 1630), Donna che legge la Bibbia

Nella società antica le donne liberate davano fastidio

Quali motivi hanno spinto il cristianesimo in questa direzione?
Uno dei motivi è che i costumi antichi esigevano che fossero gli uomini a dirigere. Hanno quindi automaticamente privilegiato una trasmissione dei testi in accordo con la preminenza maschile. Parallelamente si ammettono le donne, ma a condizione che siano “come gli angeli” (senza corpo). Nel Medioevo la filosofia riprende Aristotele, la cui influenza si fa sentire sino alla Riforma. Per Aristotele la donna è un uomo “mancato”, una sorta di “difetto” della fecondazione. È considerata più debole fisicamente, incapace di pensare razionalmente, soggetta alle proprie emozioni.

Elisabeth Parmentier

Come si spiega che le donne rimangono a volte ancora relegate in ruoli secondari nelle comunità protestanti, in particolare in quelle più tradizionaliste?
È impegnativo e difficile prendere la parola in pubblico e assumersi responsabilità, poiché ci si espone alle critiche. Molte donne non si sentono abbastanza temprate per esporsi. Privilegiano piuttosto la dimensione pratica dell’impegno. È una questione di mancanza di fiducia in se stesse e a volte di mancanza di modelli. E tuttavia nel protestantesimo c’è una lunga tradizione di donne impegnate.

Suffragette negli Stati Uniti

Le donne sono state a lungo considerate incapaci di pensare razionalmente e soggette alle loro emozioni

Ma è anche vero che le donne che si assumono responsabilità vengono ancora accusate di essere carrieriste, autoritarie e così via. Nel caso di un uomo si dice che ha ambizioni, ma quando sui tratta di una donna si mormora: “Mi dispiace per suo marito, come se la caveranno i figli?”

Il sessismo è preso più sul serio nel protestantesimo che altrove?
Dagli anni Sessanta del secolo scorso c’è un autentico desiderio di valorizzare maggiormente le donne: ci sono più ministeri femminili, si affidano loro responsabilità direttive più facilmente che in altre comunità. Le donne sono ampiamente presenti nei sinodi, nelle assemblee, nei consigli presbiterali e così via.

Il vantaggio del protestantesimo è che il potere delle donne non è legato a una funzione pastorale. È il Consiglio presbiterale che dirige la parrocchia e in esso il pastore ha un voto. La tradizione della Riforma ha separato le questioni teologiche dal potere. E questa è certamente un’opportunità. (da Réformés, intervista a cura di Camille Andres; trad. it. G. M. Schmitt; adat. P. Tognina)

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