Iniziativa contro esportazione armi

Depositata presso la Cancelleria federale di Berna l’iniziativa popolare “di correzione” contro l’esportazione di materiale bellico dalla Svizzera verso paesi in guerra civile

01 luglio 2019

(gc) L’iniziativa di correzione in soli sei mesi ha raccolto 134'000 firme contro l’allentamento dell’ordinanza del governo federale sulla vendita di armi all’estero, compreso verso paesi dov’è in corso una guerra civile. Il 24 giugno a Berna le firme sono state depositate presso la Cancelleria federale. Per l’occasione erano presenti più di 300 persone dell’ampia coalizione di partiti di centro-sinistra e di ONG contro le esportazioni di armi - alleanza costituitasi per far fronte a una misura ritenuta irresponsabile e immorale, a cui hanno aderito anche diversi enti e organismi cristiani.

La consegna delle firme a Berna

Davanti al Palazzo federale le persone accorse per la consegna delle firme hanno brandito simbolicamente il cartellino rosso, bocciando l’esportazione di materiale bellico svizzero verso paesi dove vige una sistematica violazione dei diritti umani.

Cosa chiede l'iniziativa?
L'iniziativa popolare "contro le esportazioni di armi nei paesi in guerra civile" (chiamata comunemente "iniziativa di correzione") mira a iscrivere direttamente nella Costituzione federale i criteri per l'esportazione di materiale bellico.

In particolare prevede di vietare l'esportazione in paesi coinvolti in conflitti armati interni o internazionali, salvo se si tratta di paesi democratici, con una regolamentazione sulle esportazioni di armi simile a quella svizzera, o che agiscono su mandato dell'ONU. Sono inoltre esclusi dalle esportazioni d'armi i paesi che violano sistematicamente i diritti umani o dove c'è il rischio grave che le armi siano utilizzate contro la popolazione civile o siano rivendute a paesi terzi.

L’adesione delle chiese
Nei mesi scorsi avevano partecipato alla mobilitazione anche numerosi esponenti di chiese. Già nel luglio del 2018 circa 150 pastori e pastore del Canton Zurigo avevano inoltrato al Consiglio federale una lettera aperta in cui chiedevano di fare marcia indietro sulla decisione di allentare le disposizioni in materia di esportazione di armi. Qualche settimana più tardi, il pastore del Grossmünster di Zurigo, Christoph Sigrist, aveva rivolto un videomessaggio alla commissione per la politica di sicurezza del Consiglio degli Stati, chiedendo di respingere l'allentamento delle norme sull'esportazione.

Appello di Christoph Sigrist

Il 25 settembre 2018 il pastore Gottfried Locher, presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Svizzera (FCES), in una lettera indirizzata a tutti i consiglieri nazionali, aveva ribadito il chiaro "no" nei confronti della proposta di allentamento delle norme concernenti l'esportazione di armi verso paesi coinvolti in guerre civili. Una misura reputata “non accettabile da un punto di vista evangelico riformato”.

Gottfried Locher

“Il commercio di armi - si poteva leggere nella missiva del presidente della FCES - non è un commercio qualsiasi [...] e deve perciò essere valutato in modo estremamente critico. Chi rende possibile la vendita di armi in paesi coinvolti in guerre civili, non esporta la pace, ma corre il pericolo di esportare la guerra e con ciò di provocare gravissime sofferenze umane".

Ampia alleanza
Un'eventuale approvazione da parte del popolo dell’iniziativa di correzione comporterà l'annullamento della decisione adottata dal Parlamento nel 2004. Allora il Parlamento decise di esportare armi anche verso paesi che si erano resi colpevoli di gravi violazioni dei diritti umani.

Della coalizione fanno parte il Partito socialista, i Verdi, i Verdi liberali, il Partito evangelico e il Partito borghese democratico così come le loro sezioni giovanili. Anche la commissione episcopale Justitia et Pax, l’Aiuto delle Chiese evangeliche svizzere HEKS, Amnesty International, Public Eye, Terre des Hommes e altre organizzazioni sostengono l’iniziativa.

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