Fermare il massacro dei cristiani

Il caso più recente è quello delle chiese prese di mira nello Sri Lanka. Ma è dal 2012 che si moltiplicano, nel mondo, gli attacchi contro comunità cristiane

12 maggio 2019

(Jerôme Cordelier) La carneficina perpetrata da terroristi islamici nello Sri Lanka in alberghi di lusso, ma anche in tre chiese gremite durante la celebrazione della Pasqua, sottolinea una triste realtà: quella delle violenze anticristiane nel mondo, che sono in aumento. “Gli attentati si intensificano in occasione delle grandi feste come Natale o Pasqua, perché allora le chiese sono piene e quindi i terroristi possono mietere il maggior numero di vittime e la carica simbolica è importante”, sottolinea Marc Fromager, direttore dell'ufficio francese dell'ong Aiuto alla Chiesa che soffre, legata al Vaticano, presente in 150 paesi.

Attacco contro una chiesa copta in Egitto

Aumento degli attacchi
Nel 2018 in tutto il mondo 4'305 cristiani sono stati assassinati a causa della loro fede; erano 3'066 nel 2017. In un anno un numero più che doppio di chiese è stato vandalizzato, saccheggiato, distrutto o chiuso: 1'847 nel 2018, 793 nel 2017. Sono dati tratti dall’indice mondiale delle persecuzioni contro i cristiani, che l’ong Porte aperte (Open Doors), attiva in 70 paesi, cura da 25 anni. Secondo queste fonti sono in totale 245 milioni i cristiani - cattolici, ortodossi, protestanti - perseguitati nel mondo, vale a dire “un cristiano su nove”, a fronte di un cristiano su dodici l’anno precedente.

Attentato in Nigeria

“Sono sempre di più i paesi in cui i cristiani sono perseguitati e negli Stati in cui lo erano già la pressione aumenta costantemente”, afferma Michel Varton, direttore di Porte aperte. Secondo l’ong il numero di paesi in cui queste violenze vengono commesse è aumentato del 20% in un anno: 73 nel 2018, contro 53 nel 2017.

La situazione in Africa
È in Africa che i cristiani sono maggiormente esposti. Nella Repubblica Centrafricana, in Somalia, in Congo (RDC), nel Sud Sudan, ma anche in Nigeria, dove la situazione è allarmante: nel 2018 sono stati uccisi 3'731 cristiani, contro i circa 2'000 dell’anno precedente, e 569 chiese sono state attaccate, contro 22 nel 2017. I terroristi di Boko Haram imperversano, ma non sono i soli: i cristiani sono attaccati dai nomadi musulmani peul o fulani che “a causa della desertificazione”, sottolinea Michel Varton, “vanno verso sud e occupano le terre dei cristiani”. Marc Fromager aggiunge che "la violenza si estende alla fascia sahelo-sahariana, verso la Mauritania, il Mali o il Niger”.

Tensioni etniche e religiose in Nigeria (Segni dei Tempi RSI)

Dalla Corea alla Cina
Anche in Asia le violenze si intensificano. L’ong Porte aperte mette al primo posto la Corea del Nord, ma non può pubblicare dati affidabili a causa del controllo dell’informazione da parte del regime. “Sappiamo però che cosa succede grazie alle reti della chiesa clandestina che conta circa 200'000 fedeli”, indica Michel Varton.
In Cina i fedeli subiscono il giro di vite del regime nella sua politica di “sinizzazione” delle religioni. Preti e pastori vengono arrestati, le chiese vengono chiuse con la forza, le croci sostituite da bandiere cinesi. “La Cina, così come l’Algeria dove il governo chiude ugualmente le chiese, balza ai vertici della nostra classifica”, afferma Vartone.

Culto all'aperto a Beijing

Un’altra nazione che desta preoccupazione è l’India, che per la prima volta figura al decimo posto dell’indice delle persecuzioni a causa dell’induizzazione della società - otto Stati hanno adottato leggi anticonversione. Fino agli attentati di Pasqua lo Sri Lanka si era fatto notare poco: con 21 cristiani attaccati e 10 chiese prese di mira, nel 2018 il paese era al 48. posto della classifica.

La rabbia degli indù (Segni dei Tempi RSI)

Condanne unanimi
Dopo gli attacchi nello Sri Lanka, rivendicati dallo Stato islamico, sono giunte condanne da tutto il mondo. Papa Francesco, che si era recato nello Sri Lanka nel 2015, ha auspicato, nel discorso pasquale, “che tutti condannino questi atti terroristici, atti disumani, mai giustificabili”. Il capo della Chiesa cattolica avrebbe potuto usare le stesse parole che aveva proferito quattro anni prima dopo la strage di Garissa in Kenya, all’inizio di aprile del 2015, in cui erano morte 148 persone: Francesco aveva allora denunciato il “silenzio complice” e “l’indifferenza” davanti alla “furia jihadista”.

Purtroppo c’è da temere che, privato dei suoi bastioni tradizionali, lo Stato islamico trasferisca la sua sanguinosa guerra su terreni nuovi. Con i cristiani sempre nel mirino. (da LePoint; trad. it. G. M. Schmitt; adat. P. Tognina)

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