Quale pace per l'Europa?

Chiese europee a Parigi per un’Europa in pace con i suoi vicini

22 settembre 2019  |  Claire Bernole

Mettersi in ascolto delle “dure lezioni del passato” per impegnarsi ad essere oggi, in Europa e nel mondo, strumenti di pace e di riconciliazione. Con questo obiettivo si è svolta a Parigi, dal 10 al 12 settembre, la Conferenza internazionale di pace indetta dalla Conferenza delle Chiese europee KEK, a 100 anni dal trattato di pace di Versailles che pose fine alla prima guerra mondiale.

I lavori sono stati aperti dal pastore Christian Krieger, presidente della KEK, il quale ha ricordato che il contesto storico in cui sessant'anni fa nacque la Conferenza delle chiese europee, era “un’Europa frammentata e divisa dopo la seconda guerra mondiale. Allora c’era una reale necessità di superare le divisioni politiche e lavorare per la guarigione e la pace”. È questa la missione che le Chiese cristiane in Europa continuano a svolgere ancora oggi per far emergere “un’Europa umana, sociale e sostenibile in pace con se stessa e con i suoi vicini, in cui prevalgono i diritti umani e la solidarietà”.

Christian Krieger

Christian Krieger, in che cosa consiste la vocazione della KEK per quanto riguarda il tema della pace?
Storicamente la KEK è nata da un progetto di riconciliazione tra i Paesi d'Europea e di solidarietà tra le chiese sui due lati della Cortina di ferro.
Oggi sentiamo il bisogno di riprendere e proseguire il lavoro per la pace. Uno degli ambiti su cui ci concentriamo è quello della produzione di armi. Alcune chiese che fanno parte della KEK, e penso in particolare a quella tedesca, si sono molto occupate di questo argomento e sono fortemente critiche nei confronti dell'industria degli armamenti del loro Paese. E poi c'è la questione del multilateralismo, l'avvento dei partiti populisti in Europa, le crescenti tensioni sociali.

Partecipanti alla Conferenza di Parigi

Perché riflettere sulla pace in Europa a partire dal trattato di Versailles di cui ricorre il centenario della firma?
Quel trattato intendeva stabilire una pace duratura. In realtà inaugurò un periodo tra due guerre mondiali creando anche alcuni problemi, forse perché fu redatto senza la partecipazione di tutti gli attori. Di certo dimostrò che la pace non si può imporre intorno a un tavolo, ma va costruita trasformando i cuori. Il trattato di Versailles disegnò in parte l'Europa e il Medio Oriente che conosciamo ancora oggi. Alcune ferite da esso provocate, penso ad esempio alla situazione dell'Ungheria, non sono ancora del tutto rimarginate.

L'anniversario della firma del trattato di Versailles è dunque vissuto in modo diverso dalle varie chiese che compongono la KEK. Come guarire oggi le memorie?
La Conferenza delle chiese europee offre uno spazio di dibattito che può aiutare le chiese a trovare una propria collocazione in un mondo che sta cambiando e che ci pone nuove sfide.
Non è facile, ad esempio, per una chiesa che ha sempre vissuto in una situazione di maggioranza, o di omogeneità religiosa, fare i conti con il pluralismo e imparare ad essere chiesa accanto ad altri. Non è facile reinventare delle relazioni con lo Stato per chi è abituato a una grande prossimità con il governo e si sente parte dell'identità nazionale.
La KEK permette l'incontro e lo scambio di esperienze tra chiese maggioritarie e minoritarie per imparare a vivere in questa fase di pluralizzazione della società che pone a tutti la sfida dell'alterità e della mondializzazione.

La Conferenza delle chiese europee offre uno spazio di dibattito che può aiutare le chiese a trovare una propria collocazione in un mondo che sta cambiando

Quali sono stati i punti salienti dell'incontro di Parigi?
Uno dei compiti principali delle chiese consiste nel mettersi in ascolto delle lezioni del passato per impegnarsi ad essere oggi, in Europa e nel mondo, strumenti di pace e di riconciliazione. Le chiese sanno affrontare le sfide poste dall'evoluzione dell'economia? Sono pronte a impegnarsi risolutamente per un'Europa accogliente di fronte alla sfida dell'immigrazione? Quale posto sanno dare alla giustizia sociale in un mondo del lavoro investito dalle nuove tecnologie e dall'intelligenza artificiale? Come reagiscono alla sfida della transizione energetica? Tutti questi temi condizioneranno la società di domani e la sua capacità di garantire una coesistenza pacifica.

Quale può essere il ruolo delle chiese sul terreno della costruzione e del mantenimento della pace?
Una delle minacce che noi osserviamo nei paesi europei è la logica del ripiegamento su se stessi e del ritiro dal progetto europeo. Molte voci si levano oggi per criticare l'Europa. Il primato accordato alla crescita economica mette in forse la sopravvivenza del progetto, sul piano sociale e ambientale. Il progetto europeo è stato visto, per molto tempo, come una soluzione. Oggi è diventato il problema. La fiducia sta venendo meno. La moltiplicazione dei poteri populisti e il disfacimento dei partiti che strutturavano il dibattito politico costituiscono una reale minaccia.

Christian Krieger

Il populismo si nutre di paure, insoddisfazione e di insicurezze che sfrutta per fini elettoralistici. Le chiese, in quanto organismi che sono presenti con ramificazioni capillari in tutta la società, sanno accompagnare, ascoltare e comprendere le persone, ma devono anche opporsi ai nazionalismi riemergenti per affermare dinamiche di trasformazione e di edificazione. Nella Scrittura incontriamo un Dio che ci trasforma e ci fa crescere e maturare. Le chiese sono chiamate a partecipare all'edificazione del popolo di Dio e di tutti coloro i quali sono alla ricerca di senso. (da Réforme; intervista di Claire Bernole; trad. it. e adat. P. Tognina)

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